Emigrazione. Il viaggio di Acli e Migrantes a New York tra le comunità cattoliche italiane
Si è concluso a New York il viaggio tra le comunità cattoliche italiane promosso da Acli e Fondazione Migrantes e guidate dai rispettivi presidenti, Emiliano Manfredonia e mons. Gian Carlo Perego. È stata l’occasione per presentare, per la prima volta, nella “Grande Mela” il Rapporto Italiani nel mondo, che si avvicina a festeggiare i suoi primi due decenni di storia

La retorica dell’“Italia che emigra” e dell’“Italia che accoglie” è “superata dai fatti”. Ne sono convinti Acli e Fondazione Migrantes, che questa settimana hanno promosso un viaggio alle comunità italiane che vivono a New York. È stata l’occasione per presentare, per la prima volta nella “Grande Mela”, il Rapporto Italiani nel mondo, l’unica pubblicazione in Italia dedicata alla mobilità dei nostri emigrati – oltre 6 milioni con passaporto italiano nel mondo – con una rete di centinaia di studiosi e che si avvicina a festeggiare i suoi primi due decenni di storia. Perché di storia si tratta.
Un’occasione “migrante”, il viaggio in un Paese “che ha visto in oltre un secolo, il ’900, tre stagioni migratorie”. La chiesa di San Patrizio, quella della Santissima Madre del Carmelo, quella dei Martiri – molto cara a don Tonino Bello – sono centri religiosi tra i più frequentati dagli italiani di prima e seconda generazione. La presentazione del Rapporto è stata “la dimostrazione dell’interesse degli italiani di New York alla realtà dell’immigrazione, con al centro quest’anno il tema della cittadinanza”. E la cittadinanza è stato anche il motivo per parlare di un’altra realtà della politica migratoria negli Usa, che vede visioni contrapposte con il rischio di chiusura, della caduta della tutela dei diritti e soprattutto della libertà di movimento, una delle libertà rappresentate dalla Statua della Libertà.
“Abbiamo registrato – sottolinea mons. Gian Carlo Perego – la preoccupazione dei nostri migranti per gli emigrati, soprattutto latinoamericani – oltre 18 milioni – che sono ormai un tassello fondamentale per l’economia del Paese e che rischiano di essere rimpatriati, meglio ‘deportati’, come ha scritto Papa Francesco nella lettera ai vescovi degli Stati Uniti lo scorso 10 febbraio”.
La cultura italiana, che vive anche nei musei di New York, racconta un’identità dinamica, capace di aprirsi all’interculturalità.
Questa migrazione dimostra – spiega il presidente delle Acli, Emiliano Manfredonia – che il “fenomeno migratorio è una costante da sempre.
Incontrare tante comunità cattoliche italiane dimostra che non siamo solo un Paese che accoglie immigrati ma che emigra.
Noi siamo cittadini europei di nazionalità italiana e vogliamo rivendicare la nostra appartenenza a un modello di pace, convivenza e sviluppo sociale che passo passo ha accompagnato le nostre generazioni, compiendo un sogno che sembrava impossibile: far vivere in pace, sviluppo e libertà popolazioni che si sono odiate per secoli. Quello è il modello di cittadinanza che vorremmo per il mondo”.
Dalla prima edizione del Rapporto, gli italiani all’estero – ha detto la curatrice Delfina Licata – sono raddoppiati e in America sono cresciuti di oltre il 70%. Un’America e una New York “profondamente cambiate”.
Oggi “siamo diventati una nazione dalle migrazioni plurime e complesse, pienamente protagonisti del cosmopolitismo e della circolazione europea, ma che soffre per una migrazione malata perché unidirezionale.
Il lavoro da compiere è quello di guarire il processo migratorio, trasformandolo da unidirezionale a circolare, unendo le partenze agli arrivi e ai ritorni. E questo lavoro è innanzitutto culturale”.
La comunità italiana di New York ha “accolto molto bene” questa visita – spiega al Sir don Luigi Portarulo, responsabile della comunità cattolica italiana a New York, che si ritrova a Saint Patrick’s Old Cathedral School, dove si celebra ogni domenica la messa in italiano – “utile per capire le motivazioni dell’emigrazione italiana negli Stati Uniti e in particolare a New York”. La comunità italiana – aggiunge – “ha ringraziato per questa opportunità”, dalla quale è emersa la necessità di “avere la Chiesa come punto di riferimento anche sociale per gli italiani. Ed è quello che stiamo cercando di fare”. Ogni domenica – ci dice – la chiesa è frequentata da famiglie giovani e da italiani arrivati in città da poco.
Don Portarulo auspica che la Chiesa italiana sia “sempre vicina a tutti i migranti e a quelli che decidono di lasciare il Paese”, perché la fede “non ha confini. La fede è stata e rimane sempre un punto di riferimento importante, soprattutto quando si va all’estero, in un Paese o in una città che corrono veloci”.
Negli Stati Uniti vivono oltre 320mila italiani con passaporto, il 5,2% degli oltre 6 milioni di cittadini italiani residenti all’estero.