Le letture di Papa Francesco

Quali sono i libri che Jorge Mario Bergoglio amava leggere? E quali hanno arricchito la sua cultura? Ecco una carrellata dei testi che ha detto pubblicamente di aver letto e apprezzato

Le letture di Papa Francesco

“Gli stessi fiori del campo e gli uccelli che Egli contemplò ammirato con i suoi occhi umani, ora sono pieni della sua presenza luminosa”. Era evidente una continuità non solo nel nome, ma anche nella visione dell’esistente con il “primo” Francesco, il Poverello d’Assisi. Quando il compianto pontefice scrive Laudato si’ il 24 maggio, nel terzo anno del suo Pontificato, fin dal titolo volle mettere uno dei suoi punti fermi: la grande potenza profetica di un uomo che scegliendo la povertà aveva voluto indicare il creato come casa di tutti, da preservare e da consegnare a chi verrà dopo.

Una continuità operativa e non solo teorica, che segna uno degli elementi fondamentali del pontificato di Francesco: la preghiera e la prassi, la Parola e l’azione a favore dell’oggi e del domani, senza dimenticare le profonde radici di ieri. Anche là dove non penseresti, perché tra i suoi libri preferiti Francesco aveva indicato un romanzo, “Tardi ti ho amato”, di una scrittrice come Ethel Mannin, non in linea con l’ortodossia cattolica – dopo una stagione di fascinazione marxista, subito annullata dalla esperienza diretta dello stalinismo, attirata dal messaggio pacifista di Tolstoj – che narrava una storia attualissima, eppure antica come il modello agostiniano:  un uomo che compie un cammino dal non-senso verso la verità e la conversione.

La sua cultura, condita da un’ironia mai distruttiva, capace di farci riflettere anche sulle nostre azioni, guardava lontano, ai mistici, ma anche ad un magistero che poneva l’amore in primo piano: “i mistici hanno affermato che l’amore soprannaturale e l’amore celeste trovano i simboli di cui vanno alla ricerca nell’amore matrimoniale”, affermò in Amoris Laetitia. E proprio sulla figura femminile Francesco indirizzò l’attenzione dei fedeli, quando affermò che se si voleva sapere che cosa potrebbe essere l’umanità senza la donna, basterebbe andare alla “prima pagina della Bibbia”, là dove emerge la parola “solitudine”.

Ma un libro non molto conosciuto da noi, e indicato tra i preferiti, è un altro romanzo che ha al centro il cammino di formazione oltre la mondanità e la seduzione dei conformismi: “Il padrone del mondo”, uscito nel 1907 (come un altro romanzo profetico, “1984” di Orwell), di Robert Hugh Benson: una sorta di anticipazione geniale dei poteri del net e dei rischi di un pensiero unico mascherato da progresso.

Tra i preferiti di Bergoglio non c’erano solo gli allineati: certamente Agostino, punto di riferimento essenziale, come abbiamo visto, e Ignazio di Loyola, Alessandro Manzoni, ci mancherebbe, ma poi anche un Hӧlderlin, grande poeta sprofondato nella follia, uno dei maestri di quello che chiamiamo romanticismo, alla ricerca costante del contatto con la divinità, e poi il signore del dubbio, della notte e dell’aurora dopo la sofferenza, il Dostoevskij di “L’idiota” e “Memorie dal sottosuolo”, che Bergoglio prediligeva. Ed anche riferimenti, addirittura presenti nelle sue omelie del prima, allo Hobbit di TolkienFrodo Baggins, citato a Buenos Aires, da cardinale, nel 2008. E infine, la sua conoscenza di un poeta tra i più grandi del Novecento italiano e che pochi ricordano, il Clemente Rebora che abbandonò il mondo della cultura fine a se stessa per diventare religioso rosminiano e iniziare una nuova vita. Oltre le categorie rigide, attraverso un percorso in cui l’altro, la vita e il senso sono la bisaccia e la meta.

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Fonte: Sir