Disabilità, la scuola impari: crescono i numeri e cresce il bisogno di sostegno in tutto il Veneto
Circa 22 mila studenti con disabilità in Veneto: numeri in aumento e cresce il bisogno di adeguato sostegno. Ma il personale è insufficiente, nonostante gli sforzi dei dirigenti
«La scuola è aperta a tutti». A sancirlo è l’articolo 34 della nostra Costituzione. L’accesso all’istruzione, il diritto a riceverne una adeguata, e garantirla ai «capaci e meritevoli, anche se privi di mezzi» è un impegno fondante che si deve assumere una società e uno Stato che credono nel futuro. Sappiamo che non è sempre così, e che gli studenti con disabilità incontrano maggiori difficoltà; ma è anche vero che la scuola è cambiata, il sistema recepisce evoluzioni e, con sensibilità, prova a mettersi in moto. Ma qual è la fotografia della disabilità nelle scuole del Veneto? A fine gennaio, l’Ufficio scolastico regionale ha consegnato un rapporto, frutto del monitoraggio sulle diagnosi relative alla disabilità: l’indagine ha coinvolto 553 istituti statali e 549.013 studenti ed è emerso che di questi, circa 22 mila posseggono una certificazione di disabilità. Vale a dire il 4,2 per cento del totale. Confrontando questa percentuali con gli anni scolastici precedenti, emerge in Veneto una crescita costante, seppur moderata, degli alunni con disabilità: erano “aumentati” del 0,3 per cento nel 2022-2023, dello 0,4 per cento sia nell’anno 2023-2024 sia in quello ancora in corso. Nel report dell’Usr si osservano alcune eccezioni, come per esempio nella scuola dell’infanzia delle provincie di Belluno (una diminuzione del 20,5 per cento), Rovigo (meno 11,3 per cento) e Vicenza (meno 7,8 per cento); e anche nella scuola secondaria di primo grado della provincia di Belluno (meno 3,5 per cento). «Il tema dell’inclusione, di una scuola accogliente verso chi è in difficoltà, è un valore a cui la scuola veneta è sempre stata attenta e sensibile – sostiene Marco Bussetti, direttore dell’Ufficio scolastico regionale del Veneto – Cerchiamo di continuare in questa tradizione, ben sapendo che la società è sempre più sensibile all’accoglienza e all’integrazione: questo è merito anche della scuola, che si sforza di formare cittadini consapevoli e responsabili verso se stessi e verso gli altri, responsabili nella costruzione di una società fortemente inclusiva». Il rapporto presentato online a fine gennaio, con la partecipazione in ascolto di oltre cinquecento docenti e dirigenti scolastici, snocciola dati che permettono di “mappare” la scuola veneta e la distribuzione degli alunni e delle alunne con disabilità che varia a seconda del grado scolastico. Sono, per esempio, il 3,4 per cento nella scuola dell’infanzia, il 5,2 per cento nella scuola primaria e nella scuola secondaria di primo grado, e rappresentano il 2,7 per cento nella scuola secondaria di secondo grado. Un altro aspetto significativo riguarda la tipologia degli istituti. Nei licei si registra l’incidenza più bassa di disabilità, mentre gli istituti professionali presentano il valore più alto, pari all’8,1 per cento, con un picco del 10 per cento nella provincia di Rovigo. Nonostante i tanti passi in avanti (lo stesso Bussetti sottolinea che «l’impegno delle scuole è testimoniato dalla presenza, nella quasi nella totalità degli istituti, del referente per l’inclusione») il rapporto dell’Ufficio scolastico regionale si conclude alzando il livello di allerta: «Nel complesso – si legge al termine dell’analisi – emerge una maggiore necessità di sostegno e un’evoluzione costante nella comprensione e gestione delle disabilità, che richiede un approccio sempre più personalizzato ed efficace per garantire l’inclusione degli studenti in tutte le realtà scolastiche». La criticità è proprio legata alla crescente necessità di sostegno elevato o molto elevato: una richiesta particolarmente marcata nella scuola dell’infanzia (riguarda l’80 per cento sul totale degli alunni con disabilità), è al 57,1 per cento nella scuola primaria, al 45,1 per cento nella scuola secondaria di primo grado e al 50,7 per