Indagine "Crescere": i ragazzi hanno sete di relazioni per essere felici
A distanza di tre anni dall’inizio della ricerca Crescere i 14enni e i 15enni del campione iniziano a incrinare la propria autostima e le ragazze si rivelano maggiormente esigenti nei confronti di sé e degli altri. E per essere felici le relazioni restano in testa.
Ipertecnologici, sempre connessi dentro la loro realtà aumentata. Le dita vanno da sole sulle tastiere di smartphone o pc fin dai primi anni di vita eppure, per stare bene, i preadolescenti rispondono che ricercano gli abbracci, i sorrisi, il dialogo e le relazioni dirette con gli amici, con mamma e papà, con gli altri in generale.
È questo il dato che sorprende e che emerge dalla terza annualità dello studio longitudinale Crescere, di cui si sta occupando e si occuperà per altri quattro anni la fondazione Zancan, con il contributo di fondazione Cariparo e Ulss 16 di Padova e la collaborazione delle Ulss 15 e 17, la De Leo fund, la fondazione Bortignon e la gran parte dei comuni della provincia di Padova.
Lo studio, il primo in Italia di questo tipo sugli adolescenti, indaga una popolazione di circa 500 ragazzi seguendoli dagli 11 ai 18 anni e osservando periodicamente i cambiamenti che si producono nel loro modo di pensare, agire e relazionarsi con gli altri. Il fisiologico abbandono di una parte del campione, che di solito si registra intorno al 20 per cento, in Crescere non c'è stato, con una fedeltà del 95 per cento degli intervistati. «Grazie alla collaborazione con alcune scuole di Padova e Rovigo - spiega Tiziano Vecchiato, direttore della fondazione Zancan - nel 2016 abbiamo avuto la possibilità di ampliare e differenziare il nostro campione. Attualmente sono in corso le rilevazioni su 600 ragazzi nelle classi prime a Padova al liceo scientifico Fermi, al liceo paritario Maria Ausiliatrice, al centro di formazione professionale Don Bosco e all'istituto Marconi; a Rovigo nelle prime dell'istituto Viola Marchesini e dell’Enaip».
Ritornando ai contenuti dell'indagine, il calo di benessere è motivato da più fattori che mettono in crisi i ragazzi: l'aspetto fisico e l'amore (il 25 per cento non è per niente contento) sono all'apice dell'insoddisfazione. Ribaltando le risposte, in testa alla percezione di benessere, ci sono la salute (quasi la metà), i rapporti con i coetanei (il 47 per cento è molto contento), il modo di trascorrere il tempo libero (42 per cento), i rapporti con la famiglia (41 per cento), il luogo in cui vivono (36 per cento).
«Anche nel corso di quest'anno - spiega Giulia Barbero Vignola, ricercatrice della Zancan - abbiamo somministrato le stesse domande delle annualità precedenti e subito si è notato che tra i 14enni e 15enni il livello di benessere inizia a calare, sebbene acquistino maggiore consapevolezza di sé e dei propri punti di forza, ma pure delle proprie debolezze. La pubertà, il passaggio dalla scuole medie alle superiori li destabilizza non poco, implicando un lavoro significativo sul proprio concetto di sé. Tutti questi aspetti spingono gli adolescenti a rimettersi in discussione, perdendo le certezze precedenti».
Anche tra maschi e femmine aumenta il divario: nei tre anni a confronto sono soprattutto le ragazze che esprimono livelli di benessere decrescenti: più della metà (54 per cento) ha indicato livelli di felicità più bassi rispetto a tre anni fa, soltanto il 10 per cento ha evidenziato punteggi superiori. I coetanei maschi, invece, esprimono ancora stabilità, poiché il 42 per cento conferma esattamente lo stesso punteggio. «Questo dimostra - sottolinea Vecchiato - che le ragazze di 14, 15 anni sono molto più esigenti nei confronti di se stesse e degli altri, l'aspetto fisico inizia a incrinarle emotivamente e le porta a enfatizzare gli aspetti negativi».
Un altro interessante lavoro, "Crescere nella malattia", sempre inerente all'indagine longitudinale, è stato condotto dalla Zancan in collaborazione con la fondazione Città della speranza su un campione di 30 ragazzi (20 femmine e 10 maschi) in cura presso la clinica di oncoematologia pediatrica dell'ospedale di Padova. «Si nota subito il rapporto più stretto e diverso con uno soltanto dei due genitori - racconta Giulia Barbero Vignola - poiché durante la cura possono essere seguiti da uno solo. I giovani pazienti esprimono il forte desiderio di ritornare a scuola, alla normalità della vita quotidiana, al contatto diretto con i coetanei attraverso lo sport e il tempo libero, ma il dato di fondo che sorprende è che coltivano un atteggiamento positivo verso se stessi e ciò che li circonda e, sembra strano, la malattia li aiuta a tirare fuori il meglio di sé».