Davanti alle tentazioni. Dice Francesco: “il diavolo è colui che separa, il divisore, mentre Gesù è colui che unisce Dio e uomo, il mediatore”
Nel deserto Gesù va “non per spavalderia o per dimostrare quanto è forte” ma per la “filiale disponibilità verso lo spirito del Padre”

Se il Mercoledì delle Ceneri ci ricorda che tutta la nostra esistenza è come la cenere, polvere che consuma le nostre sicurezze, il nostro orgoglio, il deserto è il luogo del silenzio e della povertà, dove si è privati di tutto e bisognosi di tutto. In questa prima domenica di Quaresima torna l’immagine del deserto e tornano parole, spesso dimenticate, come digiuno, penitenza, sacrificio, silenzio, preghiera. Quaresima “itinerario penitenziale di quaranta giorni che ci chiama alla conversione del cuore e ci conduce alla gioia della Pasqua” scrive Papa Francesco nel testo dell’Angelus consegnato, e non pronunciato, per la quarta domenica, a motivo del suo ricovero al Gemelli: “impegniamoci perché sia un tempo di purificazione e di rinnovamento spirituale, un cammino di crescita nella fede, nella speranza e nella carità”.
Quaresima tempo dell’attesa. Quaranta giorni, cifra simbolica che rimanda alla memoria pagine dell’Antico Testamento: i giorni e le notti che Noè trascorre nell’arca durante il diluvio; il tempo che Mosè passa sul monte Sinai per accogliere la legge e in quel tempo digiuna; gli anni che il popolo di Israele impiega per raggiungere dall’Egitto la terra promessa. Quaranta sono i giorni che Gesù trascorre nel deserto, come racconta Luca nel suo Vangelo.
Domenica dedicata, in questo tempo del Giubileo, al mondo del volontariato. In piazza san Pietro è il cardinale Michael Czerny, Prefetto del Dicastero per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale, a presiedere la messa e leggere l’omelia preparata dal Papa, a commento della pagina evangelica.
Torna l’immagine del deserto, il “luogo del silenzio” scrive Francesco, che “diventa il luogo dell’ascolto” e questo ascolto è messo alla prova dalle tentazioni. Nel deserto Gesù va “non per spavalderia o per dimostrare quanto è forte” ma per la “filiale disponibilità verso lo spirito del Padre”; la nostra tentazione invece “è subìta, il male precede la nostra libertà, la corrompe intimamente”. Il Signore, scrive il Papa nell’omelia, “ci è vicino e si prende cura di noi soprattutto nel luogo della prova e del sospetto, cioè quando alza la voce il tentatore”.
Quindi il vescovo di Roma riflette sul modo, ovvero nella relazione con Dio: “il diavolo è colui che separa, il divisore, mentre Gesù è colui che unisce Dio e uomo, il mediatore. Nella sua perversione, il demonio vuole distruggere questo legame, facendo di Gesù un privilegiato”.
Infine, l’esito: nel deserto “il tentatore viene sconfitto, ma la vittoria di Cristo non è ancora definitiva: lo sarà nella sua Pasqua di morte e risurrezione”. Davanti alla tentazione noi, invece, rischiamo di cadere perché siamo tutti peccatori, ma “Dio ci solleva da ogni caduta con il suo perdono infinitamente grande nell’amore”, seguendo con fede il Signore “da vagabondi diventiamo pellegrini”.
Quindi Francesco ringrazia i volontari perché “servite il prossimo senza servirvi del prossimo”; la vostra dedizione “infonde speranza a tutta la società. Nei deserti della povertà e della solitudine, tanti piccoli gesti di servizio gratuito fanno fiorire germogli di umanità nuova: quel giardino che Dio ha sognato e continua a sognare per tutti noi”.
Anche nel testo dell’Angelus il Papa parla al mondo del volontariato: “nelle nostre società troppo asservite alle logiche del mercato, dove tutto rischia di essere soggetto al criterio dell’interesse e alla ricerca del profitto, il volontariato è profezia e segno di speranza, perché testimonia il primato della gratuità, della solidarietà e del servizio ai più bisognosi”. Ringrazia i medici e gli operatori sanitari che lo hanno in cura: “abbiamo bisogno di questo miracolo della tenerezza” che porta “un po’ di luce nella notte del dolore”.
Infine, prega per la pace in Ucraina, in Palestina, in Israele, nel Libano e nel Myanmar, in Sudan e nella Repubblica Democratica del Congo. Con preoccupazione guarda alla ripresa di violenze in alcune zone della Siria: “auspico che cessino definitivamente, nel pieno rispetto di tutte le componenti etniche e religiose della società, specialmente dei civili”.