Carlo Bianchi, il “partigiano senza fucile”, martire a Fossoli

“Tornerà presto il sole”, scriveva il giovane milanese ai propri familiari dal carcere di San Vittore. Tale speranza per lui non si realizzerà e verrà fucilato a Fossoli il 12 luglio 1944. Cresciuto nell’Azione cattolica e nella Fuci, durante gli anni della seconda guerra mondiale si attiva per le persone povere e disagiate, inserendosi poi nell’attività resistenziale con le Fiamme Verdi di Teresio Olivelli. Fino al sacrificio della vita. Un libro, pubblicato alla vigilia del 25 aprile, ne ricostruisce il tratto umano e spirituale

Carlo Bianchi, il “partigiano senza fucile”, martire a Fossoli

La formazione in Azione cattolica e nella Fuci, l’università e il lavoro, la famiglia, la moglie Albertina e i figli. Poi la guerra, l’assistenza ai poveri nel capoluogo lombardo, la scelta resistenziale, il foglio clandestino “Il Ribelle”… Quindi l’arresto, la deportazione al campo di Fossoli, la fucilazione. La vita di Carlo Bianchi, uomo di fede, antifascista, ha molto da dire oggi. Ne parliamo con Anselmo Palini che ne ha ricostruito la storia nel volume Carlo Bianchi. “Per un domani non solo di pane, ma di giustizia e di libertà”, appena pubblicato dall’Editrice Ave.

Carlo Bianchi. Una vita breve, intensa. Per tanti aspetti esemplare. Ce ne descrive, anzitutto, i principali tratti biografici?
Carlo Bianchi, nato a Milano il 22 marzo 1912, sposato con Albertina Casiraghi e padre di tre bimbi piccoli, è stato fucilato a Fossoli il 12 luglio 1944 in un eccidio di massa che interessò altre 66 persone. Non poté conoscere la figlia Carla che sarebbe nata quaranta giorni dopo. Ci troviamo di fronte a una splendida figura che si coinvolse nella Resistenza pur sapendo i rischi che correva e i problemi che la sua azione poteva comportare per la sua famiglia. Come ha scritto il prof. Giorgio Vecchio, di Carlo Bianchi ci si è ben presto dimenticati. Ecco allora la necessità di un libro che ne facesse memoria. Il padre di Carlo Bianchi, Mario, era titolare a Milano di una cartotecnica. La madre, Amalia Pomè, è ricordata perché favoriva l’assunzione di ragazze madri o di giovani senza famiglia, mentre ad altri garantiva il mantenimento durante gli studi.

La famiglia era profondamente religiosa, molto impegnata nella parrocchia dei Santi Nazaro e Celso alla Barona, quartiere di Milano.

Dalla prima elementare alla terza liceo classico Carlo Bianchi è alunno del Collegio arcivescovile San Carlo di Milano, dove nel 1930 ottiene il diploma di maturità classica, iscrivendosi poi alla facoltà di ingegneria della Regia Scuola di Ingegneria (ora Politecnico) sia per una scelta personale, sia per andare incontro ai desideri della famiglia che vedevano in lui la possibilità di dare continuità all’azienda paterna. Nel 1935 Carlo Bianchi si laurea in Ingegneria. Dal 1° dicembre 1936 e fino al 31 dicembre 1938 lavora presso la “Siemens Elettra”, entrando poi nell’azienda paterna.

Gli anni della formazione – in famiglia, nell’Azione cattolica, nella Fuci – segnano profondamente la sua figura. Ce ne può parlare?
Carlo riceve in famiglia la prima fondamentale educazione religiosa. Frequenta poi l’Azione cattolica e durante gli studi universitari si iscrive alla Fuci, partecipando attivamente alla vita associativa, ai congressi e convegni regionali e nazionali nella prima metà degli anni Trenta, un tempo caratterizzato da un controllo totale del fascismo sul mondo della scuola e della cultura. Sono gli anni in cui la Fuci è guidata da Igino Righetti  e ha come assistente nazionale mons. Giovan Battista Montini, il futuro Paolo VI.

