Migranti, Onu e Amnesty: basta sostenere la Guardia costiera libica
Oim e Amnesty international hanno pubblicato due rapporti in cui tra le atre cose puntano il dito sulle conseguenze del sostegno italiano ed europeo alle autorità di Tripoli in materia di contenimento della migrazione
Nel giorno in cui il parlamento italiano torna a votare sul rifinanziamento alla Guardia costiera libica nell'ambito del memorandum d'intesa bilaterale del 2017, l'ong Amnesty international e l'Organizzazione mondiale delle migrazioni (Oim) hanno pubblicato due rapporti che, tra le altre cose, puntano il dito sulle conseguenze del sostegno italiano ed europeo alle autorità di Tripoli in materia di contenimento della migrazione.
Stando ai dati pubblicati oggi dall'Oim, il numero dei migranti deceduto nel tentativo di raggiungere l'Europa nei primi sei mesi del 2021 è di 1.146, il doppio di quelli che hanno perso la vita nello stesso periodo dell'anno scorso, 513. Secondo l'ente delle Nazioni Unite, la rotta più pericolosa è appunto quella del Meditteraneo centrale, che parte da Tunisia e Libia per arrivare principalmente in Italia. Lungo questo percorso, nella prima metà dell'anno in corso, sono morte 741 persone, quasi il 70% del totale.
Il rapporto dell'Oim ha messo inoltre in evidenza che ad aumentare, di circa tre volte, è stato anche il numero di rimpatri in Libia a opera della Guardia costiera locale. Le persone rimandate in Libia nel primo semestre del 2021 sono state 15.300, contro le 5.476 del 2020. L'ente Onu ha definito questa situazione "preoccupante", visto che "i migranti che vengono rimpatriati in Libia sono sottoposti a detenzioni arbitrarie, estorsioni, sparizioni e atti di tortura".
Dello stesso avviso anche Amnesty, che nel documento pubblicato oggi dal titolo "Nessuno verrà a cercarti: i ritorni forzati dal mare ai centri di detenzione della Libia" ha denunciato che "le violazioni dei diritti umani dei migranti e dei rifugiati, in corso da un decennio, sono proseguite incontrastate nel primo semestre del 2021".
L'ong, che si è basata su testimonianze di 53 migranti e rifugiati detenuti in Libia, ha inoltre denunciato che, a già a partire dalla fine del 2020, "la Direzione per il contrasto all'immigrazione illegale (Dcim), un dipartimento del ministero dell'Interno della Libia, ha legittimato le violazioni dei diritti umani, integrando tra le strutture ufficiali due nuovi centri di detenzione dove negli anni scorsi le milizie avevano sottoposto a sparizione forzata centinaia di migranti e rifugiati".
Amnesty ha pertanto lanciato un appello agli Stati europei e all'Italia, affinché venga sospesa "la cooperazione con la Libia in tema di controllo dell'immigrazione e delle frontiere". (DIRE)