Missione giovani? "Una scorta di provviste per il futuro"
Si è chiusa da un paio di settimane la Missione giovani 2016 del seminario maggiore. Quest'anno, per la prima volta, i trenta giovani sulla via del sacerdozio hanno vissuto questa settimana di grazia, che torna ogni settembre dal 2000, in una unità pastorale, in particolare quella vicentina di Zugliano. Una giovane di lì, Sara Manzardo, racconta alla Difesa com'è andata (nella foto la color run che ha aperto la missione giovani).
Incontro, scoperta, gioia, fratellanza, comunità, preghiera, avventura, testimonianza, amicizia, grazia, ascolto, sonno, festa, energia, respiro, pace, stupore, vocazione... Sono alcune delle molte parole raccolte al termine della Missione giovani, che quest’anno i seminaristi del maggiore di Padova hanno vissuto nell’unità pastorale di Zugliano.
Una settimana ricca di testimonianze di vita e di fede, in cui non sono mancati i momenti di condivisione e dialogo tra i giovani del seminario e i giovani della parrocchia, che si sono incontrati nelle loro case, al bar, in piazza, per crescere nell’amicizia e trovare dei fratelli a cui affidare un pezzetto della propria vita.
In particolar modo questo è avvenuto durante i “cenacoli del martedì”, cene organizzate dai giovani per condividere, insieme al pasto, il racconto del proprio incontro personale con il Signore Gesù. Nicola, un giovane di Zugliano, racconta di aver riscoperto, grazie al cenacolo, «l’importanza dello stare insieme, soprattutto nel momento dei pasti, e del condividere anche con sconosciuti preoccupazioni e stati d’animo sulla propria vita e sul proprio rapporto con Dio». È stata un’occasione, quindi, anche per crescere nella fede, condivisa nella preghiera quotidiana che per Giulio, di Centrale, «sono stati momenti importanti di fraternità e condivisione, durante
e i quali è stato possibile ritrovare la fede e scoprire cose che tenevamo nascoste dentro di noi».
Isabella, una giovane di Grumolo, definisce la Missione giovani con la parola famiglia: «Insieme abbiamo condiviso la stanchezza mattutina, mangiato a colazione e a pranzo condividendo sogni e aspettative, abbiamo parlato in profondità con una familiarità da fratelli».
La Missione giovani, racconta Isabella, forse è paragonabile a un padre e una madre che la mattina, quando sei stanco o annoiato, ti dicono «coraggio, alzati, prendi la tua vita e fanne qualcosa di meraviglioso!».
È il messaggio che i missionari, a due a due, hanno portato nelle case dei ragazzi del paese. È il messaggio che è risuonato durante tutta la settimana. È il messaggio di cui il vescovo Claudio si è fatto tramite durante la veglia conclusiva della missione: come nel racconto evangelico del cieco Bartimeo, ognuno è stato invitato ad alzarsi in piedi per poter essere guarito dalle tante cecità del cuore, a partire dalle relazioni deturpate, dal rapporto interrotto con Dio, dal vivere in modo egoistico la propria sessualità, dalla paura di cercare la propria vocazione. “Coraggio, alzati, ti chiama!”, è l’invito a dare una svolta alla propria vita ricercando l’unica sorgente di luce che sappia aprire gli occhi.
Ciò che resta, però, non è solo l’esperienza entusiasmante della missione. «Mi piacerebbe che le persone l’avessero vissuta come un tempo in cui fare scorta di provviste – è l’augurio di don Alessandro Spiezia, parroco dell’up, alle tre comunità che sono ora invitate a camminare insieme – Quelli della missione sono stati giorni luminosi, di cieli sereni e orizzonti tersi, ma sappiamo che arriveranno anche le nuvole, le notti oscure e le nebbie invernali. Possiamo essere capaci, in quei giorni, di guardarci dentro e attingere a quanto abbiamo immagazzinato in questa settimana. Possiamo sempre essere consapevoli della ricchezza che abbiamo vissuto e saper trovare strade per ritrovarla e modi per attingerla».
Sara Manzardo