Nagorno Karabakh, la pesante eredità dei 44 giorni di guerra
I dati ufficiali parlano di più di 3 mila vittime tra le truppe armene e 2.800 tra quelle azere. Eppure osservatori e operatori dell’informazione sono convinti che i numeri reali siano più alti, ipotizzando come minimo 5 mila morti tra i militari armeni. E tra chi ha perso la vita ci sono anche tantissimi giovani
A pochi mesi dalla fine degli scontri si inizia a fare i conti con le drammatiche conseguenze dalla guerra in Nagorno Karabakh. I dati ufficiali parlano di più di 3 mila vittime tra le truppe armene e 2.800 tra quelle azere. Eppure osservatori e operatori dell’informazione sono convinti che i numeri reali siano più alti, ipotizzando come minimo 5 mila morti tra i militari armeni. E tra chi ha perso la vita ci sono anche tantissimi giovani.
La guerra sul campo è durata 44 giorni. Lo scoppio risale al 27 settembre 2020, quando l'Azerbaijan ha lanciato l’attacco contro il Karabakh ameno. Dopo un mese e mezzo, il conflitto ha segnato la vittoria da parte degli azeri, la perdita degli armeni e, da un punto di vista politico, un punto a favore della diplomazia di Mosca. A sancirlo sono stati gli accordi concordati tra le parti, che hanno stabilito che i sette distretti per cui si stava combattendo sarebbero andati agli azeri e che anche la storica Sushi sarebbe dovuta restare sotto il loro dominio.
Sotto il profilo internazionale, è stata la Russia ad aver messo a segno una vittoria. Duemila militari russi, infatti, si sono posizionati nella via che mette in comunicazione Karabakh e Armenia, il cosiddetto “corridoio di Lachin”. Una situazione che non cambierà presto: le truppe di Mosca ci resteranno almeno cinque anni, con la possibilità di estendere il mandato per altri cinque. Inoltre, sarà costruito un collegamento tra la Turchia e l’enclave di Nakhchiva che passerà per l’Armenia.
Madri e padri dei soldati morti durante il conflitto sono tra quelli che oggi devono portare le conseguenze più pesanti di quei 44 giorni di battaglia. E c’è anche chi non ha neppure una tomba su cui piangere. Come Angela e Nikolay Asryan, due anziani di Stepanekert che vanno ogni giorno al palazzo presidenziale in cerca di novità su Sasun, il loro figlio 31enne di cui non hanno avuto più notizie dalla metà di ottobre. “Sasun non era sposato ma aveva una fidanzata che ogni giorno mi chiama e mi chiede se ci sono sue notizie. E io continuo a dirle che non so nulla e allora parliamo di lui e io le dico che mi sarebbe piaciuto che avessero avuto dei bambini”, racconta Angela a Osservatorio Diritti.
Un altro tragico lascito del conflitto sono le ferite e le mutilazioni che i soldati sopravvissuti portano sui loro corpi. Più di 200 ragazzi, perlopiù tra i 18 e 20 anni d’età, si trovano nell’ospedale gestito dall’ong Support for wounded soldiers e tra loro non manca chi ha perso uno o più arti, chi ha avuto lesioni al sistema nervoso e “molti hanno gravi problemi psichici a causa di ciò che hanno visto e vissuto”, dice la dottoressa Lucine Poghosyan.
L’articolo integrale di Daniele Bellocchio (da Stepanakert, capitale dell’autoproclamata Repubblica dell’Artsakh), “Nagorno Karabakh: ecco cosa ha lasciato la guerra tra Armenia e Azerbaijan”, può essere letto su Osservatorio Diritti.