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Nel pieno dello stato di emergenza si acuisce la tensione tra Giappone e Corea del Sud. A scatenare il nuovo caso diplomatico tra i due Stati è stata la sentenza emessa l’8 gennaio dal Tribunale distrettuale centrale di Seoul, che condanna il Giappone al pagamento di una somma di circa 78 mila euro a titolo di risarcimento danni per ciascuna delle 12 querelanti vittime dello “schiavismo  sessuale” subito nel corso della Seconda guerra mondiale ad opera dei militari dell’esercito imperiale con il tacito assenso dello Stato giapponese. La questione trattata nel processo riguarda il dramma delle cosiddette “donne di conforto” che coinvolse, dal 1932 al 1945, tra le 50 mila e le 200 mila giovani donne, per la maggior parte sudcoreane, ma anche giapponesi e provenienti da quasi tutti i territori allora occupati dall’impero del Sol Levante, reclutate dalle forze armate imperiali nipponiche tra le fasce sociali più povere con l’illusione di un lavoro e invece costrette a prostituirsi per le truppe dell’allora imperatore Hirohito

Sette donne alla guida dei rispettivi governi: l’estone Kaja Kallas, la finlandese Sanna Marin, la danese Mette Frederiksen, la norvegese Erna Solberg, la lituana Ingrida Simonyte, l’islandese Katrín Jakobsdóttir, la serba Ana Brnabic e, ovviamente, la tedesca Angela Merkel. Stephan Eisle (politologo): “un passo verso la normalità”. Mancano leader al femminile nel Sud e scarseggiano nell'Est del continente

“DisuguItalia”, l'approfondimento del rapporto Oxfam, "Il virus della disuguaglianza" Allo scoppio dell’emergenza sanitaria "poco più del 40% degli italiani non disponeva di  risparmi accumulati sufficienti per vivere, in assenza di reddito o altre entrate". L'agenda delle priorità per affrontare le vulnerabilità 

Si chiama “I Remember Wall” ed è l'iniziativa del Centro Yad Vashem di Gerusalemme per ricordare le vittime della Shoah. Chi si iscrive viene associato a una persona nel database e può conoscerne la storia e diffonderla. Oltre 13 mila iscritti, più di 800 dall'Italia

Da Sana'a parla Chiara Moroni, operatrice umanitaria di Save the children.  In Yemen si occupa di educazione, in team con una quarantina di operatori sparsi in tutto il Paese: "La guerra ha causato violenze e menomazioni, con un forte impatto psicologico, difficoltà ad interagire con gli altri, tristezza e depressione. Investiamo sulla scuola".