L’idea di Europa indica di per sé una comunità, ma nel rispetto delle individualità e nella coscienza di radici comuni.
Idee
Come cristiani non possiamo più stare a guardare la storia che passa. È giunto il tempo di lasciare i nostri luoghi protetti, per addentrarci nei sobborghi dei poveri spesso tanto intrisi di umanità, per imparare dagli abbandonati della società la vita autentica che viene da Dio. E noi come stiamo vivendo da profeti nella storia, in opere e parole, come Gesù?
"Chi opera nel mondo della comunicazione contribuisce alla ricostruzione del tessuto comunitario con la propria disponibilità a mettersi in gioco e 'fare rete', nell’attenzione a lavorare fattivamente a servizio della verità. Lo fa attraverso 'l’ascolto e il dialogo, basato sull’uso responsabile del linguaggio'. Lo fa educando a non accontentarsi di un messaggio semplificato e diretto. Lo fa aiutando l’inclusione della persona rispetto al territorio culturale in cui vive". Ne è convinto don Ivan Maffeis, direttore dell'Ufficio comunicazioni sociali della Cei, che riflette sul messaggio di Papa Francesco per 53ª Giornata mondiale delle comunicazioni sociali, sull’ultimo numero del mensile “Vita Pastorale” (giugno 2019). Pubblichiamo il testo integrale della sua riflessione.
"L’era delle Rete ci dice che il mondo della comunicazione non è più, se mai lo è stato, un mondo a parte, fatto di professionisti, giornalisti, mediatori. È il nostro mondo. È il mondo degli uomini. Se saranno i miliardi di fruitori della Rete a esigere per se stessi e per tutti un futuro caratterizzato dalla condivisione della regola di base che tutti ci unisce, allora la Rete saprà farci riscoprire come membra gli uni degli altri. Altrimenti, pensando di ritrovarci fra uguali, più uguali di altri, finiremo con il perderci". Ne è convinto Paolo Ruffini, prefetto del Dicastero per la comunicazione, che approfondisce il messaggio di Papa Francesco per la 53ª Giornata mondiale delle comunicazioni sociali, nel volume "Dallecommunities alle comunità" (Ed. Scholè). Pubblichiamo il testo integrale della sua riflessione.
La nave cargo saudita Bahri Tabuk è nel porto di Cagliari dove questa mattina ha già imbarcato 40 container di armi. Sembra che le operazioni di carico siano riprese nel pomeriggio. "Serve un sussulto morale", dice Pax Christi. L'Italia vende armi anche ai Paesi in guerra. Nel 2018 il fatturato dell'industria militare è stato di 2,5 miliardi
Anche la Chiesa ha le sue responsabilità: non è stata capace di educare i suoi fedeli a scegliere e forse non ha sostenuto abbastanza coloro che, malgrado tutto, si esponevano per il bene comune, lasciando troppo soli donne e uomini coraggiosi. Adesso ha di fronte una sfida neopagana che non ragiona più in termini teologici, ma post ideologici, come se la storia non contasse. Legge e ordine sono lo slogan perfetto per mettere a tacere ogni inquietudine e soprattutto per assolvere molti atei devoti. La comunità cristiana deve resistere alla spoliazione del patrimonio di umanità e di solidarietà della Chiesa, per restituire alla storia civile italiana quella matrice religiosa, non clericale, che è stata la radice anche di altre grandi culture politiche laiche. L’egemonia gramsciana, la religione della libertà di Croce o la difesa delle basi morali della democrazia di De Gasperi sono state espressioni di una comune dottrina politica dell’unità secondo valori, autenticamente comunitari. Cercare l’unità civile e politica dei cattolici, nella distinzione di ruoli tra il clero e i laici, significava per De Gasperi rispondere al bisogno di quell’unità che il nostro paese cercava da secoli e che la Costituzione repubblicana mostrava essere possibile in chiave pluralista e personalista
Il trionfo sovranista rischia di relegare il nostro Paese all’opposizione e di aprire una stagione di forte conflittualità con i vertici dell’Unione
“Temo poi che ci sia anche un po' di sfiducia generalizzata nei confronti della capacità della politica di risolvere i problemi. Altrove qualcosa è accaduto, da noi si è rimasti sostanzialmente fermi”. Così Paolo Pombeni, storico e politologo, uno dei più autorevole analisti della realtà italiana, commenta l'esito di una tornata elettorale che ha riservato ancora una volta non poche sorprese
Il dimagrimento dei due principali gruppi, la frammentazione, rilanciano la sfida, per tutti, sulla nuova questione sociale. Che è anche quesitone sugli obiettivi e sul rilancio del disegno europeo. Una Unione assolutamente necessaria, che questo esemplare esercizio di democrazia ha confermato come uno spazio straordinario di sviluppo, ma che giustamente tutti dicono deve cambiare passo. E per questo servono anche riferimenti morali, ideali e culturali. Di cui rappropriarsi molto, molto presto
Il segretario generale della Commissione degli episcopati dell’Unione europea commenta, per il Sir, l'esito delle elezioni dell'Euroassemblea. Parla di una Ue da rilanciare, per questo "servono nuove iniziative: i cinque prossimi anni saranno appassionanti ma non necessariamente comodi". Positivo l'afflusso ai seggi, "segno di responsabilità". Sui cattolici nelle istituzioni: "si tratta di guardare le politiche e non la bandiera o il rosario che sono branditi. Ci sono vittorie raggiunte 'per' qualcosa oppure 'contro' qualcuno. Il metro di valutazione è il Vangelo"
Dalle urne del 23-26 maggio emerge una Ue più che mai "unita nella diversità". Parliamo infatti di votazioni “europee”, ma in realtà si è di fronte a una sommatoria di elezioni “nazionali”, nelle quali prevalgono ancora una volta elementi e fenomeni di politica interna, in assenza di una opinione pubblica continentale, di partiti e di media transnazionali, e soprattutto in carenza di un vero e diffuso senso della “cittadinanza europea”. Lo conferma la lettura dei dati Paese per Paese, dall'Italia alla Germania, dal Regno Unito alla Francia, passando per Polonia, Spagna e Ungheria
Due notizie tristi, molto tristi, si sono incrociate nei giorni scorsi. Appartengono alla “cronaca nera” ma, dopo aver attraversato il buio del male, chiedono di andare oltre quel colore cupo.
La famiglia si trasforma in una sorta di progetto “imprenditoriale” dove i figli si riempiono di contenuti da “curriculum”, ma non si educano più.
Un giorno, tra pochi anni, chi ci governerà sarà giocoforza obbligato a cambiare totalmente rotta alla spesa pubblica.
Ciò che avviene in alcuni momenti di crisi ci consiglia di andarci cauti quando si parla di democrazia, tirannia, popolo, libertà.