Abbiamo scelto la comunità. A Luserna i Fabris, tra le famiglie che hanno scelto il co-living
All’ingresso del paese si è subito accolti da un cartello, dopo quello di denominazione, con scritto: “Attenzione. Bambini che giocano”. In verità, appena si arriva quassù, togliere il piede dall’acceleratore è quasi un riflesso incondizionato. Proprio come rallentare il passo fino a fermarsi, scendere dall’auto e scegliere di proseguire a piedi.
Siamo a Luserna, un paesino incastonato tra i monti trentini, a 1333 metri di altitudine, a picco sulla valle dell’Astico. Il borgo, perla dell’altopiano dei Cimbri, si affaccia al sole per l’intera giornata. Lusérn in cimbro e Lùsern in tedesco è un’isola linguistica dentro alla quale si racchiudono storia, tradizioni, identità. La lingua cimbra, un antico tedesco medievale, viene ancora parlato dal 95 per cento della popolazione. Tre anni fa, per combattere lo spopolamento della montagna, è stato lanciato un progetto innovativo di co-living, termine inglese che tradotto significa coabitazione collaborativa. “Vieni a vivere a Luserna” era il titolo del bando di concorso. A risultare vincitrici quattro famiglie, originare di Ferrara, Verona, Valdastico e Abano Terme, composte da otto adulti e nove bambini. Tra le famiglie giunte a Luserna anche una padovana: Stefano Fabris, 39 anni, e la moglie Silvia di 38, con i loro tre figli Cecilia di 10, Alma di 8 ed Elia di 6. «Del bando abbiamo saputo per caso – racconta Stefano – In quel preciso momento non stavamo cercando casa altrove e tanto meno in montagna, non potevamo permettercelo. Abano Terme, dove abbiamo abitato fin prima di arrivare a Luserna, è una bella cittadina dotata di tutti i servizi, a ridosso dei Colli Euganei e vicina alla città e dove si sta bene. Eppure, appena abbiamo visto il bando, che sarebbe scaduto di lì a un paio di giorni, Silvia e io ci siamo guardati e non ci abbiamo pensato un attimo a concorrere all’assegnazione di una casa in un paesino che ora è diventato il nostro. È stato quasi naturale; in fondo era una scelta già condivisa. Volevamo trasferirci in montagna da tempo, ma la difficoltà di trovare una casa in affitto ci aveva sempre frenati. Quando siamo saliti la prima volta a Luserna abbiamo capito che era il paese che faceva per noi. Da qui, riesco comunque a fare il mio lavoro, spostandomi a Padova solo due giorni alla settimana. Silvia e io siamo stati colpiti dall’accoglienza della comunità e dall’aiuto della gente. I bambini giocano in piazza liberi, senza pericoli». Stefano non è nuovo a scelte coraggiose: qualche anno fa aveva lasciato un posto fisso, ben retribuito, con possibilità di carriera per far diventare un mestiere la sua grande passione per la fotografia. Stefano e Silvia, anche a livello lavorativo, si sono integrati nella comunità. «Ho la fortuna di poter svolgere gran parte del mio lavoro al computer, mi sposto per reportage o servizi, ma ormai ci si muove con estrema facilità. Uno dei motivi che ci hanno spinto a una scelta così controcorrente è legato anche ai ritmi differenti, alla possibilità di vivere la natura appieno. L’altra esperienza importante è quella delle relazioni, all’interno di un paese in cui ci si conosce tutti, e, poi, tra famiglie: con quelle che fanno parte del progetto e con quelle della comunità». Cecilia, Alma ed Elia adorano giocare nel parchetto giochi davanti al Kamou vo Lusérn, il municipio, e nei prati circostanti. «I primi a essere felici sono proprio loro – prosegue Stefano – Vanno a scuola in autobus e il grande vantaggio è che possono farlo da soli, in piena autonomia. In una città sarebbe impossibile almeno finché sono così piccoli». Le famiglie, tra cui i Fabris, sono andate ad abitare nei quattro appartamenti di proprietà dell’Itea (l’Istituto Trentino per l’edilizia abitativa), messi a disposizione nel paese. Il progetto che vede coinvolte la Magnifica comunità degli Altipiani cimbri, il Comune di Luserna, la Provincia autonoma di Trento con l’Agenzia per la famiglia, la natalità e le politiche giovanili, ha assegnato alle giovani famiglie un alloggio in comodato gratuito per quattro anni. In cambio i nuovi residenti si impegnano a «creare comunità», presentando e avviando attività di volontariato in Paese.
