Vocazione alla risata. La storia di Thomas Schomllinger, che ha saputo trasformare una crisi vocazionale in un'opportunità

Come clown ospedaliero, Schomollinger avrà la possibilità di stare accanto non solo ai malati – ai quali già ora, in quanto sacerdote, va a trovare per portar loro la comunione – ma di cercare di portare un sorriso ai piccoli malati di cancro

Vocazione alla risata. La storia di Thomas Schomllinger, che ha saputo trasformare una crisi vocazionale in un'opportunità

“Mi piace far ridere la gente. Ridere è salutare e non costa nulla”. 

Thomas Schmollinger ha 61 anni. Sacerdote dal 1995, è parroco dell’unità pastorale di Trossingen – città tedesca di circa 17.500 abitanti, che si trova 120 km a sud di Stoccarda, in Baden-Württemberg. Tra qualche settimana lascerà la comunità che guida da oltre 15 anni per trasferirsi nell’unità pastorale di Neckar-Baar. Da dove era partito, trent’anni fa come vicario parrocchiale e dove tornerà, dal prossimo settembre per “ripartire”, in una veste rinnovata. Potremmo dire decisamente più colorata.

Classe 1964, Schmollinger cresce a Eutingen im Gäu, nella Foresta Nera. È il più giovane di 7 figli. Suo padre lavora per una casa automobilistica e sua mamma gestisce un negozio. Lui faceva il ragazzo di bottega, ma in realtà, una volta terminati gli studi, avrebbe voluto diventare infermiere. Proprio in ragione del negozio di famiglia, sia lui che sua sorella studiano come commercianti all’ingrosso, specializzati nell’export. 

Molti fine settimana li trascorre in parrocchia, dove è coinvolto nell’animazione dei giovani e presta servizio come chierichetto. Il parroco è per lui una figura di riferimento. Ed è proprio osservandolo che decide di avvicinarsi allo studio della teologia. Poco prima di affrontare gli esami di maturità, suo padre muore inaspettatamente. Una perdita, questa, che il giovane Thomas piange a lungo. Studia teologia a Tubinga. “Il celibato è stato il punto critico”, racconterà qualche anno più tardi, in un’intervista. Non riuscendo a comprendere se davvero sarebbe stato in grado di rinunciare ad una famiglia propria, si affida a Dio. Ad accompagnarlo in questo percorso di formazione c’è sempre sua mamma, che benché fosse stata battezzata come protestante, ha sempre avuto un atteggiamento di apertura verso il cattolicesimo e il sacerdozio. 

Thomas Schomllinger viene ordinato sacerdote a Neuhausen auf den Fildern nel 1995. Poco più tardi diventa vicario a Schwenningen e Aalen e, successivamente, è stato incaricato della pastorale giovanile nella diocesi di Rottenburg-Stuttgart. Nel 2008 lascia la Germania e si trasferisce in Uganda, per un anno di servizio pastorale. Al suo ritorno in diocesi gli viene affidato il coordinamento dell’unità pastorale di Trossingen.

Lo scorso anno, alla vigilia del suo 60.mo compleanno, entra in una crisi profonda. 

Le tante incongruenze osservate e vissute fino ad allora all’interno della Chiesa. Il vedere come le donne non vengano trattate al pari degli uomini e l’assistere al crescente fenomeno degli abbandoni – incentivato anche dagli scandali che hanno investito la Chiesa negli ultimi anni – lo spingono a chiedersi se è quello l’ambiente in cui desidera continuare ad essere sacerdote. Lui che ama una Chiesa senza paura, aperta a tutti e dove tutti sono i benvenuti.

A questo momento di forte cristi, Schmollinger reagisce con una risata. Trova nell’umorismo e nella capacità di far nascere una risata in chi hai di fronte la chiave di volta non tanto per cancellare problemi, dubbi o domande, quanto piuttosto per restituirli all’essenziale, spogliandoli di tutte quelle sovrastrutture e quei pregiudizi che non permettono di considerarli nella loro vera natura.

