Libera a Bologna: mafia e corruzione sono facce della stessa medaglia

In duecentomila hanno partecipato alla Giornata del 21 marzo – promossa da Libera e da Avviso pubblico – tenutasi a Bologna e che ha avuto come slogan "La verità illumina la giustizia". Don Ciotti invoca una «scatto in avanti», mentre il presidente Sergio Mattarella si augura una «maturazione delle coscienze». Chiesta la confisca dei beni anche ai corrotti, oltre che ai mafiosi.

Libera a Bologna: mafia e corruzione sono facce della stessa medaglia

Vent’anni di Libera e venti edizioni della Giornata della memoria e dell’impegno in ricordo delle vittime innocenti delle mafie per “una nuova ripartenza” del movimento antimafia, assieme a una forte denuncia della corruzione come retroterra sul quale le mafie proliferano.

Su questo doppio binario si è posta la Giornata del 21 marzo – promossa la Libera e da Avviso pubblico – tenutasi a Bologna e che ha avuto come slogan “La verità illumina la giustizia”. Duecentomila i partecipanti che hanno sfilato dallo Stadio Dall’Ara a piazza VII Agosto.
Fra di loro 600 familiari delle vittime (in rappresentanza del coordinamento che ne rappresenta 15mila), gli amministratori locali accompagnati dai gonfaloni dei comuni, tanti giovani giunti da ogni parte d’Italia, segno di quella molteplicità di realtà che si riconoscono in Libera.
Filo conduttore, la lettura dei 1.050 nomi delle vittime della mafia e del terrorismo: un bollettino di guerra con volti noti (come Piersanti Mattarella, Boris Giuliano, Giorgio Ambrosoli) e altri pressoché sconosciuti. Uno dopo l’altro, però, a rimarcare che tutte le vittime sono uguali, chiedono verità e giustizia.
 
Una maturazione delle coscienze
Lo “scatto in avanti” chiesto dal fondatore e presidente di Libera, don Luigi Ciotti, passa da iniziative legislative ma pure da «una maturazione delle coscienze», come ha scritto il presidente della repubblica, Sergio Mattarella, in un messaggio per l’occasione.
Nel «ribadire con fermezza un no incondizionato nei confronti di ogni forma di criminalità organizzata e di complicità, connivenza o semplice acquiescenza», Mattarella ha ricordato che «lo stato si è dotato di efficaci strumenti per contrastare i fenomeni mafiosi», che vanno però sempre aggiornati.
Allo stesso tempo, però, occorre agire sulle coscienze, perché «solo erodendo alla malavita il terreno in cui essa si muove, rivendicando con forza che una società fondata sulla democrazia e la legalità è giusta e doverosa e possibile, potremo guardare a un futuro libero dalla sopraffazione e dalla paura che le mafie impongono».
 
No a compromessi nella lotta alla corruzione
La lotta alla mafia, oggi, passa dalla lotta alla corruzione, «facce della stessa medaglia», ricorda incessantemente don Ciotti. E allora, no a compromessi e «negoziati sulla corruzione, perché chi non vuole una legge radicale contro la corruzione fa un favore ai mafiosi».
«Certe leggi non riescono a passare, ma quella sulla responsabilità civile dei magistrati è passata subito», ha stigmatizzato il sacerdote, riferendosi al ddl anticorruzione che porta la firma dell’attuale presidente del Senato, Piero Grasso (presente nella piazza bolognese) ed è fermo da oltre due anni in parlamento: «Su corruzione, falso in bilancio, prescrizione – ha aggiunto – ci sono belle proposte, ma troppi stanno nicchiando, avanzando indebiti riguardi ed eccessi di prudenza che suscitano molto sospetto».
Il problema non è nuovo, ricorda don Tonio Dell’Olio, responsabile del settore internazionale di Libera: «già vent’anni fa, con un milione di firme, avevamo proposto in parlamento che potessero essere usati per finalità sociali i beni confiscati ai mafiosi e ai corrotti. Il parlamento approvò una legge che consentisse l’uso sociale dei beni confiscati ai mafiosi, stralciando la parte dei corrotti. È ora di riprendere quella proposta e confiscare i beni dei corrotti: questo sarebbe un vero deterrente e segnerebbe un avanzamento del nostro paese».
 
Verità e giustizia
Allo stesso tempo, le vittime delle mafie chiedono ad alta voce verità e giustizia. Una giustizia troppo spesso negata, se si pensa che nel 70 per cento dei casi i familiari «non conoscono perché i loro cari sono stati uccisi», come ha rimarcato dal palco bolognese Margherita Asta, che nella strage di Pizzolungo, il 2 aprile 1985, perse la mamma e i due fratelli per un attentato diretto al giudice Carlo Palermo.
«Abbiamo camminato con quella parte d’Italia – ha detto – che vuole la verità per chiedere giustizia, una giustizia che racconti perché questo paese si porta dietro un’eredità di sangue».
L’appello, ancora una volta, è alla politica, affinché istituisca per legge il 21 marzo come Giornata della memoria e dell’impegno, legiferi in maniera decisa e tolga i segreti di stato. «Dev’essere consentito un pieno accesso alle fonti – ha chiesto Asta a nome di tutti i parenti – a partire da una desecretazione degli atti pubblici che sia piena e non falsa o parziale».

«Il prezzo della ragione di stato non può essere il bisogno di verità e di giustizia», ha concluso don Ciotti, ribadendo che «la democrazia è incompatibile con il potere imposto ma anche con il potere segreto».
Mafia e corruzione vanno di pari passo nell’ombra e non sopportano la luce della verità e della giustizia.

Copyright Difesa del popolo (Tutti i diritti riservati)
Fonte: Sir