Papa Francesco e i giovani. Papa Bergoglio aveva messo i giovani al cuore di una visione di futuro fondata sul dialogo, sull'incontro e sulla responsabilità condivisa

Ne parliamo con Domenico Simeone, professore ordinario di Pedagogia generale e sociale e preside della Facoltà di Scienze della formazione dell’Università Cattolica del Sacro Cuore

Papa Francesco e i giovani. Papa Bergoglio aveva messo i giovani al cuore di una visione di futuro fondata sul dialogo, sull'incontro e sulla respon...

Papa Francesco ha mostrato grande sensibilità nei confronti dei temi educativi, richiamando più volte l’urgenza di un “patto educativo globale” e ponendo i giovani al cuore di una visione di futuro fondata sul dialogo, sull’incontro e sulla responsabilità condivisa. Ne parliamo con Domenico Simeone, professore ordinario di Pedagogia generale e sociale e preside della Facoltà di Scienze della formazione dell’Università Cattolica del Sacro Cuore.

Papa Francesco ha definito i giovani come il “presente” e non solo il futuro della Chiesa. Come dare concretezza a questa affermazione?

Con una bellissima espressione, nell’esortazione apostolica postsinodale Christus vivit, il Santo Padre si è rivolto ai giovani dicendo: “Voi siete l’adesso di Dio”. Nel suo secondo appello a ricostruire un Patto educativo globale (15 ottobre 2020), Papa Francesco ha proposto un’alleanza educativa tra le generazioni finalizzata a “costruire insieme un futuro di giustizia e di pace, una vita degna per ogni persona”. Questo significa, nel presente, guardare ai giovani con fiducia, lasciandosi provocare dalle sensibilità di cui sono portatori, accogliendo il dono di uno sguardo rinnovato sulla realtà, superando quella diffidenza spesso tipica degli adulti.

Nell’esortazione apostolica Christus vivit (2019) Papa Francesco ha scritto che “il Signore chiama anche attraverso i nostri limiti e le nostre debolezze”. Come declinare queste parole?

Riconoscere il proprio limite, accogliere la propria debolezza, sono atteggiamenti che aprono alla relazione con l’altro e alla dimensione trascendente. Questo permette di scoprire la misericordia e con essa la gratitudine per essere amati. È l’atteggiamento opposto di chi pensa di non aver bisogno di nessuno, di chi coltiva narcisisticamente un falso sé modellato sulle aspettative degli altri e chiuso a ogni conoscenza dei propri limiti. Il brano di una famosa canzone del cantautore Leonard Cohen dice: “C’è una crepa in ogni cosa, ed è da lì che entra la luce”. Questa luce può favorire la conoscenza di sé e dell’altro e aprire il cammino alla speranza.

Nei messaggi per la Gmg il Santo Padre ha sollecitato più volte i giovani a diventare “seminatori di speranza”…

Educare alla speranza in un tempo di crisi può sembrare un’impresa impossibile, eppure non si può educare se non attraverso la speranza, guardando con fiducia al futuro. Non uno sciocco ottimismo, bensì un paziente lavoro per lo sviluppo delle potenzialità di ciascun giovane. “Nell’educazione c’è il seme della speranza…”, questo ha affermato Papa Francesco. Un seme che va posto a dimora, va coltivato e fatto crescere perché diventi un albero sotto le cui fronde possa crescere il villaggio dell’educazione.

“Camminare” e non fermarsi, questa l’esortazione di Papa Francesco per essere protagonisti del proprio cammino di crescita…

I giovani di oggi, come moderni argonauti, sono alla ricerca di nuovi approdi che diano senso alla propria vita. Il rischio è che si trovino su una zattera in balìa delle correnti. C’è bisogno di adulti educatori che non impongano loro le proprie rotte, ma che offrano gli strumenti per la navigazione e permettano di coltivare desideri autentici per itinerari di libertà. Adulti che rendano credibile la speranza nel futuro, che sappiano educare al desiderio e a mediare il desiderio con la norma. Don Lorenzo Milani scriveva: “Il maestro deve essere per quanto può profeta, scrutare i ‘segni dei tempi’, indovinare negli occhi dei ragazzi le cose belle che essi vedranno chiare domani e che noi vediamo solo in confuso”.

Nella lettera La password della gioia (2024), il Pontefice utilizza un linguaggio vicino al mondo digitale e ai social media. Qual è, secondo lei, la portata di questo stile comunicativo?

In realtà, il Pontefice usa un linguaggio vicino ai giovani per parlare di un contenuto antico e sempre nuovo: “L’amore di Dio per l’uomo”. La novità non è tanto nell’impiego di termini condivisi nel linguaggio dei giovani, quanto piuttosto nel suo modo di ascoltare e di parlare ai giovani, andando alla radici profonda del messaggio.

Quale eredità lascia Papa Francesco ai giovani ?

Possiamo parlare di una vera e propria “pedagogia di Papa Francesco”. Più volte il Santo Padre ha ricordato la necessità di integrare il linguaggio della mente, del cuore e delle mani, è la congruenza tra queste tre dimensioni che ci permette di dar vita a un’educazione autentica. “Per far crescere un bambino – ha inoltre ricordato – serve un intero villaggio”, che metta al centro la persona, investa le migliori energie con creatività e responsabilità; formi persone disponibili a mettersi al servizio della comunità. Da questo impegno per l’educazione può nascere un nuovo paradigma capace di rispondere alle sfide di oggi e di domani.

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Fonte: Sir