Casi Poggi e Mollicone. Bertoluzzo: “La Magistratura non ha fallito. Le nuove conoscenze scientifiche potranno fare la differenza”
Si sono riaccesi i riflettori sull’omicidio di Chiara Poggi avvenuto nella villetta di famiglia a Garlasco (Pavia) nel 2007. La vicenda giudiziaria si era chiusa nel 2015 con la sentenza di Cassazione che condannava a 16 anni di reclusione Alberto Stasi, tutt’ora nel carcere di Bollate a Milano. Alcune evoluzioni riguardano anche il caso di Serena Mollicone, la diciottenne ritrovata nel 2001 senza vita in un bosco ad Arce (Frosinone). La Corte d’Assise d’Appello aveva assolto tutti gli imputati, ma ora la Corte di Cassazione chiede di riaprire il caso e annuncia un nuovo processo d’appello

Si sono riaccesi i riflettori sull’omicidio di Chiara Poggi avvenuto nella villetta di famiglia a Garlasco (Pavia) nel 2007. La vicenda giudiziaria si era chiusa nel 2015 con la sentenza di Cassazione che condannava a 16 anni di reclusione l’allora fidanzato della 26enne, Alberto Stasi, tutt’ora nel carcere di Bollate a Milano. Alcune evoluzioni riguardano anche il caso di Serena Mollicone, la diciottenne ritrovata nel 2001 senza vita in un bosco ad Arce (Frosinone). La Corte d’Assise d’Appello aveva assolto tutti gli imputati, ma ora, la Corte di Cassazione chiede di riaprire il caso e annuncia un nuovo processo d’appello.
Le due vicende che, seppur in tempi diversi, tennero l’Italia con il fiato sospeso, entrarono nelle case degli italiani attraverso le tv e i giornali che seguirono passo passo gli sviluppi delle indagini e le vicende processuali. In attesa delle nuove risultanze, il criminologo e docente di criminologia del conflitto all’Università di Torino, Marco Bertoluzzo, ne analizza alcuni aspetti.
La riapertura di casi come questi non rischia di far perdere autorevolezza alla giustizia?
Non sono rari, ma la giustizia non è impazzita e non ha perso valore, anche se per molti sembra aver fallito.
La revisione dei procedimenti penali è prevista dal nostro Codice ed è pertanto normale. Anzi, è posta a garanzia dei cittadini. In un periodo storico come quello contemporaneo dove fallire o sbagliare non è concesso, immaginare che una sentenza possa essere ribaltata è considerato impensabile e può mandare in crisi.
Ma la giustizia è fatta da uomini. L’errore deve essere ridotto ovviamente al minimo, ma è un elemento che va considerato possibile.
Come fare allora per avvicinarsi il più possibile alla verità?
La verità è un concetto molto difficile da raggiungere e da definire. In questo caso la scienza è l’unica che permette di avvicinarsi il più possibile alla verità. Oggi, a disposizione degli investigatori, ci sono strumenti tecnologici avanzati, precisi e di alto livello. Anche la scienza criminologica, oltre a essere diventata progressivamente sempre più attrattiva, oggi vive una crescita e un progresso importanti. Le indagini sono supportate da analisi che permettono un grande sviluppo dal punto di vista sia quantitativo sia qualitativo. Oltre al Dna si pensi alla valutazione dei dati ottenuti dall’analisi delle celle telefoniche che permettono di ricostruire velocemente spostamenti e orari.
Se quindi il miglioramento delle strumentazioni in uso permette di avvicinarsi sempre di più al concetto di giustizia, è giusto riaprire processi ormai chiusi per verificare, con nuove possibilità, gli elementi emersi già anni prima.
Cos’è cambiato nell’ultimo periodo?
Dalla metà degli anni Novanta il pubblico si è interessato sempre di più a vicende di questo tipo. Gli indagati hanno iniziato a rilasciare interviste e i luoghi dei delitti sono diventati famosi proprio per i fatti efferati accaduti, si pensi a Garlasco, Novi Ligure, Cogne, Arce. Il dibattito pubblico si è acceso. Oggi, non ci si interroga più su come sia stato possibile commettere simili crudeltà, ma su chi sia il vero colpevole, su quali risultati si basano le prove scientifiche, su quali sono le linee di difesa dei rispettivi avvocati. Tutti si sentono autorizzati a rendere pubblica la propria interpretazione dei fatti, l’attenzione dell’opinione pubblica per casi come questi è quasi morbosa. Anche i Tribunali hanno iniziato a comunicare con maggiore frequenza rilasciando interviste e dichiarazioni. Quel che è certo è che la giustizia fa, come sempre, il suo corso e le molteplici opinioni non intaccano in alcun modo l’operato della Magistratura.
Quali ricadute hanno le sentenze sugli attori in causa?
È inevitabile che le scelte della Magistratura abbiano delle ricadute. Basta ascoltare le parole dei familiari interpellati in corrispondenza della riapertura di alcuni casi diventati famosi negli ultimi anni. Se ci si concentra sulle parti lese, le vittime o le loro famiglie, è ovvio che queste chiedano giustizia.
Tuttavia, una sentenza o una condanna non è in grado di rimarginare ferite o dolori,
la maggior parte giudica la pena sempre troppo bassa.
Quali sono i loro bisogni?
Non solo giustizia, serve dell’altro. Tutti hanno bisogno di dare un senso a quanto accaduto. Molti lo trovano trasformando il dolore in qualcosa di costruttivo, affinché quanto successo a loro non possa più accadere a nessuno. Così nascono associazioni che uniscono i familiari delle vittime. In Italia è accaduto all’indomani di molte stragi. Sono molti gli innocenti che subiscono una condanna ingiusta ma la regola resta la stessa: meglio dieci colpevoli liberi che un innocente in galera.
Elisa Rossanino (*)
* Gazzetta d’Alba