Gli Oscar tra cinema e letteratura. Sono moltissimi gli esempi di film tratti da romanzi

La storia raccontata sulla carta non viene immediatamente ripresa, ma riletta ed elaborata

Gli Oscar tra cinema e letteratura. Sono moltissimi gli esempi di film tratti da romanzi

Tra premi Oscar e letteratura esiste un rapporto tanto stretto che non basterebbero le pagine -tutte- di un giornale per rivelarne i particolari e gli aneddoti, anche perché quel legame è fatto di mediazioni: la storia raccontata sulla carta non viene immediatamente ripresa dal regista, ma riletta ed elaborata dallo sceneggiatore, e poi rivista, ritoccata, modificata dalle esigenze del regista.

E non sempre le cose sono andate lisce: basti pensare allo scrittore Giorgio Bassani che ritira la propria firma di co-sceneggiatore dal film “Il giardino dei Finzi-Contini” diretto da Vittorio De Sica perché a suo avviso alcune scene non rispettavano lo spirito del suo romanzo. Eppure quel film nel 1972 vinse l’Oscar per la miglior sceneggiatura non originale, oltre che per il miglior film straniero.

I confini tra cinema e letteratura sono stati sempre piuttosto ondivaghi, nel senso che talvolta la pellicola ha rispettato o quasi il racconto, altre volte se ne è allontanata. Se vogliamo rimanere nell’ambito dell’Oscar al miglior film, troviamo degli esempi in cui la letteratura è la vita stessa degli scrittori: è il caso del 1938 con l’Oscar a “Emilio Zola”, film-biografia diretto da William Dieterle: il grande scrittore francese viene colto in un periodo difficile e tormentato della sua vita, quello dell’amicizia, poi finita, con Paul Cézanne e dell’affare Dreyfus, che vedrà Zola prendere le difese dell’ufficiale ebreo ingiustamente accusato di tradimento.

Anche il “Lawrence d’Arabia” diretto da David Lean, oscar nel 1963, si ispirava a una vita reale, quella di Thomas Edward Lawrence, agente del governo britannico che supportò la rivolta delle tribù arabe contro l’impero ottomano durante la prima guerra mondiale: anche se in questo caso aiutò il regista e lo sceneggiatore la mediazione della sua opera più celebre, “I sette pilastri della saggezza”.

Ma anche Dickens è stato indirettamente riconosciuto come un grande ispiratore, visto che l’Oscar è andato a film presi da suoi romanzi, come “David Copperfield” diretto da George Cukor, premiato nel 1936 e “Oliver!”, ispirato a “Oliver Twist”, (Oscar 1969) con la regia di Carol Reed.

Ma non solo biografie, più o meno ufficiali, e romanzi: gli Oscar hanno riconosciuto l’apporto essenziale del teatro, senza il quale non avremmo avuto neanche il cinema, prima che le due discipline prendessero strade diverse, con Shakespeare a fare la parte del leone: l’Amleto diretto dall’altrettanto grande Lawrence Oliver premiato come miglior film nel 1949, ma anche quello che è considerato uno degli immortali del cinema, il musical “West Side Story”, insignito del massimo premio nel 1962, grazie anche all’indimenticabile colonna sonora di  Leonard Bernstein: Jerome Robbins e Robert Wise si erano ispirati ad un musical creato quattro anni prima e che a sua volta era una rilettura moderna di Romeo e Giulietta. E visto che siamo in ballo, ricordiamo che il film di Zeffirelli ispirato alla tragedia dei due giovani innamorati fu premiato nel 1969 con gli Oscar per la miglior fotografia e per i migliori costumi.

Anche uno dei più grandi scrittori americani del Novecento, Cormac McCarthy, scomparso nel 2023, ha visto un film ispirato da uno dei suoi romanzi, “Non è un paese per vecchi”, diretto dai fratelli Coen, premiato con la statuetta nel 2008, appena tre anni dopo l’uscita del racconto.

Un rapporto strettissimo, si potrebbe dire essenziale, anche perché non si tratta di un processo di imitazione, ma di rielaborazione creativa, che ha portato autentici capolavori filmici a ricevere il riconoscimento più ambìto del cinema mondiale.

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Fonte: Sir