«Il vento soffia dove vuole»: il vescovo Cipolla ricorda papa Francesco al Santo
«Il vento soffia dove vuole e ne senti la voce, ma non sai da dove viene né dove va. Così è chiunque è nato dallo Spirito». Con questa immagine evangelica, tratta dal Vangelo di Giovanni, il vescovo di Padova Claudio Cipolla ha aperto l’omelia nella celebrazione a una settimana dalla morte di papa Francesco, nella Basilica di Sant'Antonio, lunedì 28 aprile alle 18.

Un'immagine che ben descrive – ha detto il vescovo – il percorso umano e spirituale di Francesco: «Da dove è stato trovato? Dove andrà? Quali saranno i frutti del suo apostolato? Non possiamo delimitarli: sono un dono spirituale che continua nel tempo». Non una riflessione sistematica, ha precisato il vescovo, ma una testimonianza personale di ciò che ha vissuto partecipando ai funerali del papa a Roma, concelebrando in piazza San Pietro a nome di tutta la diocesi, in contemporanea con il Giubileo degli adolescenti.
Tre grandi frutti della sua vita e del suo magistero sono emersi nel cuore di mons. Cipolla. Anzitutto, l'universalità. «Essere lì davanti ai grandi della terra e ai semplici, venuti da ogni angolo del mondo, è stato impressionante. Non era solo la presenza dei potenti a manifestare questa universalità, ma anche il popolo di Dio: uomini, donne, ragazzi, poveri, pellegrini. Francesco ha spinto la Chiesa ad essere veramente nel mondo, con il mondo, per il mondo, senza confini o barriere».
Poi la spiritualità. Non una dimensione teorica, ma un'esperienza palpabile: «In quella piazza si percepiva una grande assemblea raccolta attorno alla fede nel Signore risorto. Non solo nei gesti liturgici, nei canti, nelle parole pronunciate, ma nello sguardo, nelle lacrime, nel silenzio condiviso. La Chiesa appariva come un mistero più grande della somma delle sue membra: era composta anche dai santi, dal cielo, da Dio stesso. Francesco ha saputo mantenere vivo questo legame tra la terra e il cielo».
Infine, l'incarnazione. «La Chiesa non è soltanto mistero, ma è profondamente immersa nelle storie degli uomini. Papa Francesco ha vissuto questa incarnazione nei gesti e nelle parole: nei temi della pace, dei confini, della giustizia, della dignità umana. Ha mostrato che pregare non basta, bisogna anche sporcarsi le mani, come lui stesso ha fatto. Non sempre perfetto, forse anche con qualche errore, ma con la volontà sincera di stare sulle frontiere, di abitare le periferie, di portare la speranza del Vangelo nelle ferite del mondo».
Accanto ai tre frutti ecclesiali, il vescovo ha voluto sottolineare tre tratti personali di papa Francesco.
Il primo è la sua popolarità autentica. «Francesco era di tutti. I piccoli, i poveri, i ragazzi, i senza fissa dimora: tutti si sentivano accolti da lui come fratelli e sorelle. Non si poneva al di sopra, ma accanto. La scelta di affidare ai poveri l'accoglienza nella basilica di Santa Maria Maggiore è stata un segno eloquente di questa familiarità profonda».
Il secondo tratto è la sua fede salda. «Qualcuno ha visto in Francesco un papa troppo attento alla storia concreta. Ma ogni suo gesto, ogni sua parola, erano radicati nella fede, nel Vangelo. Non si accontentava di una devozione superficiale: entrava nella radicalità evangelica, chiamando le cose per nome, senza paura. La sua relazione con il Signore era autentica, vera, umana. Chi lo ha conosciuto da vicino ne parla con commozione».
Il terzo tratto personale è il coraggio. «Papa Francesco ha avuto il coraggio di andare controcorrente, di sfidare attese e schemi. Parlava con franchezza, come gli apostoli negli Atti. Non temeva di toccare i temi più scomodi: i migranti, i carcerati, gli esclusi. Ha saputo sorprenderci, riportandoci sempre alla radice del Vangelo, con la forza che gli veniva dalla sua fede profonda».
«Ecco – ha concluso mons. Cipolla – questi sono i frutti che ho percepito: una Chiesa universale, spirituale e incarnata, e un papa popolare, credente e coraggioso. Ora anche noi siamo chiamati a proseguire su questa strada, a essere testimoni del Vangelo nel nostro tempo, lasciandoci condurre dallo Spirito, come Francesco».
Andrea Canton