Nascosta e silenziosa, ma la camorra allunga le mani anche sul Veneto
Veneto, una regione «a forte infiltrazione camorristica», che nel 2015 ha visto raddoppiare il numero di beni confiscati alle organizzazioni criminali. I numeri e le mappe aggiornate sono contenute nello studio “Le mafie liquide in Veneto. Forme e metamorfosi della criminalità organizzata nell’economia regionale”, realizzato da Unioncamere e Libera-associazioni, nomi e numeri contro le mafie, nell’ambito dell’ormai pluriennale protocollo di intesa sottoscritto a Venezia nel 2012, che hanno scelto di renderlo pubblico il 23 maggio in occasione della ricorrenza della strage di Capaci.
Nelle regioni del nord sono 15 le organizzazioni attive nel traffico o nella vendita di sostanze stupefacenti, di cui 3 in Veneto, dove ‘ndrangheta, camorra e cosa nostra si spartiscono traffici e profitti con altri “operatori” stranieri; l’organizzazione più attiva è la camorra attraverso l’estorsione connessa all’usura.
La relazione annuale del comando regionale della guardia di finanza ha rilevato 4.500 segnalazioni di operazioni finanziarie sospette nel primo semestre 2015, che collocano il Veneto al settimo posto nella graduatoria delle regioni italiane.
«In Veneto le mafie, anche se non sparano, dimostrano di essere in grado di intaccare il tessuto socio-economico del territorio. – commenta Giuseppe Fedalto, presidente di Unioncamere – Il Veneto, come altre regioni del nord, attrae per le possibilità di riciclaggio che le organizzazioni criminali utilizzano per far fruttare i guadagni illegali, mascherandoli con investimenti in attività commerciali e imprenditoriali; preferiscono essere liquide, silenti e invisibili, ma sono capaci di mutare volto. È importante quindi conoscere, analizzare, raccontare per poi elaborare nuove strategie culturali di contrasto».
La confisca dei beni in mano alla criminalità organizzata negli ultimi tempi ha registrato un considerevole balzo in avanti.
Dagli 88 beni censiti in Veneto nel 2013, si è infatti passati ai 186 nel 2015 (più 95); nella mappatura rimangono le quattro società già censite (una a Sanguinetto nel Veronese, due a Venezia e una a Belluno) ma se ne aggiungono una a Rovigo e un’altra a Verona.
Tuttavia la tendenza delle mafie nel reinvestimento e nell’acquisizione di quote societarie si è evoluta con la compartecipazione e l’acquisizione di quote in società a responsabilità limitata.
«Le mafie prosperano grazie a complicità e connivenze; ma a loro vantaggio operano anche il silenzio, l’indifferenza, la rassegnazione, e la rimozione» commenta don Luigi Ciotti, presidente di Libera. Sulla scorta di analisi di realtà istituzionali e politiche, questo lavoro di ricerca traccia una puntuale fotografia della diffusione delle mafie in regione, mettendo in evidenza come anche nel Nordest le cosche abbiano saputo mettere a frutto una collaudata “vocazione” imprenditoriale, inquinando tutta una serie di settori, tra cui quello sempre più redditizio del agroalimentare.
«L’intento è documentare, informare, renderci consapevoli – conclude don Ciotti – perché se l’espansione mafiosa trova un forte argine nell’opera della magistratura e delle forze di polizia, per sradicarla è necessario un impegno collettivo, quell’unione di risorse, competenze e conoscenze, a cui questo studio vuole offrire un piccolo, ma prezioso contributo».
L’incidenza percentuale sul totale dei beni confiscati in Italia rimane evidentemente molto bassa, meno dell’1 per cento, ma, scomponendo i dati, si riscontra come il Veneto sia la regione largamente più attrattiva nel Nordest.
Prendendo in considerazione la distribuzione della presenza mafiosa per settori, il comparto più colpito è l’edilizia. In termini quantitativi, Venezia è la provincia che al 31 dicembre 2015 ha registrato il maggior numero di beni confiscati (60), seguita da Verona (54), Padova (36), Belluno (17), Vicenza (10), Treviso (5) e Rovigo (4).