«È una catastrofe», Paese senza elettricità e Internet. Strade e ponti distrutti, difficile coordinare gli aiuti

Una fonte raggiunta dal Sir a Yangon descrive la situazione in Myanmar, a 24 ore dal terribile sisma che venerdì 28 marzo ha devastato il Myanmar. Le linee telefoniche sono disturbate. “Le comunicazioni non funzionano. Siamo senza internet e con pochissima elettricità”. Con il trascorrere delle ore si fa sempre più pesante il bilancio del terremoto, tra conta dei morti e distruzioni. La Giunta militare del Paese ha decretato lo Stato di emergenza in sei regioni del Paese e ha lanciato un inedito appello per gli aiuti internazionali, invitando “qualsiasi Paese, qualsiasi organizzazione”

 «È una catastrofe», Paese senza elettricità e Internet. Strade e ponti distrutti, difficile coordinare gli aiuti

“La situazione è disastrosa”. Chiede di rimanere in anonimato la fonte raggiunta a Yangon dal Sir. Ma è così che descrive la situazione nel Paese a 24 ore dal terribile sisma che venerdì 28 marzo ha devastato il Myanmar, colpendo non solo il Paese ma una vasta area in questa regione asiatica. Le linee telefoniche sono disturbate. La telefonata si interrompe più volte. “Le comunicazioni purtroppo non funzionano. Siamo senza internet e con pochissima elettricità”. Con il trascorrere delle ore si fa sempre più pesante il bilancio del terremoto di magnitudo 7.7. La Giunta militare del Paese asiatico ha reso noto che i morti accertati sono 1.002 e che i feriti sono 2.376. Ma è probabile, anzi ormai più che certo, che il numero delle vittime superi le 10mila man mano che vengono rimosse le macerie di edifici sbriciolati e recuperati i corpi attualmente dati per dispersi. “Ho informazioni ma non riesco ad avere notizie dirette – spiega la fonte – perché i contatti sono difficilmente raggiungibili. Quello che però si sa è che diverse moschee sono collassate mentre dentro c’erano persone in preghiera, visto che il sisma è successo di venerdì”.

Nella capitale del Myanmar, Naypyitaw, in uno degli ospedali si era raggiunto già nella giornata di ieri un numero di feriti superiore ai mille posti letto disponibili. L’aeroporto è stato chiuso dopo che il terremoto ha causato il crollo della torre di controllo del traffico aereo. A Mandalay invece tra crolli e incendi, ci sono persone che potrebbero essere rimaste intrappolate nelle macerie. “Al dramma – racconta la fonte al Sir –, si aggiunge anche il fatto che le strade che collegano le città più colpite del Nord, sono rovinate a causa del sisma e questo sicuramente rende ancora più difficile la macchina degli aiuti umanitari”. Secondo il quotidiano The Global Newlight of Myanmar, il terremoto ha causato il crollo del vecchio ponte di Sagaing. I danni includono anche il crollo del ponte Dotehtawadi sulla Yangon-Mandalay Expressway e di alcune porzioni della Yangon-Mandalay Expressway, causando la chiusura di alcune strade lungo il percorso.

La zona in cui si trova l’epicentro del terremoto, è anche una zona particolarmente “sensibile” con una alta intensità di combattimenti tra i militari della giunta e le forze popolari. Sono 4 anni, infatti che il Myanmar sta vivendo una guerra civile, scatenata dalla presa di potere militare avvenuta il 1° febbraio 2021 e dalla successiva violenta repressione delle proteste anti-colpo di stato. In maniera del tutto eccezionale e per la prima volta, il capo della giunta birmana, Min Aung Hlaing, ha lanciato un ampio appello per gli aiuti internazionali, invitando “qualsiasi Paese, qualsiasi organizzazione”. “Questo da una parte è sicuramente un buon segno – commenta la fonte – ma dall’altro fa anche capire la vastità della catastrofe”. In risposta all’appello di aiuto, tutto il mondo ha reagito. Dalla Russia alla Cina. Anche la Commissione Ue ha deciso di donare 2,5 milioni di euro in aiuti di emergenza iniziali. “Al momento c’è grande confusione”, dice la fonte da Yangon. “La situazione è tale che non sanno da che parte cominciare”. La giunta militare al potere ha decretato lo stato di emergenza in sei regioni. Ma lo stato di emergenza è nazionale. La speranza ora è che che soprattutto nelle aree più colpite dal sisma, si mettano da parte le armi per aiutare la popolazione. “Le persone sono esauste. Lo erano già per i 4 anni di bombardamenti, dando prova di una grande capacità di resistenza e coraggio. Ora non sanno più cosa fare”.

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Fonte: Sir