E se il cementificio diventasse un inceneritore?
La Cementeria di Monselice (ex Radici) lo scorso 22 luglio ha presentato un progetto per utilizzare il css (combustibile solido secondario) nel processo di produzione. Una ipotesi duramente contestata dalle opposizioni in consiglio comunale e dai movimenti ambientalisti. La pastorale sociale del vicariato organizza un incontro pubblico sul tema, venerdì 16 settembre, alle 20.30, nella sala parrocchiale del Redentore.
Forse qualche specialista o tecnico del settore storcerà un po’ il naso, ma la materia è complessa, per questo vale la pena di sacrificare un po’ di puntualità scientifica e cercare di farsi capire.
La questione
La Cementeria di Monselice (ex Radici), l’unica attualmente attiva nella città della Rocca (a regime 650 mila tonnellate di produzione annua, di proprietà del Gruppo Zillo, un centinaio di occupati) lo scorso 22 luglio ha presentato un progetto per utilizzare il css (combustibile solido secondario) nel processo di produzione.
Che cosa vuol dire? Partiamo da un esempio. Per fare il cemento (oltre al contributo del personale) le voci di spesa decisive sono quelle della materia prima (calcare, argilla, ecc.) e del calore che serve a portare il materiale alla temperatura utile; immaginiamo una grande pentola nella quale inseriamo dei materiali, che devono essere “cotti” per arrivare al prodotto finale.
Nel 2013, il cementificio in questione ha ottenuto dalla provincia (titolare del procedimento) un’aia (autorizzazione integrata ambientale) che consente di sostituire il materiale (quello che va a finire in pentola), utilizzando ceneri, gessi di desolforazione, in quantità di 225 milioni di tonnellate (pare che l’anno scorso l’azienda sia ricorsa a tale utilizzo soltanto per 30 tonnellate a causa del calo produttivo). Ma questo è un altro problema, perché ora la Cementeria punta la sua attenzione sulla modalità di alimentazione del calore che serve a far “bollire” la pentola.
In sostanza la proprietà chiede di poter bruciare non più il combustibile tradizionale (pet coke) ma css, che è composto da rifiuti (plastica, carta, ecc.). La legge lo consente, perché il combustibile solido secondario, appunto il css, è diventato “non rifiuto” in virtù di un decreto (dm n. 22 del 14/2/2013) che lo trasforma in “combustibile”.
Di fatto il css è costituito da rifiuti, che prendono un’altra via rispetto al riciclo.
«E quando si bruciano immondizie – commenta Francesco Miazzi del comitato locale “Lasciateci respirare” – si diventa inceneritori, con ciò che ne consegue e che tutti ormai conoscono. Quello che si cerca di occultare è che bruciare rifiuti nei cementifici è ancora peggio che farlo negli inceneritori».
Le rassicurazioni della proprietà
Il Gruppo Zillo sostiene che con l’incenerimento di 52 mila tonnellate per anno di css (fornito dalla Plan Eco srl di Cittadella) in sostituzione di 37.025 t/a di pet-coke si avrà un rilevante contenimento delle emissioni di Co22 con una conseguente riduzione dell’impatto ambientale.
«Questo intervento – sostiene il gruppo Zillo – non trasforma il alcun modo la natura dell’impianto, né prevede un aumento del carico operativo o un’alterazione del quadro emissivo attuale, ma apporta notevoli miglioramenti ambientali attestandosi quale esempio virtuoso di economia circolare».
Dichiarazioni nobili, ma i dubbi che il cementificio svolga anche il ruolo di inceneritore rimangono.
Negli ambienti, si racconta un episodio legato a un’azienda di smaltimento di Rovigo, la quale ammise che invece di smaltire i rifiuti, spendendo, era meglio darli ai cementifici, addirittura guadagnandoci. Uno studio di Nomisma (importante centro di analisi economica) spiega, che fatto 100 il costo di utilizzo di carbone, il css porta a un abbattimento della spesa a 60.
Alla tesi, tutta all’insegna dei vantaggi ambientali e produttivi del cementificio, si contrappongono le osservazioni dei contrari, sostenuti da un’ampia letteratura in merito all’utilizzo del css.
In particolare si obietta che l’impiego di css nei cementifici, in sostituzione di percentuali variabili di combustibili fossili, causa produzione ed emissione di metalli pesanti tossici per l’ambiente e dannosi per la salute umana in misura significativamente superiore a quella rilevabile in seguito all’utilizzo di css in impianti progettati per questo scopo (gli inceneritori “classici”) e, negli stessi cementifici, in misura maggiore rispetto al solo utilizzo di combustibili fossili.
Attualmente il limite della concentrazione di emissioni “equivoche” per i cementifici è di 1.820 mg/Nm3, che dovranno per legge scendere a 700 entro fine marzo del 2017 (in un’ora il cementifico emette 166 metri cubi di fumo), un inceneritore normale viaggia intorno a una concentrazione di 110 mg/Nm3. Inoltre il decreto css “End of waste”, approvato in Italia, prevede la presenza, in questo materiale, di una serie di metalli pesanti il cui trasferimento nelle emissioni dei cementifici può causare danni all’ambiente e alla salute dei residenti, anche in considerazione del volume delle emissioni gassose di questi impianti (in media 550 mila Nm3/ora), notevolmente maggiore rispetto al volume di emissioni gassose degli inceneritori (in media 90. mila Nm3/ora).
Uno studio condotto negli Usa ha dimostrato la presenza di concentrazioni di diossine da 2 a 9 volte più alte nella polvere domestica di abitazioni entro 3,5 Km da cementifici che utilizzavano co-combustione di rifiuti. Dati forniti dalla “Buzzi Unicem” relativi a esperienze pilota di combustione di css nel cementificio di Barletta, mostrano come il co-incenerimento di 8.3 t/h di css (pari a 200 t/g, 52 per cento di sostituzione calorica) ha causato un incremento delle emissioni di inquinanti da 2 a 4.5 volte rispetto all’utilizzo dei soli combustibili fossili.
Fin qui le diverse posizioni. Ma gli abitanti di Monselice che ne pensano, anzi sanno qualcosa di tutto ciò?
Venerdì 16 dibattito organizzato dalla Pastorale sociale vicariale
L’unico soggetto all’ombra della Rocca che si è mosso per proporre un pubblico confronto sul tema è la pastorale sociale e del lavoro. «Noi vorremmo – spiega Valentino Valmunicchi – aprire un dialogo con la cittadinanza su tale tema. Qui, ogni volta che si deve affrontare una questione economica, sociale, politica, verifichiamo due problemi. Uno di metodo, cioè l’incapacità di confrontarsi; l’altro di merito: tutto si riduce a un confronto o contrasto tra i vari soggetti (comitati, comune, proprietari, sindacati, ecc.) senza porsi la questione nodale: che cosa vogliamo fare di Monselice? Quali prospettive per i giovani, ad esempio?».
Per questo la pastorale sociale, dopo aver incontrato nei giorni scorsi la proprietà della Cementeria per conoscere il progetto, ha organizzato un incontro pubblico sul tema, in programma venerdì 16 settembre, alle 20.30, nella sala parrocchiale del Redentore.