Idee

"La Chiesa deve aiutare responsabilmente a combattere il virus e a contrastare le conseguenze della pandemia, che non termineranno con la vittoria sul virus". Così il card. Matteo Maria Zuppi, arcivescovo di Bologna: "La grande sfida è saper trarre oggi le risorse che saranno necessarie domani per la ricostruzione. Il senso di responsabilità reciproca e la solidarietà che serviranno, ad esempio, a sostenere le persone che stanno già perdendo il lavoro e che lo perderanno"

La sentenza n. 37 della Corte costituzionale ha fornito un importante chiarimento su due questioni che hanno tenuto banco in un anno di lotta al Covid-19.

Pandemia e informazione: con il Covid-19 abbiamo assistito al primo caso di infodemia. Il virus ha portato con sé una pioggia di notizie in cui verità e falsità, dati scientifici e dicerie si intersecano fino a confondersi. E a confonderci, con gravi ripercussioni sulla sicurezza pubblica e sulla gestione dell’emergenza sanitaria. Cosa è andato storto? Cosa abbiamo imparato? E quali rimedi abbiamo trovato? Il bilancio, un anno dopo. 

Fondare questa uguaglianza di maschio e femmina nel disegno della Creazione è di vitale importanza per riconoscere alla donna dei diritti che la storia ha spesso negato.

Della donna è da rilevare, anzitutto, l’eguale dignità e responsabilità rispetto all’uomo: tale uguaglianza trova una singolare forma di realizzazione nella reciproca donazione di sé all’altro e di ambedue ai figli, propria del matrimonio e della famiglia. Quanto la stessa ragione umana intuisce e riconosce, viene rivelato in pienezza dalla Parola di Dio: la storia della salvezza, infatti, è una continua e luminosa testimonianza della dignità della donna. […]. Purtroppo il messaggio cristiano sulla dignità della donna viene contraddetto da quella persistente mentalità che considera l’essere umano non come persona, ma come cosa, come oggetto di compravendita, al servizio dell’interesse egoistico e del solo piacere: e prima vittima di tale mentalità è la donna.

Giovanni Paolo II, Familiaris Consortio, dai nn. 22 e 24, 22 novembre 1981

Uno dei temi emersi durante l’ultimo Consiglio episcopale permanente (Cep), ed evocato con chiarezza dal card. Gualtiero Bassetti, presidente della Cei, nella sua introduzione, è stato quello della “frattura educativa” generata, o forse meglio dire, aggravata dal contesto pandemico. A riguardo il Sir ha intervistato Barbara Battilana e Vincenzo Piccolo, presidenti del Comitato nazionale Agesci, l’Associazione guide e scout cattolici italiani che conta 185.000 soci

Tobias Jones non ne dubita. Il lockdown vero e proprio di un anno fa «ha cambiato non solo il modo in cui gli stranieri vedevano l’Italia, ma anche il modo in cui gli italiani vedevano se stessi.

Lo choc per il numero dei morti che in Europa, in questo anno di pandemia, ha fatto il Coronavirus. Circa 900mila senza contare le 125mila vittime del Regno Unito. A loro e ai loro familiari va il primo pensiero del vescovo di Essen, mons. Overbeck, che in questa intervista al Sir, a nome dell’episcopato dell’Unione Europea, stila un “bilancio” di questo difficile anno. Il vescovo parla del grido di disperazione che arriva dai poveri: “Fate qualcosa! Non dimenticatevi di noi”. E poi osserva: “Il Coronavirus non è stato un incidente operativo negli ingranaggi del mondo. È di più, è una prova anche della nostra fede e di come trattare la vita, soprattutto per noi cristiani”.  

Durante il lockdown molti rumori si sono fermati, altri amplificati. A volte il silenzio è stato più assordante. Nel silenzio delle strade c’è stata l’occasione di ascoltare suoni e voci di chi ci è più vicino. Da casa tutto ha avuto un altro senso, per cui si son potute scoprire abitudini, più o meno apprezzabili, dei nostri vicini.

Quanti nonni non potranno più raccontare di sé e della propria vita? Quante storie di vite esemplari saranno andate perdute? Quanta consapevolezza delle proprie origini (da dove veniamo, chi erano i nostri bisnonni…) sarà stata bruciata in questo rogo spaventoso della conoscenza del passato? Quanto amore non è stato manifestato e quanto dolore non è stato condiviso? Quante carezze, quanti baci, quanti abbracci non sono stati vissuti? Solo da questa drammatica consapevolezza può nascere non solo un nostro personalissimo modo di sentire e vivere questa durissima stagione, ma anche l’urgenza di fare qualcosa per conservare la memoria di questa generazione portata via da un virus venuto da lontano e ben presto diventato padrone delle nostre vite, delle nostre coscienze e del nostro immaginario.