Resistere, resistere, resistere. Dalle parole di un magistrato alla cronaca quotidiana
C’è una storia del nostro Paese a confermare che la via del pensiero, la via della coerenza, la via della non violenza sono sempre praticabili.
“I tempi sono quelli che sono, io la mia l’ho già detta anni fa, resistere, resistere, resistere…”.
Francesco Saverio Borrelli, morto lo scorso 20 luglio, aveva lanciato questo monito nel 2002 per riprenderlo in anni successivi.
Di lui, che con altri colleghi rivelò Tangentopoli, il Presidente della Repubblica ha detto: “Un magistrato di altissimo valore che ha servito con fedeltà la Repubblica”.
A chi e perché Francesco Saverio Borrelli rivolse l’invito a resistere è noto, lo hanno raccontato nel tempo di Mani Pulite e lo raccontano oggi le cronache evidenziando luci e ombre di quel tempo e di quelle azioni.
Con la morte del Procuratore della Repubblica di Milano è giunto il momento di cogliere qualcosa in più in quel triplice invito che, ha ricordato Armando Spataro, già Procuratore della Repubblica a Torino, era rivolto a tutti i cittadini, a “tenere la schiena diritta in un periodo di principi costituzionali messi a rischio.
Uno spunto per una riflessione, fuori dalle vicende giudiziarie, può essere colto da “La storia infinita” di Michael Ende dove si racconta di un Nulla che avanza silenziosamente e inghiotte tutto ciò che incontra, uomo compreso.
Il Nulla, assenza o fragilità del pensiero, è il nemico a cui in ogni tempo occorre resistere: questo, senza forzare l’intento, potrebbe essere il messaggio di un magistrato che ha speso la sua vita nella lotta per il diritto e la legalità.
Anche oggi il Nulla, abilissimo nell’indossare maschere e nell’occupare i territori del pensiero debole, avanza nella società come nel romanzo di Ende.
Non è il momento di abbandonarsi ad analisi e previsioni pessimistiche, si tratta di trovare contenuti, occasioni e modalità per dare forza e prospettiva ai tre “resistere”, che non furono solo di Borrelli, perché l’appello non si riduca a retorica, ad attesa sterile, a reazione violenta.
C’è una storia del nostro Paese a confermare che la via del pensiero, la via della coerenza, la via della non violenza sono sempre praticabili.
E’, soprattutto, il momento del risveglio degli intellettuali, degli educatori, di coloro che di fronte alle urgenze non si sottraggono alla responsabilità di trovare soluzioni ma neppure si illudono e illudono che basti rispondere all’emergenza per costruire il futuro.
Si tratta di un compito difficile anche a fronte del tentativo di far apparire superflui il pensiero e il ragionamento, soprattutto quando entrambi contestano la pedagogia dello slogan e del tweet.
Un compito difficile ma non impossibile, quindi doveroso. Bisognoso di nuove alleanze intellettuali ed educative.
Paolo Bustaffa