«Siamo tutti un po’ spaesati in questo momento. Speriamo che duri poco, ma ho l’impressione che non sarà poi così poco. La cosa è assolutamente inedita per tutti noi ma non ci fermiamo. Moltissime persone ci hanno dato disponibilità per fare volontariato in questi giorni, oltre alle varie organizzazioni che già lo fanno». L'intervento di Emanuele Alecci, presidente del csv di Padova.
Idee
Stanno cambiando le nostre vite in questi giorni, anche tra le mura domestiche. Come stiamo vivendo questo tempo dettato dalle restrizioni per evitare l'allargarsi del contagio? Per chi vive in famiglia la quarantena che ci è imposta è proprio un'occasione favorevole
Il tempo presente offre certamente al cristiano la possibilità di ritrovare del tempo per pregare, per riflettere, per approfondire i contenuti della fede e per riqualificare le relazioni famigliari, tuttavia questa prova ci offre anche la straordinaria possibilità di rivedere la realtà della nostra vita personale alla luce del mistero della fragilità di cui siamo plasmati. L’uomo è mistero fragile.
Sono tanto fiero di come stiamo reagendo noi preti, anche quando veniamo bersagliati da accuse di viltà, mentre siamo sempre in campo, chi attaccato per ore al telefono, chi esaurendosi in una serie ininterrotta di streaming per non fare sentire abbandonata la gente privata della liturgia; sono fiero dei cappellani ospedalieri e carcerari che mischiano il loro respiro a quello già infetto dei malati e dei morenti; sono fiero dei parroci che non abbandonano la nave, per quanto scalcagnata, della loro parrocchia, e ridotti a poco più che eremiti comunque ci restano, e pregano per i parrocchiani che in chiesa per ora non ci possono entrare
Gesù dunque, affaticato per il viaggio, sedeva presso il pozzo (Gv 4,6) In questo insolito pomeriggio domenicale, nel silenzio della preghiera, torno a mettermi in ascolto della bellissima pagina evangelica della Samaritana con lo scopo di recuperare un pò d'acqua viva e dissetante nel deserto da Covid-19 che stiamo attraversando.
Quattro secoli fa, per l’esattezza 390 anni ci distanziano dalla peste del 1630 descritta dal Manzoni nei capitoli 31 e 32 dei Promessi Sposi. A rileggerli sono incredibili le analogie che si possono riscontrare. Vediamone qualcuna.
Non hanno conto corrente in Italia circa 15 milioni considerando nativi e nuovi cittadini (1,7 miliardi di non bancarizzati nel mondo), probabilmente vivono con un utilizzo di contante alla mano. Non sanno come beneficiare dei decreti d’emergenza. Difficile immaginare che in queste ore si sentano coinvolti dalla superliquidità messa in circolo dalle banche centrali tramite gli istituti di credito. Il superbazooka della Bce (Banca centrale europea) per 750 miliardi o l’Helicopter money Usa della Fed (Federal Reserve) sono termini incomprensibili e lontani. L’oggi è sopravvivere
Eravamo un unico corpo con i nostri pastori, con i sacerdoti e i cristiani sparsi in Italia e nel mondo intero. Eravamo insieme a chi ogni giorno si spende e dona la propria vita per salvare altre vite. Eravamo con chi è nella sofferenza, perché malato o perché parente di un malato. Eravamo al fianco di chi ha perduto il proprio caro senza aver avuto la possibilità di salutarlo. Eravamo insieme a tutti gli uomini di buona volontà nel chiedere a Dio tramite Maria di fermare l’avanzata di questo virus
Il contagio e la quarantena stanno mettendo a dura prova le nostre istituzioni. Il punto però non è se chiudere il Parlamento o no: in un frangente come questo c'è più che mai bisogno che tutti gli snodi fondamentali del nostro sistema democratico siano funzionanti e operativi. Ma è necessario uno sforzo di collaborazione che coinvolge tutti gli attori in campo.
Nella banalità estrema di quel viottolo di cemento tra palazzi e gente stropicciata, c’erano eroi: gente che stava esponendo se stessa a un rischio, pur di permettere a me e agli altri di comprare roba da mangiare. Gente che si mette in pericolo per degli estranei, per compiere il proprio dovere. Scusa, se non eroismo questo, cosa lo è?
Una caratteristica peculiare di ciò che chiamiamo “evento” è quella di portare con sé una discontinuità. In questi giorni stiamo facendo esperienza di un evento, inatteso e traumatico, che non riusciamo a ricondurre a qualcosa di familiare.
Un pensiero a chi abita i reparti di terapia intensiva dove si combatte contro la morte. La condizione di dipendere da mani altrui, lo strazio di non avere i propri cari accanto. Pensando all'anima, oltre che alla sopravvivenza
La testimonianza di Damiano Rizzi, presidente della ong Soleterre che guida l'equipe di psicologi impegnati nei reparti Covid-19 del Policlinico San Matteo di Pavia. "Uno degli aspetti che più mette in crisi il personale è che non hanno tempo per conoscere i pazienti, lavorano solo sui corpi"
Un aspetto non potrà essere trascurato, specie pensando alla Chiesa che abita il mondo occidentale. La cultura partecipativa del recente passato ha spesso lasciato il posto ad una cultura contrassegnata da un forte individualismo e dalla ricerca di leader da mitizzare, in tutti i settori. Ciò può coinvolgere anche le donne e gli uomini di Chiesa. Occorre riconoscerlo: per i giovani, ad esempio, non è certo quello di una maggiore partecipazione il bisogno più sentito. Tuttavia proprio per questo, in un tale contesto culturale potrebbe rappresentare un segno fortemente profetico quello offerto da una Chiesa che si struttura e vive sinodalmente. Un segno così importante da essere di sostegno alle nostre democrazie occidentali, così osannate ma anche così pericolosamente ammalate
Vivendo in “clausura forzata”, molti chiedono alle monache come riescono a vivere sempre in questo modo. In tanti si fermano solo a ciò che appare, evidenziando il negativo del nostro stato di vita. Invece noi, contemplative, stiamo vivendo, alla pari di tutti, in clausura, ma in contatto con la bellezza dell’esistenza, anche se nell’ambiente ristretto del monastero. Condividiamo con voi alcune riflessioni per strutturare fruttuosamente il tempo di “clausura non scelta”