Cattolici e politica: necessario uscire dalla “zona grigia”
Presentata ieri a Roma la ricerca del Censis su “Il lavoro dello spirito e la responsabilità del pensiero cattolico”

Gli italiani che, dal punto di vista religioso, si definiscono “cattolici” sono il 71,1% della popolazione, più nel dettaglio il 15,3% si definisce cattolico praticante, il 34,9% dichiara di partecipare solo occasionalmente alle attività della Chiesa e il 20,9% si definisce “cattolico non praticante”.
Ancora più alto il numero di coloro che dichiarano che la loro “base culturale” è di ispirazione cattolica: il 79,8% del totale e addirittura il 62.8% dei non credenti. solo il 5,5% degli italiani poi è cresciuto in un ambiente “contrario al cattolicesimo”, mentre il 14,7% ha basi culturali di altro tipo. Il 61,4% si dice d’accordo con l’affermazione che il cattolicesimo è parte integrante dell’identità nazionale, lo pensa anche il 41,4% dei non credenti, mentre il 23,4% si dice in disaccordo. Da qui si evince la presenza di una vera e propria “zona grigia” di persone che si sentono in qualche modo parte della Chiesa senza però farne parte o partecipando attivamente alla vita della stessa.
Questi sono alcuni dei dati che emergono dalla ricerca condotta dal Censis su “Il lavoro dello spirito e la responsabilità del pensiero cattolico”, presentata oggi durante l’incontro “La responsabilità della Speranza e il lavoro dello spirito”, nella basilica di San Giovanni in Laterano a Roma. All’incontro, moderato da Andrea Riccardi, hanno preso parte il cardinale vicario generale di Sua Santità per la diocesi di Roma, Baldassarre Reina, don Fabio Rosini, biblista e docente di Comunicazione e trasmissione della fede alla Pontificia Università della Santa Croce, Massimo Cacciari, filosofo e saggista, Giuseppe De Rita, sociologo e tra i fondatori del Censis, padre Antonio Spadaro, sottosegretario del Dicastero per la Cultura e l’Educazione.
“La ‘zona grigia’ sono volti, storie, ragazzi, padri e madri di famiglia, persone malate”,
ha detto il card. Baldassarre Reina. “Ci sta a cuore prenderci cura dei cristiani che non frequentano le nostre parrocchie così come di quelli che non le frequentano, come Papa Francesco ci ha chiesto sin dalla sua prima esortazione apostolica Evangelii Gaudium. È necessario avere dentro l’esclusiva di Dio dov’è il grigio non avrebbe parte, questo implica innanzitutto la necessità per le Chiesa di uscire da sé stessa contemplando e seguendo Cristo. La non presenza di queste persone custodisce il desiderio di mantenere un riferimento al Vangelo”. In questo senso, ha concluso, la “Chiesa non può e non deve essere autoreferenziale”.
“La responsabilità della scienza consiste nel capire. Più capisce come sono le cose e più comprende come modificare le cose. La fine di una vocazione politica e di una responsabilità politica orientata in modo preciso denuncia una crisi dell’uomo politico a favore dell’uomo tecnico”,
ha spiegato invece Massimo Cacciari. “L’Europa è la terra della scienza e della tecnica. L’uomo politico è tutt’uno con questo, è indisgiungibile nella storia con l’uomo tecnico. Nell’ultimo secolo c’è stata una disgiunzione”. Cacciari ha denunciato una profonda crisi, seguita da un’ideologia che vuole “distruggere l’uomo politico, la comunità. Le comunità, politiche o religiose, erano espressione dell’uomo politico. Occorre una grande politica che reagisca all’eliminazione dell’uomo politico a favore della religione dell’uomo tecnico. I pensanti, cattolici e non, si devono alleare e combattere insieme questa battaglia. Solo così può rinascere la grande politica di cui abbiamo bisogno”. Sulla stessa linea anche don Fabio Rosini, che ha rimarcato la necessità di “scrollarsi di dosso l’oppressione del potere e fomentare nuovamente lo slancio per ritornare i noi stessi. Il futuro richiede radici profonde e la cultura del confort non è compatibile con chi è chiamato per natura e vocazione al sublime”. “Si deve resistere alla tentazione delle sirene. La Chiesa deve essere profetica e, soprattutto nel mondo di oggi, manifestare la vita sublime”.
“Non dobbiamo avere paura di attraversare le rapide della storia”.
Questo il monito di padre Antonio Spadaro. “I cambiamenti del mondo attuale sono molto, forse troppo rapidi. Lo sviluppo è incessante. La rapidità, però, non è velocità. La rapidità rapisce, travolge. In tal senso la Chiesa deve farsi carico di affrontare questa rapidità. Deve essere un faro nelle onde della rapidità, non separarsi dal caos della vita, ma capire i tempi”. “Dobbiamo buttarci dentro ai nostri tempi – l’invito di Spadaro –, avventurarci a largo e guidare la nave nelle avversità attuali. Va bene parlare della saggezza della chiesa ma non dobbiamo dimenticarci dell’istinto, che fondendosi con la memoria genera l’intuito. Solo l’intuito ci fa capire quello che succede e ci dà un’azione contemplativa. Questo devono essere i cattolici: contemplativi nell’azione”. Presente all’incontro anche Giuseppe De Rita, che ha richiamato la necessità di “partecipare alla creazione del soprannaturale, elevando sé stessi e gli altri, partendo dalla soggettività”. “Una soggettività – ha precisato – che non è un elemento soltanto di disgregazione, ma una base per il lavoro dello spirito. Il nostro sé lavora nello spirito, che è l’energia che ci mette in relazione con gli altri”.