Terremoto in Turchia. Mons. Ilgit (Iskenderun): “Due anni dopo, sembra passato solo un istante”

Due anni dopo il terremoto che ha colpito Turchia e Siria, la crisi umanitaria è ancora in atto. “I corpi sono stati sepolti e molte macerie rimosse, ma la ricostruzione non può limitarsi agli edifici”, racconta al Sir mons. Ilgit, amministratore apostolico di Anatolia. “Se non curiamo e manteniamo insieme le pietre rimaste ‘vive’, sarà inutile ricostruire”

Terremoto in Turchia. Mons. Ilgit (Iskenderun): “Due anni dopo, sembra passato solo un istante”

“Sono passati due anni e nel corso di questi due anni i corpi sono stati sepolti. Mancano però all’appello 75 persone di cui 30 sono bambini e almeno 25 stranieri, soprattutto siriani, secondo i dati forniti dal Ministro degli Interni. Le macerie, una buona parte, sono state portate vie, creando grandi isole vuote. Qui a Iskenderun ma soprattutto nella città di Antiochia, la vita quotidiana per forza è ripresa”. Inizia così il racconto di mons. Antuan Ilgit, amministratore apostolico di Anatolia, al quale il sir ha chiesto di ripercorrere questi due anni passati da quel 6 febbraio 2023, quando due violente scosse di terremoto hanno colpito Turchia e Siria, causando migliaia di vittime e lasciando milioni di persone senza casa.

“Sembra che, anziché due anni, – aggiunge subito il vescovo – siano passati soltanto due minuti”.

Secondo i dati diffusi ieri da Caritas Italiana, in Turchia, il terremoto ha causato oltre 50.000 vittime e più di 180.000 sfollati vivono ancora in campi container, con servizi essenziali spesso insufficienti. Si tratta di una crisi umanitaria ancora in atto. Fecero letteralmente il giro del mondo le foto della Cattedrale di Iskenderun distrutta dal terremoto, divenuta “simbolo” delle ferite che il sisma aveva inferto a tutta la popolazione. “La Cattedrale a Iskenderun – racconta padre Antuan Ilgit – sta ancora per terra come tutte le chiese della Città. La Chiesa ortodossa e quelle siriaca cattolica e greco-cattolica sono rimaste in piedi ma sono inagibili. Le difficoltà burocratiche sono tante, il mancato riconoscimento giuridico della Chiesa cattolica rende ancora più difficili le procedure. Tuttavia, la buona volontà c’è e poiché sono l’unico vescovo latino-turco, ho ottime relazioni con l’amministrazione e ci impegniamo”.

Si guarda avanti, ai piccoli risultati raggiunti ma soprattutto si punta a vivere a fianco della popolazione locale, delle pietre “vive” di questa terra. “Abbiamo sistemato l’aula magna dell’Istituto Patristico voluto da mons. Padovese e continuiamo come piccola Chiesa a celebrare la morte e la resurrezione del Signore quotidianamente. Questo ci dà speranza e rinsalda la nostra fede”. Il vescovo parla dei focolarini e delle focolarine che giunti a Iskenderun, “condividono con me la missione di cercare di tenere accesa la fiamma attraverso incontri giovanili, incontri per le donne, gli esercizi spirituali e così via”.

“Se non curiamo e manteniamo insieme le pietre rimaste ‘vive’, sarà inutile ricostruire gli edifici”.

Anche in Turchia, anche in questa regione ferita dal terremoto, è giunto e si vive insieme a tutta la Chiesa universale il Giubileo che Papa Francesco ha voluto dedicare al tema della “speranza”.  “Abbiamo stabilito – fa sapere il vescovo – la chiesetta di Antiochia, tenuta dai cappuccini, come Chiesa giubilare per dire al mondo che manteniamo la speranza. Ho celebrato lì sia il Natale che l’inizio del Giubileo con il piccolo gregge affidato alla mia cura. Viaggio continuamente anche per andare nelle altre città del Vicariato, non colpite dal terremoto ma che hanno ricevuti tanti terremotati che hanno tanti bisogni. Mi impegno a stare vicino al gregge che amo. Solo il Signore non ci abbandona”.

L’elenco delle difficoltà e delle criticità è lungo. Purtroppo, la Caritas Anatolia non funziona ancora a pieno regime. I problemi sono tanti. “Ciò nonostante – confida il vescovo -, mentre ci impegniamo a risolvere le difficoltà, attraverso i fondi del Vicariato, cerchiamo anche di venire incontro alle necessità dei bisognosi fornendo delle borse di studio, aiuti per la cura della salute, per gli affitti, e così via. Qui abbiamo bisogno di progetti micro, mirati ai bisogni reali, soprattutto delle comunità cristiane (già svantaggiate)”. Il pensiero si rivolge a quanti hanno sostenuto, soprattutto in questi due anni, progetti e aiuti. “Siamo grati e ringrazio di vero cuore i nostri benefattori in Italia”, dice il vescovo che raccomanda a chi vuole aiutare, di “esigere che i fondi arrivino davvero ai veri bisognosi”. Poi conclude annunciando di “essere in partenza per Trabzon e Samsun, due comunità al Mar Nero che mi aspettano per la visita pastorale. A Trabzon questa domenica faremo memoria del martirio di don Andrea Santoro. Affido continuamente il Vicariato alle intercessioni della Madonna, di don Andrea, mons. Padovese e quelle di mons. Cirillo Zohrabian, senza mai perdere la speranza”.

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Fonte: Sir