Carlo Bianchi, partecipando ai convegni della Fuci conosce sia Montini che Righetti, venendo fortemente influenzato dalla loro azione educativa

volta a far crescere giovani preparati culturalmente e di profonda fede, in grado di reggere ai condizionamenti che il fascismo vuole esercitare su di loro. Tra i fucini con cui Carlo Bianchi entra in rapporto di amicizia vi è Andrea Ghetti, che faceva parte delle Aquile Randagie con il nome di Baden e che successivamente diventerà sacerdote e rappresenterà un importante punto di riferimento per i giovani milanesi insofferenti del fascismo e desiderosi di essere protagonisti di una nuova stagione. La formazione che Carlo Bianchi riceve nella Fuci è solida e ancorata alla dottrina sociale della Chiesa, per cui quando si troverà a scegliere da che parte stare non avrà dubbi di sorta ritenendo il fascismo incompatibile con la fede cristiana.

Carlo Bianchi era un credente. Quanto la fede ne ha plasmato le principali scelte della vita? Quanto era legato alla Chiesa ambrosiana e al suo arcivescovo, il card. Schuster?
Dalle lettere, struggenti e bellissime, che Carlo Banchi scrisse dal carcere di San Vittore e dal lager di Fossoli alla moglie Albertina e agli altri familiari, emerge chiaramente la sua grande serenità dovuta alla solida fede e alla certezza di avere svolto le scelte giuste. Bianchi era profondamente legato alla Chiesa ambrosiana, così quando il 16 febbraio 1943 il card. Schuster in una lettera indirizzata ai milanesi metteva in risalto i gravi disagi causati dai bombardamenti sulla città e li invitava ad attivarsi in aiuto alle popolazioni più colpite, il giovane ingegnere milanese, in accordo con l’amico don Andrea Ghetti, matura l’idea di costituire un Centro di assistenza per le persone più povere e per quelle maggiormente colpite dalla guerra in corso.

Nasce così l’opera che assume il nome di “La Carità dell’Arcivescovo”,

una realtà che garantiva assistenza medica, assistenza legale, aiuti economici alle persone povere e disagiate. In una situazione di sfascio dei servizi pubblici la “Carità dell’Arcivescovo” fu un’iniziativa dal grandissimo valore.

Con la guerra e la resistenza al nazifascismo la vita di Bianchi giunge a un tornante, che lo porterà al sacrificio supremo. Quale lo spirito che lo condusse alle attività resistenziali? Quali le sue vicende nei mesi cruciali tra il 1943 e il ’44?
Dopo l’8 settembre 1943, con l’armistizio, ossia con l’uscita dell’Italia dalla guerra, ognuno venne chiamato a scegliere: o unirsi alla Repubblica di Salò, ossia al tentativo di ricostituire uno Stato fascista nel centro-nord Italia; oppure scegliere di opporsi al nazifascismo unendosi alle forze partigiane; o ancora stare alla finestra in attesa dell’evolversi della situazione. Bianchi, per la formazione ricevuta in Azione cattolica e nella Fuci, non ebbe dubbi sulla scelta da compiere: opporsi al nazifascismo!

Quindi, cosa accade?
Carlo Bianchi è stato, con le Fiamme Verdi di Teresio Olivelli, l’anima della stampa clandestina dopo l’8 settembre 1943 in Lombardia. A loro principalmente si deve la nascita e la stampa del foglio “Il Ribelle”, che contestava la narrazione nazifascista ed invitava i giovani a non aderire alla Repubblica di Salò. Un foglio, diffuso clandestinamente, che raggiungeva la tiratura fino a 15mila copie. Sempre a Bianchi e a Olivelli si deve la famosa “Preghiera del Ribelle”, che, diffusa in migliaia di copie, rappresentò un grande sostegno per quanti operavano nella clandestinità. Carlo Bianchi poi si attivò, con gli amici don Andrea Ghetti e don Giovanni Barbareschi, per favorire l’espatrio di coloro che erano ricercati dai nazifascisti. A questo scopo venne creato l’Oscar-Opera scout collocamento assistenza ricercati, poi divenuta Opera soccorso collocamento assistenza ricercati. La partecipazione di Carlo Bianchi alla Resistenza non fu caratterizzata dall’uso delle armi. Fu dunque un “partigiano senza fucile”, per usare la felice espressione coniata da Giovanni Bianchi in un suo libro dello stesso titolo.

Quale eredità ci lascia oggi questo martire per la libertà?
Quella di Carlo Bianchi è una storia oggi quanto mai preziosa, una piccola luce che, unitamente a tante altre, continua ad illuminare il cammino di quanti testardamente credono ancora che “giustizia e pace si baceranno” e che verrà il giorno in cui i popoli “spezzeranno le loro spade e ne faranno aratri, delle loro lance faranno falci; una nazione non alzerà più la spada contro un’altra nazione, non impareranno più l’arte della guerra” (Isaia, 2,4).

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Fonte: Sir