L’uomo e la terra. Pieni di conoscenza... ma ci comportiamo da stupidi
Nella società del “se”, del “ma” e “sì, ma però…”, abbiamo la certezza di sapere molte più cose di quante se ne sapessero qualche decennio fa. Per questo vien troppo facile dire che siamo una società tecnologicamente abilis – mai nella storia, l’umanità ha avuto mezzi tanto potenti ed efficaci – ma continuiamo testardamente a rifiutare di compiere scelte responsabili e sapienti.
Nella società del “se”, del “ma” e “sì, ma però…”, abbiamo la certezza di sapere molte più cose di quante se ne sapessero qualche decennio fa.
Più cultura, più informazione, più conoscenza, ma anche più assuefazione e indifferenza.
Se da una parte abbiamo la convinzione (ma non la condizione) di “sapere” , dall’altra abbiamo (o dovremmo avere) maggiore responsabilità su ciò che facciamo. Il solito discorso di “causa effetto”, con l’aggravante che oggi si conoscono meglio le cause e gli effetti.
Quella che potremmo chiamare “responsabilità individuale e sociale”, si mostra pragmaticamente una “responsabilizzazione liquida” alla Bauman. Sappiamo di (non) sapere, ma ripudiamo la conoscenza che è la base stessa della “sapienza”.
Per questo vien troppo facile dire che siamo una società tecnologicamente abilis – mai nella storia, l’umanità ha avuto mezzi tanto potenti ed efficaci – ma ci asteniamo dalle scelte responsabili e sapienti. Anzi, il motore della storia ci sta dimostrando che siamo sulla soglia dell’estinzione.
I biologi parlano di “sesta grande estinzione di massa”, con una grossa incidenza sui comportamenti umani.
Se alle questioni naturali sommassimo le esigenze di un’economia impazzita, l’algoritmo allora porterebbe a una evidente “responsabilità”. È quindi paradossale avere più conoscenza, dissociandosi dalla responsabilità individuale e sociale, e qui torniamo a capo del discorso.
E la realtà è ben peggio di quanto possiamo immaginare. Ce lo dicono i “consumi” stessi.
Sappiamo ad esempio che percorrere in auto la distanza media annua di 15 mila chilometri produce emissioni fra il 3 e 20 per cento dello stile di vita.
Un rotolo di carta igienica (modello americano) incide lo 0,75 per cento.
Lavare i piatti (lavastoviglie 2 volte la settimana) equivale a un tragitto di 177 chilometri in auto.
Produrre 1 chilo di carote equivale a un tragitto di 3 chilometri in treno.
Avere tra le mani ogni giorno un quotidiano per un anno, equivale a una emissione di CO2 pari a un viaggio aereo da Londra a Madrid.
Un’ora di televisione a schermo piatto per 365 giorni è pari a un tragitto di 73 chilometri in auto a benzina.
Lasciar bollire un litro d’acqua produce 115 grammi di CO2.
Una casa a due piani standard, produce 80 tonnellate di anidride carbonica.
Un incendio boschivo (uno dei tanti che abbiamo avuto quest’anno) ha una impronta ecologica paragonabile a quella di 5 milioni di persone.
Per produrre un computer portatile servono 200 chili di CO2. Usarlo solo un’ora produce 12 grammi di CO2 cui vanno aggiunti 50 grammi per l’uso dei server e reti.
Per finire, una bistecca da 120 grammi significa produrre emissioni per 700 chili di CO2 pari a 1.600 chilometri percorsi in auto.
Tutto questo dovrebbe poi venire esteso a tutte le nostre attività quotidiane.
Fatto ciò, “responsabilità e conoscenza” non dovrebbero più diventare accessori della nostra esistenza.
Ci stiamo mangiando, bruciando, delapidando l’intero pianeta. Lo sanno tutti, ma cosa facciamo? Poco. Troppo poco per aver fiducia nella sopravvivenza.