Fatti

A quasi sei settimane dall’invasione russa dell’Ucraina, negli Stati Uniti torna ad imperare la polarizzazione, dopo che la scoppio della guerra aveva temporaneamente unito repubblicani e democratici, almeno sul fronte degli aiuti umanitari e del supporto militare. I sondaggi sono la prova palese di una divisione ancora partigiana, che si ferma sulla soglia dell’emozionalità e della contrapposizione a tutti i costi. Le parole pronunciate in Polonia sull’auspicabile uscita di scena di Putin, seppur smentite da Casa Bianca e Segreteria di stato, hanno fatto del presidente americano il portavoce di un sentire comune tra molti dei suoi cittadini, che inizialmente pronti al sacrificio pur di porre la parola fine alla carneficina ucraina e al dramma dei profughi: ora si ribellano ai costi reali di una guerra globale. E intanto ci si prepara all'accoglienza dei profughi

Nel rapporto dell’Emcdda, l’Osservatorio sulle droghe di Lisbona, i dati di circa 80 città europee. In dieci anni di rilevazioni dell’Istituto Mario Negri, dati quasi raddoppiati. Aumentati i consumi o la purezza della cocaina? Gatti, direttore ricerche dipendenze Asst Santi Paolo e Carlo: “Ai servizi casi sempre più complessi, ma è presto per misurare le conseguenze della pandemia”

Il War Childhood Museum di Sarajevo è il primo al mondo dedicato all'infanzia vittima della guerra. È il museo della guerra vissuta e raccontata dai bambini bosniaci anche attraverso oggetti della loro quotidianità. Spiega la direttrice Krvavac: “rivivere la sofferenza provocata dalla guerra può aiutare ad abbattere le barriere etnico-religiose”.

30 anni fa, a marzo, scoppiava la guerra in Bosnia, una delle più sanguinose delle guerre jugoslave. Risale al 5 aprile l'inizio dell'assedio di Sarajevo. Eventi che trovano oggi delle evidenti analogie con la guerra in Ucraina e che alimentano la paura che la Bosnia, con tutte le sue tensioni e instabilità, possa diventare una nuova Ucraina. Il Sir è andato a Sarajevo ad incontrare due testimoni di quei giorni, il card. Puljic e mons. Tomo Knezevic, all'epoca responsabile della Caritas Sarajevo.        

Trenta anni dopo lo scoppio della guerra, nella Bosnia di oggi l’espressione artistica è diventata anche un mezzo per guarire la memoria del conflitto e una forma di resistenza alla guerra. Questo grazie all'impegno di giovani artisti bosniaci e di una storica dell'arte italiana, Claudia Zini, trapiantata a Sarajevo, fondatrice del Kuma International, un centro internazionale di ricerca sulle arti visive legate alla guerra e alla violenza, alle memorie di guerra