cento nella scuola secondaria di secondo grado. Le province con valori superiori alla media regionale che corrisponde al 53,3 per cento per richieste di sostegno elevato sono Treviso (65,6 per cento), Venezia (59,8 per cento) e Padova (59,1 per cento). «Il problema è che la coperta è corta, troppo corta – spiega Sandra Biolo, segretaria generale Cisl scuola Veneto – Sia se parliamo di insegnanti di sostegno sia del personale assistente, i numeri ci dicono che non si riesce a coprire il fabbisogno, anche perché se il personale si ammala o ha i suoi legittimi motivi per essere assente dal lavoro, si fa tanta difficoltà a sostituire queste persone». Emblematico e recente quanto sta vivendo uno studente dell’istituto Tina Anselmi di Dolo, oggetto anche di un’interrogazione nel Consiglio regionale: l’assenza prolungata, per malattia, dell’operatrice socio-sanitaria assegnata da una cooperativa, sta compromettendo la sua frequenza scolastica e il suo benessere, con conseguenti disturbi del sonno e comportamentali. Al momento gli appelli della madre sono inascoltati. «La procedura standard – illustra ancora Biolo – prevede che al termine della riunione del Gruppo di lavoro operativo per l’inclusione (il Glo, ndg) tra docente di sostengo, dirigente e specialisti dell’Ulss, emerga il Piano educativo individualizzato dello studente con disabilità che viene poi mandato all’Ufficio scolastico e che deve tradurlo in posti o ore di sostegno. In realtà, visto l’aumento di certificazioni e il non adeguato numero di personale, l’Ufficio scolastico fa una sorta di calcolo per istituto ed è poi compito del dirigente suddividere questo organico. Spesso, anche dividendo oculatamente questo “gruzzolo” di ore, la misura si dimostra insufficiente: i dirigenti cercano di tamponare con docenti che hanno altre mansioni, tipo il potenziamento». La responsabile Cisl, però, alza lo sguardo e individua una possibile risposta: «In Veneto, più della metà degli insegnanti di sostegno è precaria ed è senza specializzazione. Hanno buona volontà, certo, ma non basta per affrontare i vari aspetti della disabilità. Il punto è che le università venete devono eliminare il numero chiuso per quel “famoso” Tfa, il tirocinio formativo attivo: è necessario reclutare personale, non ostacolarlo».
Il quadro delle diverse tipologie di disabilità
Tra le tipologie più frequenti, il rapporto dell’Usr segnala in Veneto il disturbo del comportamento esternalizzante (27,2 per cento), il disturbo del linguaggio (19,5 per cento) e la disabilità intellettiva (19,4 per cento), quest’ultima in diminuzione rispetto all’anno scolastico precedente. Le disabilità neuromotorie costituiscono il 10 per cento, mentre le sindromi genetiche, le disabilità uditive e visive rappresentano percentuali minori. L’analisi dei dati mostra una prevalenza di disturbi psicorelazionali nella scuola dell’infanzia, i disturbi del linguaggio prevalgono nella primaria, anche se a poca distanza ci sono i disturbi del comportamento esternalizzante e nella secondaria di primo e secondo grado mediamente prevalgono i disturbi del comportamento esternalizzante.
Studenti con disabilità, il 60 per cento ottiene il diploma
Sulla scuola secondaria di secondo grado, la già nota scuola superiore, l’Usr Veneto nell’aprile 2024 aveva dedicato una riflessione a sé: monitorando 193 scuole statali (il 97,5 del totale) e 34 paritarie (il 36,2 di tutte quelle presenti nella regione)era emerso che 2.843 studenti con disabilità frequentano gli istituti professionali, contro i 1.192 dei licei e i 1.214 degli istituti tecnici. Tre sono i percorsi possibili per lo studente con disabilità: un percorso ordinario che segue la programmazione della classe; un percorso personalizzato, che prevede prove equipollenti e garantisce il conseguimento di un diploma finale; un percorso differenziato che prevede una riduzione degli obiettivi di apprendimento con il rilascio di un attestato di credito formativo. Il 58,7 per cento consegue un titolo valido per il proseguimento degli studi o per l’inserimento nel mondo del lavoro.