In Veneto il ruolo di primo cittadino è ancora su larga scala degli uomini: poco meno del 18 per cento sono, infatti, le donne con la fascia di sindaco
Idee
A 75 anni esatti dall’entrata in vigore della Carta costituzionale, l’8 marzo, Giornata internazionale della donna, diventa occasione per capire a che punto siamo in un percorso di emancipazione che non è ancora concluso.
Instabilità, guerre e crisi globali hanno ripercussioni sul futuro delle donne
Il 28 febbraio è stato l’ultimo giorno per compilare l’Isee da parte delle famiglie e vedersi adeguare (leggi aumentare) l’assegno unico erogato, da due anni, per ogni figlio dal settimo mese di gravidanza al 21° anno di età.
Nel buio di domenica 26 febbraio, alle quattro del mattino, in mezzo al mare freddo con onde alte tre metri, sono morti uomini, donne e tanti bambini davanti alle coste calabresi.
“Nelle scorse ore ho voluto raggiungere le tre famiglie attraverso il parroco don Giorgio, esprimendo alle persone coinvolte la vicinanza della chiesa mantovana e una preghiera per la guarigione della ragazzina ferita”.
Il teatro istituzionale continuerà per un po', fino alla prossima distrazione, con il rimbalzo delle responsabilità. L’Europa sarà sempre più lontana. E il continente del mare nostrum diventerà la terra del mare mostrum
La scuola è il luogo del confronto delle idee e della crescita del rispetto reciproco, della maturazione della cittadinanza.
Lo sgomento che si prova per tanto dolore innocente riaccende la domanda su Dio ma anche la domanda sull’uomo.
La tentazione è anzitutto un suggerimento interpretativo che parte da un dettaglio negativo e lo amplifica perché si perda di vista l’insieme; sussurra una mancanza, vera o presunta, e induce a leggere le situazioni ambivalenti in modo unilateralmente negativo. Questa è la vera opera del Nemico contro di noi: il resto è corollario e conseguenza. Il diavolo ci offre il suo punto di vista sul reale, uno sguardo tutto in nero, senza sfumature o spiragli
È importante non dimenticare che anche questa guerra, come tutte le altre, non è "giusta", non può essere accettata: per rispetto ai morti, alle persone in fuga, a chi ha perso tutto. Purtroppo, è più facile sentire parlare di guerra, di invio di armi e carri armati. Di guerra sentiamo parlare in politica, nelle aule parlamentari del nostro Paese e dell’Europa, nei circoli, nei dibattiti televisivi, al bar e nelle nostre comunità. La pace è considerata un gesto di ingenuità, al massimo profetico, dando a questo aggettivo un significato futuristico più che di segno, "segno dei tempi", per trasformare la realtà
“Un anno di guerra, terribile, senza senso, come ogni guerra: il male che ci fa paura, che uccide, che sembra azzerare ogni orizzonte di speranza. Ma è davvero così? Dobbiamo rassegnarci alla logica della guerra che sembra vincere, alla corsa agli armamenti, alla povertà di tanti che tocchiamo con mano? Certo che no. Ma non basta dirlo a parole. Con Dio l’impossibile non esiste, a patto però che ognuno di noi scelga, con l’intelligenza e con la vita, di cambiare, di essere il mondo nuovo che desidera”, così Ernesto Olivero, fondatore del Sermig, commentando al Sir il triste anniversario del primo anno di guerra in Ucraina.
“La Storia non insegna, l’ho già detto e lo ripeto ancora oggi. Non insegna perché altrimenti non ci troveremmo a ricordare un anniversario di sangue: un anno dall’invasione russa dell’Ucraina. Non insegna che un conflitto armato lascia sempre dietro di sé dolori e rancori, distruzione e morte. Sia chiaro, mai come per questo conflitto, è certo che c’è un aggredito e un aggressore. Un aggredito: l’Ucraina. Un aggressore: la Russia di Vladimir Putin. Eppure, anche per questa guerra, la storia non insegna. Altrimenti la politica non avrebbe fallito nell’evitarla e non continuerebbe a fallire nel cercare ogni via diplomatica possibile per farla cessare”.
L’avvio di negoziati per la pace (non solo di pace), per diventare operativo richiede la presenza di tutti i coinvolti e a vantaggio anzitutto di due obiettivi: la verità e la giustizia. Termini oggi lontani e che un anno di guerra in Ucraina ha ulteriormente separato dal linguaggio internazionale. Ma è inutile negare che sono l’unica possibilità per rimettere intorno ad un tavolo gli attori protagonisti come pure le tante comparse che nelle “opportunità” della guerra sono sempre pronte a cercare e vivere il loro momento di gloria
È un po’ come quando da bambini ci si traveste da Superman: tutti sanno che è solo una maschera, nessuno pretende che il piccolo spicchi il volo per salvare i più deboli. Ecco l’Europa, allo stesso modo, con lo scoppio della guerra in Ucraina un anno fa, si è tolta il mantello rosso ed ha mostrato tutta la sua vulnerabilità. Dai combattimenti in campo aperto, certo, l’Unione è immune. Ma dopo dodici mesi, l’economia è provata, così come la stabilità e il ruolo assunto agli occhi del resto del Pianeta. “L’Europa – spiega al Sir Alessandro Politi, direttore della Nato defense college foundation - al momento va al traino della Nato perché non ha raggiunto una riflessione matura su una questione che non può permettersi tempi lunghi. Siamo in una situazione poco positiva, difatti, tutte le grandi capitali europee vanno in ordine sparso”