Gli obiettivi del progetto di “Co-living:collaborare, condividere, abitare” sono: favorire il ripopolamento del territorio, sostenere l’autonomia dei giovani, utilizzare la forma del co-living quale strumento strategico per la valorizzazione del patrimonio immobiliare pubblico, rinsaldare e dare vita a nuove reti sociali che condividono l’idea di un welfare generativo mettendo al centro politiche giovanili, abitative, sociali e lavorative, che insieme concorrono alla costruzione di patti fiduciari tra nuove generazioni e abitanti dei territori. «Ripopolare significa abitare e, allo stesso tempo, condividere. Non coppie qualsiasi, dunque, quelle selezionate attraverso il bando, ma famiglie disposte a fare comunità insieme con noi. Una sorta di esperimento sociale in cui una comunità in difficoltà chiede aiuto a famiglie disposte a far parte di essa, offrendo loro la casa – spiega il vicesindaco, Luigi Nicolussi Castellan – Alla scadenza del bando erano pervenute 38 domande da ogni parte d’Italia, perfino dalla Germania e dal Brasile. Dopo Luserna il progetto di coabitazione collaborativa è stato lanciato anche a Canal San Bovo e potrebbero esserne avviati altri. Qui a Luserna si vive bene, non manca nulla. Purtroppo lo spopolamento è un dato di fatto. Un secolo fa gli abitanti erano 1.200, un anno fa 270, oggi 264, tra cui molti anziani. Siamo un paese di montagna che ce la sta mettendo tutta per rinascere. È solo l’inizio». Soddisfatti anche i residenti: l’85 per cento apprezza il co-living. I co-livers hanno partecipato a eventi e aiutato nell’organizzazione, inserendosi nelle associazioni locali. Le famiglie hanno partecipato ai corsi di cultura e lingua cimbra e, grazie all’inserimento dei nove bambini, il nido non è stato chiuso. Alla scadenza del bando potranno decidere di tornare nella loro abitazione o decidere di rimanere, di comprare quella che già considerano la casa del loro futuro. L’Istituto trentino edilizia abitativa (Itea) applicherà un canone comunque moderato anche dopo i quattro anni previsti dal progetto. «Rifarei mille volte questa scelta. Tra dieci anni mi immagino a Luserna e in nessun altro posto al mondo» conclude Stefano Fabris.
Nel 13° secolo arrivarono i primi coloni germanici
Terra di confine già nel Medioevo, gli altipiani tra i fiumi Brenta e Adige vide arrivare intorno al 13° secolo, probabilmente su iniziativa di Federico Vanga, principe vescovo di Trento, gruppi di coloni dall’area germanica. Questi diedero vita dapprima a piccole comunità rurali dedite alla pastorizia e allo sfruttamento del legname, e poi a veri e propri villaggi.
A Luserna
«Vivere a Luserna – spiega il sindaco Luca Nicolussi Paolaz nel video che promuove il progetto – significa rafforzare la sua comunità e rafforzare in particolare il servizio educativo linguistico “Khlummane lustege tritt” (rivolto ai bambini da zero a sei anni), nel quale da anni ormai sperimentiamo un modello che ci garantisce la trasmittanza intergenerazionale dell’idioma di minoranza, che è patrimonio dell’intero Trentino».