Idee

Ormai quella di venerdì sera a Melilla – con Ceuta, una delle città del confine di terra tra la Spagna e il Marocco – si delinea come una vera e propria strage di migranti tra l’Europa e l’Africa, la Spagna e il Marocco. Trentasette i morti, centinaia di feriti, soprattutto tra i migranti, ma anche tra gli agenti. La strage, solo l’ultima - tra quelle che in più di vent’anni hanno generato oltre 4000 morti – è avvenuta in Marocco, che insieme alla Spagna, a metà degli anni ’90, ha innalzato i primi due dei sedici muri che oggi sono alle frontiere europee. Un muro alto sei metri di recinzione, finanziato dall’Europa, come altri proposti nel piano europeo 2021-2027

Non è remoto il pericolo di incidenti in grado di far detonare lo scontro, laddove la Russia, per rifornire l’oblast via mare, attraversasse le acque territoriali altrui, in un Baltico sempre più lago atlantico.

Quella pronunciata oggi dalla Corte Suprema degli Stati Uniti è “una decisione dal forte impatto culturale che indica come le scelte del diritto, quando non hanno profonde radici nella società, prima o poi possono recidersi: è quanto avvenuto con il diritto costituzionale all’aborto che sembrava all’apparenza indiscutibile nella giurisprudenza costituzionale nordamericana ma che, evidentemente, non attingeva pienamente nell’humus umano e culturale di un popolo. 

“Un segnale molto forte arriva da oltreoceano, un segnale che qualcosa inizia a cambiare, che la politica inizia a riconoscere il concepito come essere umano, come uno di noi. L’aborto non è un diritto”: così la presidente del Movimento per la vita italiano (Mpv), Marina Casini, commenta la notizia che la Corte Suprema degli Stati Uniti d’America venerdì ha ribaltato, con 6 voti a favore e 3 contrari, la storica sentenza Roe v. Wade, che nel 1973 aveva stabilito il diritto costituzionale all’aborto in Usa.

La necessità di “ricordare al mondo le ragioni della pace”. E poi ancora quelle dell’umanità, della difesa dei diritti, del bene comune. Ad un mese dalla diffusione dall’Arsenale della pace di Torino della lettera-appello che Ernesto Olivero ha firmato insieme ai componenti della Fraternità del Sermig, i motivi per tornare su quel testo ci sono ancora tutti: la guerra Russia-Ucraina continua a seminare morti e dolori, il mondo sembra abbia quasi smarrito il senso del bene e del male, la necessità di strade di solidarietà ben tracciate è ancora più forte. Il Sir è andato a trovare Olivero proprio al Sermig per tornare su quella lettera e rilanciarne contenuti e ispirazioni