Cosa ne pensano i laici. L’annuncio del Vangelo “chiede” donne e uomini appassionati

C’è bisogno, però, di superare certi campanilismi, aggiornare il linguaggio e non essere sempre... “in ritardo”

Cosa ne pensano i laici. L’annuncio del Vangelo “chiede” donne e uomini appassionati

È cresciuto frequentando la parrocchia Giacomo Talami, 51 anni, di Abano-San Lorenzo, con un percorso in Azione cattolica. «La nostra è una comunità fortunata grazie alla presenza di un parroco e due cappellani – racconta – C’è un patronato “vivo” e la forte presenza di giovani; sono presenti i capi scout, gli educatori del grest e dei centri estivi oltre a diversi gruppi tematici. La nostra è una delle parrocchie più numerose della diocesi, con la presenza di quasi diecimila fedeli. Credo che la comunità parrocchiale possa aiutare ancora le persone a crescere nella fede, a patto che siano presenti figure significative in grado di entrare in contatto con il prossimo: le persone fanno la differenza». Secondo Talami sono diverse le figure che possono accompagnare i giovani nella fede (e non solo loro). «Nella mia esperienza, per esempio, ho incontrato grandi educatori in ambito sportivo, sia tra gli allenatori che tra i dirigenti. Non è indispensabile, dunque, essere catechisti o insegnanti; anche un bravo barista può essere incisivo. In ogni caso, tutti coloro che si prendono cura del prossimo, nel loro piccolo, sono esempi credibili. Il rischio, a volte, è quello di fare molte cose senza dimostrare di essere credenti; per far vivere un’esperienza di fede è importante essere appassionati di ciò che facciamo, metterci la faccia, e che sia una faccia gioiosa. Credo che tutti i ragazzi che ci vengono affidati debbano poter incontrare Gesù, a partire dall’ambito familiare». Sullo stesso piano ragiona Tino Pezzuolo, 65 anni, laico della parrocchia di Tombelle. Tino, insieme alla moglie, si occupa di molte attività: coordina il gruppo lettori, forma i genitori dell’iniziazione cristiana, modera un gruppo di discernimento sinodale, fa parte della Comunità missionaria della Trinità. «Se proponi la fede come esperienza positiva, se ce l’hai dentro, la doni – commenta – Fondamentale è la buona volontà del singolo e l’impegno nella trasmissione della fede: come diceva Giovanni Paolo II, la fede trasmessa cresce. A cominciare dall’ambito familiare. Nel nostro, da oltre dieci anni, abbiamo istituito la “festa annuale della famiglia”, una giornata importante in cui ci ritroviamo tutti: io e mia moglie, i nostri quattro figli e le loro famiglie». Nei servizi in parrocchia Pezzuolo e la moglie hanno avuto modo di incontrare molte realtà, tra persone singole e famiglie, così come è avvenuto nei gruppi sinodali «dove abbiamo riscontrato quanto le persone chiedano di essere partecipi e quanto fermarsi nell’ascolto e nella meditazione della Parola aiuti la fede. Per questo sarebbe bello che tale esperienza proseguisse al di là delle tappe legate al Sinodo». Pezzuolo sottolinea ancora il ruolo fondamentale dei laici accanto a quello dei presbiteri. «In parrocchia ci devono essere figure che coinvolgano, che siano “scaltre” come dice un passo del Vangelo e non timide. Il parroco, dal canto suo, ha un ruolo centrale, è come il perno della ruota di una bicicletta su cui confluiscono le varie realtà della parrocchia e senza il quale la vita della comunità non potrebbe “girare”. Penso che il parroco, se attento, trova persone che rispondono e si lasciano coinvolgere». Michele Trivellato, 54 anni, vicepresidente del consiglio pastorale nella parrocchia di Santa Maria delle Grazie, a Este, pone invece l’accento sui contenuti offerti dalle comunità parrocchiali. «Mi chiedo se proporre gli stessi contenuti di un tempo abbia oggi ancora senso e se questi siano in grado di attrarre le persone. A volte mi sembra che il mondo ecclesiale si muova troppo lentamente e si trovi “in ritardo”; forse ci sono anche troppi paletti, poca libertà di azione da parte di chi vorrebbe apportare alcune innovazioni». Trivellato frequenta da sempre la comunità cristiana a Este, che definisce “casa sua” e, oltre che del consiglio pastorale, è membro del coro parrocchiale. «Frequentare la parrocchia e le celebrazioni, a differenza di un tempo, oggi è una scelta e non sempre siamo in grado di essere attrattivi, di fornire un’offerta valida. Anche i campanilismi talvolta sono troppo accentuati e non fanno bene alle comunità, credo sia un bene per tutti parlarsi e collaborare di più, noi cerchiamo di farlo. Talvolta poi mi interrogo sul linguaggio che usiamo, mi chiedo se sia quello (più) giusto, in grado di coinvolgere, soprattutto i giovani. Da noi sono presenti alcuni ragazzi davvero di valore, ma anche loro faticano a frequentare, forse non si trovano a loro agio, e questo ci dispiace molto. Sono molto fiducioso nel Sinodo, sono davvero necessari alcuni cambiamenti».

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