Chiesa nel mondo

Ricostruzione: il ruolo di "Agorà", il centro comunitario polivalente di Arquata del Tronto, realizzato grazie alla solidarietà di di Caritas Italiana, di Caritas Europa e di altre Caritas del mondo come Vietnam e Iraq. Un segno nuovo visibile per dire a chi ha visto la sua casa distrutta dal terremoto che tutto può rinascere e che si può tornare a vivere.

Tre anni dopo il sisma dell’agosto 2016 “siamo passati dalla disperazione alla rassegnazione” dice mons. D'Ercole parlando della ricostruzione "praticamente quasi ferma". Arquata del Tronto, con le sue tredici frazioni, è il centro della diocesi di Ascoli Piceno che ha pagato il più alto contributo di vite umane, oltre 50. La Chiesa è in prima linea nell’ascoltare e accompagnare la gente terremotata. Allarme suicidi

Nel terzo anniversario del terremoto del Centro Italia, la diocesi di Teramo-Atri cerca di guardare oltre l'ostacolo, riponendo la speranza in quei segni che arrivano dalla riapertura di 18 chiese inagibili e il finanziamento per la ristrutturazione di altre 56 allo stato attuale chiuse. Per il vescovo Lorenzo Leuzzi la parola più importante per il futuro sembra essere prevenzione: "Nella nostra diocesi, la gente ha avvertito che c’è una svolta, soprattutto la riapertura delle chiese ha creato un grande momento di fiducia e di speranza, anche se ci sono ancora delle situazioni irrisolte per quanto riguarda la ricostruzione privata. Credo che questo impegno della Chiesa diocesana, possa essere una grande sollecitazione perché ogni Istituzione faccia bene il suo dovere programmatico"

Il Custode di Terra Santa, padre Francesco Patton, al Meeting di Rimini per ribadire la potenza dell'incontro, 800 anni fa, tra san Francesco e il sultano Malek el-Kamel. Un incontro che mostra ancora una dirompente attualità. Specialmente in un tempo in cui “la parola, più che uno strumento di dialogo è diventata un mezzo per aizzare gli animi e diffondere ostilità”. Un monito ai cristiani mediorientali: "dobbiamo smettere di usare il concetto di minoranza come una specie di alibi. La minoranza in chiave evangelica si chiama lievito, sale e luce"

Dal 10 febbraio scorso Norcia ha riabbracciato la comunità delle monache benedettine del monastero di Sant’Antonio. Costrette a lasciare il cenobio reso inagibile dal sisma del 2016, sono tornate per riedificarlo e hanno accettato la sistemazione in un container posto nel giardino non distante dalle macerie di quella che era la loro casa. “Siamo fortemente convinte - dicono - che ci sarà un futuro, la storia ce lo insegna. Preghiamo per questo. È un segno di vicinanza alle persone di Norcia. Pregare qui con e in mezzo alla nostra gente è un modo per trasmettere fiducia e speranza". La ricostruzione morale prosegue senza sosta.

A tre anni dal sisma del 24 agosto 2016 il Sir propone un viaggio nelle zone colpite per raccontare come procede la ricostruzione, non solo quella delle case ma anche quella dei cuori e delle relazioni umane. Se quella materiale segna il passo a causa della burocrazia la ricostruzione del tessuto sociale lotta contro il tempo. Man mano che passano gli anni la gente si allontana dalla propria terra per non tornare più. Le Chiese locali reagiscono e restano al fianco delle popolazioni colpite. Il nostro viaggio comincia da Norcia.

“Ho la netta sensazione che il nostro Paese non riesca minimamente a valorizzare i talenti, le capacità e le attitudini dei nostri giovani. I giovani che io conosco – e che ho conosciuto in molti anni di sacerdozio – sono infatti giovani ricchi. Anzi, ricchissimi. Non di denaro ma di talenti. Nella maggioranza dei casi, però, questi talenti non vengono riconosciuti. Rimangono sepolti nel deserto o, forse dovrei dire, nella palude della nostra società”.