R.D. Congo. A Goma e Bukavu popolazione affamata e impaurita. Un patto per la pace proposto da cattolici e protestanti
La Conferenza episcopale del Congo (Cenco) e la Chiesa di Cristo del Congo promuovono un “Patto sociale per la pace”. Dopo incontri con leader africani e ribelli dell’M23, chiedono all’Europa di portare la voce congolese al Consiglio di sicurezza Onu

A Goma e Bukavu la situazione è gravissima, sia dal punto di vista umanitario, sia della sicurezza. Nelle due città del Nord e Sud Kivu, nell’est della Repubblica democratica del Congo, occupate dal movimento M23 sostenuto dal Rwanda, la popolazione ha paura, non esce in strada dopo il tramonto e prima dell’alba. In giro ci sono ribelli e migliaia di detenuti fatti uscire dalle carceri. Non c’è più un militare o un poliziotto, nessuno può proteggerli, non sanno a chi chiedere aiuto. Vanno a dormire la sera senza sapere se al mattino saranno ancora vivi. A Bukavu l’esercito governativo è fuggito senza opporre resistenza, abbandonando le armi. Ora quelle armi sono nelle mani di gang di adolescenti che minacciano, saccheggiano e rubano. I ribelli si sono installati pacificamente, dopo la fuga dell’esercito, e hanno preso il posto delle autorità locali. Hanno il fucile facile e mirano dritto alla testa se incontrano qualcuno che non li capisce. Si può essere uccisi in strada di notte solo perché non si parla la lingua degli occupanti e non si sa rispondere. Il giorno dopo, il tragico risveglio con i cadaveri in strada.
Solo a Goma si contano 3.000 morti. Ci sono centinaia di migliaia di sfollati. Non c’è cibo, le persone vagano alla ricerca di qualcosa per sfamare la famiglia, vestiti di abiti stracciati o semi nudi. Sono fuggiti senza nulla dai villaggi incendiati. Ora vivono nei campi per sfollati o presso famiglie che li ospitano. Sono state saccheggiate dai depositi perfino le poche merci delle donne che sopravvivevano grazie al commercio informale, vendendo farina, riso, verdure. La gente è allo stremo, stanca di tanti anni di guerra. Molti hanno problemi psicologici, depressioni. Gli aiuti umanitari sono ridotti all’osso: per consegnarli bisogna chiedere l’autorizzazione. Tra tanta disperazione ci sono piccoli segni di speranza. Come i 10 sacchi di farina e riso per nutrire i più poveri fatti trovare in chiesa, frutto di una colletta. La Croce rossa va nelle parrocchie a chiedere sangue per i feriti degli ospedali – quasi tutti ribelli – per cui accade
il paradosso che il sangue dei congolesi finisce nelle vene degli occupanti, per salvare loro la vita.
Il Patto sociale per la pace delle Chiese cristiane. In questo scenario disperato e disperante la Conferenza episcopale del Congo (Cenco), insieme ai protestanti della Chiesa di Cristo del Congo hanno lanciato a Natale, poi confermato a gennaio dall’assemblea generale, un “Patto sociale per la pace e la convivenza nella Repubblica democratica del Congo e nella regione dei Grandi Laghi” e si stanno attivando a livello di società civile e presso le autorità congolesi e dei Paesi limitrofi. Un patto che prevede prima la riconciliazione interna e poi regionale. C’è anche una parte scientifica con riflessioni di esperti sulla governance e la pace, da sottoporre alle autorità per gestire meglio l’economia e la politica del Paese e fare in modo che le ricchezze della R.D. Congo – soprattutto i minerali – vadano ai congolesi.
Gli incontri con le autorità. Si è già passati agli incontri con le autorità. Hanno incontrato il presidente della R.D. Congo Félix Tshisekedi, che di recente ha partecipato a colloqui di pace a Luanda, in Angola. Nell’ultimo incontro i rappresentanti del Movimento M23 non si sono presentati. “Il presidente ha espresso qualche preoccupazione perché dobbiamo parlare anche con i ribelli – racconta mons. Donatien Nshole, segretario generale della Conferenza episcopale del Congo durante un webinar organizzato da Caritas italiana, Focsiv e Fondazione Missio -. Non è d’accordo perché sono rwandesi e ricevono ordini da rwandesi. Pensa che sia sufficiente parlare con il presidente del Rwanda Paul Kagame. Purtroppo, il nostro governo è convinto che solo la guerra può mettere fine a questa situazione. Credeva in una vittoria militare ma i ribelli hanno dimostrato più forza dei nostri soldati.
Noi vogliamo mettere in rapporto la nostra iniziativa con i colloqui già iniziati a Luanda e Nairobi.
Faremo di tutto per incontrare gli animatori di questi incontri, perché non si può trovare una soluzione regionale se prima i congolesi non si mettono d’accordo tra loro”.
I vescovi hanno incontrato anche i ribelli del Movimento M23. “Ci hanno accolto bene – prosegue monsignor Nshole – ma è stato pericoloso perché siamo andati 15 giorni dopo la caduta di Goma. C’erano armi ovunque. Hanno apprezzato la nostra iniziativa e cercato di giustificare le motivazioni che li hanno spinti a prendere le armi. Noi abbiamo ribadito che la guerra non è mai la soluzione, perché stanno morendo nostri fratelli e sorelle. Speriamo che con la dinamica avviata a Luanda le cose andranno bene”.
Incontri con i presidenti di Rwanda, Kenya, Uganda, Congo Brazzaville e Angola. “Il Rwanda è stato proattivo e ha cercato di parlare con il nostro presidente per iniziare gli incontri con i ribelli”, rivela il segretario generale della Cenco. “Se si inizia come previsto la settimana prossima si potrebbe fermare la guerra e iniziare uno spazio di negoziato a livello nazionale e per la pace nella regione”.
Poi l’Europa e il Consiglio di sicurezza Onu. “Ai politici italiani chiederemo di far capire alla comunità internazionale e al governo congolese l’estrema necessità di questo dialogo nazionale che ci renderà più uniti e capaci di parlare con i vicini”. I rappresentanti delle due Chiese cristiane porteranno la voce della società civile congolese perfino al Consiglio di sicurezza dell’Onu:
“Incontreremo alcuni membri del Consiglio di sicurezza. La prima cosa che chiederemo è una risposta umanitaria perché la situazione è indescrivibile e molto preoccupante. E poi di appoggiare la nostra iniziativa”.
L’invito a rompere il silenzio sulla guerra nell’est della R.D.Congo viene anche da Jean-Léonard Touadi, giornalista e docente universitario esperto di Africa: “Dobbiamo ricordare che non c’è solo Gaza e l’Ucraina e che i conflitti africani riguardano anche noi, i nostri modelli di consumo e come noi ci proiettiamo verso il resto del mondo. Per capire cosa sta avvenendo in Congo non dobbiamo ignorare, la sua storia, la sua geografia, la sua politica e le sue ricchezze”. Touadi ha citato le varie guerre congolesi: la prima nel ‘96-’97, la seconda guerra del Kivu dal 2004 al 2009, la terza nel 2009 fino a Goma e Bukavu dei giorni nostri. “Ora è un territorio sconquassato dalla presenza di centinaia di milizie che si impadroniscono di un pezzo di territorio con attori e interessi stranieri (anche multinazionali come Apple). Le strategie sono regionali e internazionali.