Segni di speranza. Ancora una domenica con il Papa lontano dai fedeli
“Gesù si immerge nella preghiera e diventa raggiante di luce” scrive Francesco, e mostra così “ai discepoli che cosa si cela dietro i gesti che Egli compie in mezzo a loro: la luce del suo amore infinito”

Hanno portato disegni, fiori e letterine i trecento bambini che affollano il piazzale del policlinico Gemelli. In coro chiamano Papa Francesco, mentre guardano la finestra del decimo piano sperando di poter vedere il suo volto, e ricevere un saluto. Alcuni leggono le letterine che hanno portato e che saranno poi consegnate per farle arrivare a Francesco. Qualcuno chiede: dov’è il Papa. “So che tanti bambini pregano per me” scrive il vescovo di Roma nel breve testo dell’Angelus che, per la quinta domenica consecutiva, viene diffuso: “grazie, carissimi bambini! Il Papa vi vuole bene e aspetta sempre di incontrarvi”.
In questa seconda domenica di Quaresima la liturgia ci propone, con Luca, il racconto della Trasfigurazione sul monte Tabor, “Gesù si immerge nella preghiera e diventa raggiante di luce” scrive Francesco, e mostra così “ai discepoli che cosa si cela dietro i gesti che Egli compie in mezzo a loro: la luce del suo amore infinito”.
Se la prima domenica di quaresima ci parla della prova nel deserto, le tre tentazioni, ciò che dobbiamo lasciare, in un certo senso, la seconda domenica ci mostra ciò che dobbiamo accogliere, vedere. E quel salire il monte, faticosa prova, altro non è che itinerario necessario nel cammino verso Gerusalemme, verso la Pasqua. Benedetto XVI, nel commentare questo passo del Vangelo, parlava di un Gesù solo, e questo “è tutto ciò che è dato ai discepoli e alla Chiesa di ogni tempo: è ciò che deve bastare nel cammino”.
Riferimento esplicito alle parole che troviamo in Luca, ovvero Pietro Giovanni e Giacomo vinti dalla stanchezza vengono però svegliati forse da quel dialogo tra Gesù Mosè e Elia; Pietro propone di fare tre capanne ma in quel momento “venne una nube e li coprì con la sua ombra. All’entrare nella nube, ebbero paura. E dalla nube uscì una voce, che diceva: questi è il Figlio mio, l’eletto; ascoltatelo. Appena la voce cessò, restò Gesù solo”. Questo significa che Gesù, affermava ancora Benedetto XVI, è “l’unica voce da ascoltare, l’unico da seguire, lui che salendo verso Gerusalemme donerà la vita e un giorno trasfigurerà il nostro misero corpo per conformarlo al suo corpo glorioso”. Chi sono i “trasfigurati” si chiedeva san Giovanni Paolo II nel marzo del 2001: “sono quelli che seguono Cristo nella sua vita e nella sua morte” rispondeva; sono quelli “disposti a dare tutto senza esigere nulla in cambio; quelli che, in poche parole, vivono amando e muoiono perdonando”.
Ancora una domenica con il Papa lontano dai fedeli, dalla gente, nascosto dalle pareti dell’ospedale romano all’interno del quale è sottoposto, ormai da un mese, alle cure necessarie per la polmonite bilaterale. Ancora una volta Francesco non ha voluto far mancare un suo pensiero “mentre sto affrontando un periodo di prova, e mi unisco a tanti fratelli e sorelle malati: fragili, in questo momento, come me. Il nostro fisico è debole ma, anche così, niente può impedirci di amare, di pregare, di donare noi stessi, di essere l’uno per l’altro, nella fede, segni luminosi di speranza. Quanta luce risplende, in questo senso, negli ospedali e nei luoghi di cura! Quanta attenzione amorevole rischiara le stanze, i corridoi, gli ambulatori, i posti dove si svolgono i servizi più umili”.
Papa Francesco ha quindi parole di ringraziamento per le preghiere e per quanti lo “assistono con tanta dedizione”; il Signore “mai ci abbandona e nei momenti di dolore ci mette accanto persone che riflettono un raggio del suo amore”.
La martoriata Ucraina, in Palestina, Israele, Libano, Myanmar, Sudan, Repubblica Democratica del Congo: è preghiera per la pace per questi paesi feriti dalla guerra. E preghiera, infine, per la Chiesa tutta chiamata a fare scelte concrete alla luce del Sinodo, un cammino di 3 anni che si concluderà a ottobre 2028 con un’assemblea ecclesiale in Vaticano.