Agroalimentare, una guerra commerciale non fa bene a nessuno. I possibili dazi Usa aumenterebbero le difficoltà per i produttori europei ma anche per i consumatori americani

L’incombere dei dazi, infatti, pone a rischio – stando ad una serie di stime Coldiretti – qualcosa come 7,8 miliardi di esportazioni alimentari

Agroalimentare, una guerra commerciale non fa bene a nessuno. I possibili dazi Usa aumenterebbero le difficoltà per i produttori europei ma anche p...

Danni miliardari ma, soprattutto, incertezza sulle prospettive e quindi sugli investimenti. Gli avvisi prima e poi i fatti che hanno caratterizzato le prime settimane della nuova era Trump, hanno, come c’era da aspettarsi, forti riflessi anche sull’agroalimentare e sull’agricoltura.

Non si tratta, per ora, di conseguenze economiche concrete, ma dell’imprevedibilità dell’orizzonte che aspetta gli agricoltori. Con tutte le difficoltà del caso.

E’ importante però dir subito una cosa chiara: lo scatenarsi di una guerra commerciale a colpi di dazi reciproci, non farebbe bene a nessuno. L’incombere dei dazi, infatti, pone a rischio – stando ad una serie di stime Coldiretti – qualcosa come 7,8 miliardi di esportazioni alimentari e il futuro di quello che viene definito come il mercato “divenuto sempre più strategico per il nostro settore agroalimentare, con l’ulteriore pericolo di alimentare la già fiorente industria del falso”. Ma non si tratta solo di questo. L’imposizione di dazi pari al 25% sugli alimenti italiani (così come su molti altri), farebbe crescere anche i prezzi alimentari a carico dei consumatori americani e costringerebbe, in tempi brevi, gli agricoltori d’oltreoceano a produrre di più. Nella precedente amministrazione Trump, dazi più bassi avevano già provocato danni miliardari anche ai consumatori statunitensi.

Oltre a tutto questo, dal punto di vista dei produttori nostrani, CIA-Agricoltori Italiani attira l’attenzione su un altro aspetto. Il rischio, infatti, sarebbe “ben peggiore rispetto ai dazi del 2019 che ebbero effetto solo per un anno e furono imposti al 10%”. I nuovi dazi, tra l’altro, arriverebbero in un momento in cui “si può parlare un vero e proprio boom di vendite tricolori negli usa per l’agroalimentare italiano”. A preoccupare, tra l’altro, non sono solo gli effetti economici sui prodotti in arrivo negli USA, ma anche lo spazio che nuovi dazi potrebbero creare per l’arrivo di altri prodotti concorrenti favoriti da “tasse all’entrata” minori oppure assenti.

Su tutto, comunque, pesa l’incertezza dell’orizzonte economico che imprese agricole e imprese della trasformazione agroalimentare si trovano di fronte. Incertezza che significa non solo indeterminazione delle vendite, ma anche grande difficoltà per quanto riguarda la programmazione degli investimenti che, tra l’altro, in agricoltura hanno tempi di realizzazione non brevi.

Ma quindi che fare? Confagricoltura precisa: “Dobbiamo ragionare su come fare sistema per rispondere alle politiche commerciali aggressive che vengono rivolte all’Unione europea: nuovi scenari geopolitici, l’aggravio dei costi di produzione, gli effetti dirompenti dei cambiamenti climatici minacciano il nostro comparto. Serve maggior pragmatismo in Europa, al contrario di quanto fatto finora, per tutelare la capacità di reddito delle imprese. È tempo di definire una strategia comune, un fondo unico per ogni Stato membro sarebbe la fine dell’UE”. Detto in altre parole, le organizzazioni agricole e le imprese di tutta la filiera agroalimentare chiedono di fatto una cosa sola: grande attenzione da parte delle istituzioni nazionali ed europee per la difesa di comparti che significano non solo produzione ma anche occupazione per milioni di persone. Diplomazia e coesione, quindi, ma anche capacità negoziale, condivisione degli obiettivi e degli strumenti, capacità di prevedere le mosse “dell’avversario”. Tutte condizioni non facile da avere e da applicare, ma che ormai è obbligatorio raggiungere. In gioco, infatti, non sono soltanto le vendite dei prodotti alimentari tipici dello Stivale, ma molto, molto di più.

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Fonte: Sir