La lettera di decine di monasteri di clarisse e carmelitane. "Soltanto l'accoglienza può mantenerci umani"
La lettera Decine di monasteri di clarisse e carmelitane scalze scrivono a Sergio Mattarella e a Giuseppe Conte: «Siamo preoccupate per il diffondersi in Italia di sentimenti di intolleranza, rifiuto e violenta discriminazione nei confronti di migranti e rifugiati». Le istituzioni si facciano garanti della loro dignità, contribuiscano a percorsi di integrazione e li tutelino dall’insorgere del razzismo
Siamo sorelle di alcuni monasteri di clarisse e carmelitane scalze, accomunate dall’unico desiderio di esprimere preoccupazione per il diffondersi in Italia di sentimenti di intolleranza, rifiuto e violenta discriminazione nei confronti dei migranti e rifugiati che cercano nelle nostre terre accoglienza e protezione.
Con questa lettera aperta vorremmo dare voce ai nostri fratelli migranti che scappano da guerre, persecuzioni e carestie, affrontano viaggi interminabili e disumani, subiscono umiliazioni e violenze di ogni genere che ormai più nessuno può smentire.
Facciamo nostro l’appello contenuto nel Documento sulla fratellanza umana firmato da papa Francesco e dall’Imam di Al-Azhar chiedendo «ai leader del mondo, agli artefici della politica internazionale e dell’economia mondiale, di impegnarsi seriamente per diffondere la cultura della tolleranza, della convivenza e della pace». E tutto questo in particolar modo «in nome degli orfani, delle vedove, dei rifugiati e degli esiliati dalle loro dimore e dai loro paesi; di tutte le vittime delle guerre, delle persecuzioni e delle ingiustizie; dei deboli, di quanti vivono nella paura, dei prigionieri di guerra e dei torturati in qualsiasi parte del mondo, senza distinzione alcuna».
Anche noi, quindi, osiamo supplicarvi: tutelate la vita dei migranti! Tramite voi chiediamo che le istituzioni governative si facciano garanti della loro dignità, contribuiscano a percorsi di integrazione e li tutelino dall’insorgere del razzismo e da una mentalità che li considera solo un ostacolo al benessere nazionale. Accanto alle tante problematiche e difficoltà ci sono innumerevoli esempi di migranti che costruiscono relazioni di amicizia, si inseriscono validamente nel mondo del lavoro e dell’università, creano imprese, si impegnano nei sindacati e nel volontariato. Queste ricchezze non vanno svalutate e tante potenzialità andrebbero riconosciute e promosse.
La nostra semplice vita di sorelle testimonia che stare insieme è impegnativo e talvolta faticoso, ma possibile e costruttivo. Solo la paziente arte dell’accoglienza reciproca può mantenerci umani e realizzarci come persone. Siamo anche profondamente convinte che non sia ingenuo credere che una solidarietà efficace, e indubbiamente ben organizzata, possa arricchire la nostra storia e, a lungo termine, anche la nostra situazione economica e sociale. È ingenuo piuttosto il contrario: credere che una civiltà che chiude le proprie porte sia destinata a un futuro lungo e felice, una società tra l’altro che chiude i porti ai migranti, ma, come ha sottolineato papa Francesco, «apre i porti alle imbarcazioni che devono caricare sofisticati e costosi armamenti». Ciò che ci sembra mancare oggi in molte scelte politiche è una lettura sapiente di un passato fatto di popoli che sono migrati e una lungimiranza capace di intuire per il domani le conseguenze delle scelte di oggi.
Molti monasteri italiani, appartenenti ai vari ordini, si stanno interrogando su come contribuire concretamente all’accoglienza dei rifugiati, affiancando le istituzioni diocesane. Alcuni già stanno offrendo spazi e aiuti. E, al tempo stesso, tutte noi cerchiamo di essere in ascolto della nostra gente per capirne le sofferenze e le paure.
Desideriamo metterci accanto a tutti i poveri del nostro Paese e, ora più che mai, a quanti giungono in Italia e si vedono rifiutare ciò che è diritto di ogni uomo e ogni donna sulla terra: pace e dignità. Molte di noi hanno anche avuto modo di conoscere da vicino le loro tragedie.
Desideriamo sostenere coloro che dedicano tempo, energie e cuore alla difesa dei profughi e alla lotta ad ogni forma di razzismo, anche semplicemente dichiarando la propria opinione. Desideriamo dissociarci da ogni forma di utilizzo della fede cristiana che non si traduca in carità e servizio.
Infine, in comunione con il magistero di fraternità e di solidarietà di papa Francesco, desideriamo obbedire alla nostra coscienza di donne, figlie di Dio e sorelle di ogni persona su questa terra, esprimendo pubblicamente la nostra voce.
Ringraziamo lei, presidente Mattarella, per i suoi inviti continui alla pace e per la sua fiducia nel dialogo che permette, come ha detto in occasione della Festa della Repubblica del 2 giugno, «di superare i contrasti e di promuovere il mutuo interesse nella comunità internazionale».
Ringraziamo lei, presidente Conte, per il suo non facile ruolo di mediatore e garante istituzionale all’interno del governo. Vi ringraziamo sinceramente per quello che già fate a favore di una convivenza pacifica e di una società più accogliente.
E assicuriamo la nostra preghiera per voi, per quanti operano nelle istituzioni, per il nostro Paese e per l’Europa, perché insieme collaboriamo a promuovere il vero bene per tutti.
L'adesione delle donne evangeliche
Anche la Federazione delle donne evangeliche in Italia ha aderito all’appello inviato dalle Clarisse e Carmelitane. La pastora Gabriela Lio, presidente della Fdei – di cui fanno parte le organizzazioni di donne battiste, metodiste, valdesi, luterane, avventiste, dell’Esercito della Salvezza e della chiesa riformata svizzera – ha inviato una lettera «per manifestare il più profondo apprezzamento e la piena condivisione, consapevoli che la presenza di fratelli e sorelle che cercano nelle nostre terre accoglienza e protezione arricchiscono la nostra vita sociale ed ecclesiastica».