Vino, le minacce di Trump preoccupano tutti. Il problema vero è tuttavia l’instabilità della situazione
I coltivatori diretti sottolineano quanto occorra “fermare una pericolosa escalation che sta conducendo a una guerra commerciale globale”

Minacce, commerciali certo, ma sempre minacce. E pesanti, tanto da mettere in allarme nel giro di qualche ora uno dei più importanti comparti agroalimentari nazionali: quello del vino. E’ accaduto qualche giorno fa ed è il segno della tensione che ormai corre nel sistema agroalimentare mondiale (e locale). Una tensione che, per dirla tutta, è solo uno dei risvolti della più generale tensione che sta attraversando il mondo.
A mettere in grande agitazione la vitivinicoltura mondiale e italiana in particolare, è stata la minaccia di Donald Trump, presidente degli Stati Uniti mercato da sempre grande cliente dei produttori alimentari italiani, di imporre sui vini europei dazi pari al 200% come ritorsione contro la decisione dell’Ue di colpire il whisky americano. Un’enormità, una cosa probabilmente mai vista nel commercio agroalimentare internazionale. Un’ipotesi nel più puro stile trumpiano. Che, tuttavia, preoccupa (e giustamente).
Stando alle ultime stime (elaborate da Coldiretti/Filiera Italia), le esportazioni di bottiglie italiane negli Usa nel 2024 hanno raggiunto un valore di 1,94 miliardi. In tempi di crisi economica generalizzata e di difficoltà diffuse, si tratta di un tesoro commerciale che nessuno può permettersi di perdere. Da qui, come ovvio, lo scatenarsi di reazioni. Commenti e ragionamenti che, occorre notarlo, si sforzano di guardare la questione nella sua complessità. “Con i dazi Usa al 200% – annota per esempio l’Unione italiana vini (Uiv) – l’Ue perderebbe circa 4,9 miliardi di euro di export, ovvero il totale delle esportazioni dirette negli Stati Uniti. Ma a perdere sarebbe anche tutta l’industria del wine&food americana, perché per ogni euro di vino d’importazione acquistato se ne generano 4,5 in favore dell’economia statunitense”. Mentre il settore vino di Confcooperative Fedagripesca fa notare come “l’applicazione di dazi americani sul vino e le contromisure della Ue scatenerebbero una vera e propria guerra commerciale con conseguenze negative su entrambe le economie. l’Europa e gli Stati Uniti sono due realtà economiche che hanno sempre avuto solide relazioni commerciali, nel pieno rispetto dei due popoli e delle rispettive culture”.
Rimangono naturalmente lo sconcerto e i timori. Così, di “misura estrema che manderebbe di fatto in sofferenza il nostro vino” parlano Coldiretti e Filiera Italia che intravedono anche il rischio di mandare a gambe all’aria i risultati di un “percorso che negli ultimi venti anni ha visto le vendite negli Stati Uniti quasi triplicate in valore, con un incremento del 162%, tanto da rappresentare circa un quarto delle esportazioni totali di vino italiano”.
Ma quindi che fare? Oltre ad attrezzarsi per affrontare al meglio condizioni che potrebbero essere più avverse di quelle di oggi, tutti i rappresentanti della filiera vitivinicola sperano che la minaccia rimanga tale e che, anzi, si sgonfi. Per questo i coltivatori diretti sottolineano quanto occorra “fermare una pericolosa escalation che sta conducendo a una guerra commerciale globale”. Mentre Confagricoltura aggiunge: “Confidiamo che l’ultima dichiarazione del presidente Trump sia una provocazione. inutile dire che con tariffe di queste (s)proporzioni, i nostri produttori di vino perderebbero il partner commerciale numero uno al mondo”. Una posizione, questa, condivisa anche da Cia-Agricoltori Italiani.
In attesa degli eventi rimane il problema di fondo e più pensante: l’instabilità della situazione che blocca gli investimenti e i piani per il futuro. Una condizione che – occorre ancora una volta ricordarlo – non fa davvero bene a nessuno.