Un anno fa il parroco Schmollinger, che già non era solito vestire la tonaca o indossare il clergymen, decide di indossare i panni colorati del clown. Si iscrive al corso di formazione base della Tamala Clown Accademy di Costanza, la più grande scuola di formazione circense della Germania. A febbraio scorso ha terminato questa prima parte di formazione, nel corso della quale ha imparato le basi della clownerie, diverse tecniche di comicità, slapstick (ossia la comicità elementare che sfrutta il linguaggio del corpo) e improvvisazione, nonché l’uso degli oggetti di scena e le varie tipologie di clown. Nelle prossime settimane inizierà un nuovo corso di formazione – in parte finanziato dalla diocesi di Rottenburg-Stuttgart – che lo preparerà ad essere un clown ospedaliero e sanitario. Il tutto restando sempre sacerdote.

La storia di don Schomollinger ha trovato spazio sui social sul finire dello scorso anno, quando è stato ufficializzato il suo trasferimento nell’unità pastorale di Neckar-Baar e, in questi giorni di carnevale, dove del parroco-clown, con il suo bel naso rosso, ha parlato anche il portale katholisch.de

“Essere un clown ti permette di trovare un approccio diverso con le persone – spiega in un’intervista – e proprio per questo cerco di dar sì che l’umorismo trovi spazio anche all’interno delle celebrazioni”. Non solo in quelle che accompagnano momenti di festa. 

Schmollinger, infatti, cerca di creare momenti di leggerezza anche quando incontra le famiglie colpite da un lutto, per preparare insieme a loro il funerale del defunto. Si fa raccontare dai parenti aneddoti della vita del defunto e poi, con il loro consenso, ne racconta alcuni durante la celebrazione funebre in cimitero. “E se le persone al cimitero riescono a sorridere di questi racconti umoristici e magari ridono insieme, allora accade qualcosa di veramente grande”. Perché anche la più banale delle risate ha un effetto curativo. Allevia le ferite, le riporta alla loro essenzialità. Le rende più leggere.

In quest’ottica nasce l’idea di diventare un clown ospedaliero e sanitario. Un’idea, questa, che Schomollinger culla fin da quando ha visto per la prima volta “Patch Adams”, il film interpretato nel 1998 da Robin Williams, ispirato alla vita di Patch Adams, oggi 79enne, che è stato il primo medico a vestire i panni del clown e a portare la clowneria in corsia. “Se si cura una malattia – questo il suo pensiero – si vince o si perde. Ma se si cura una persona, vi garantisco che si vince, si vince sempre, qualunque sia l’esito della terapia”. “Il film di Patch Adams non mi ha mai abbandonato – racconta Schmollinger – ed è stato la mia ispirazione”.

Nel corso che si appresta ad iniziare si dovrà confrontare direttamente con temi come la malattia e la morte, che certo non vengono associati automaticamente all’attività di un clown. Temi che Schomollinger ha già provato a declinare durante la celebrazione dei funerali. “Se una persona ha riso molto nella sua vita, posso raccontarlo al suo funerale. Un aneddoto sereno, capace di strapparti una risata, aiuta a ricordare la persona con il sorriso”. E questo, per quanto in un primo momento possa sembrare paradossale, ha suscitato diverse reazioni positive.

Ma si sa, ci sono anche le voci contrarie, che spesso preferiscono non uscire chiaramente allo scoperto, ma preferiscono circolare rasentando i muri del quotidiano. “Certo, ci sono voci critiche – spiega Schmollinger – c’è chi mi ha criticato ad esempio quando ho lasciato che i chierichetti gonfiassero dei palloncini durante una celebrazione, o quando intervengo ad una festa di compleanno vestito da clown, con il mio naso rosso” “Ma un clown deve essere provocatorio – aggiunge – lui può fare cose che a un sacerdote non sono permesse, come ad esempio toccare i capelli dei fedeli. Per qualcuno questo è un gesto troppo intimo”.

Come clown ospedaliero, Schomollinger avrà la possibilità di stare accanto non solo ai malati – ai quali già ora, in quanto sacerdote, va a trovare per portar loro la comunione – ma di cercare di portare un sorriso ai piccoli malati di cancro. “I bambini sono spesso più diretti, loro non hanno paura di ridere”. E sono proprio i bambini, ora, i suoi insegnanti. Tra i progetti “insoliti” portati avanti da Schmollinger in questi mesi, ci sono anche le celebrazioni all’asilo, durante le quali usa la sua alba come un ventilatore o la indossa al contrario. Ed è lì che scatta la risata.

“L’umorismo può essere la chiave dell’anima. Insieme a spontaneità ed empatia. E in questo i bambini sono dei maestri. Per questo ho deciso che farò molti incontri negli asili nido, per imparare tanto da loro”.

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Fonte: Sir