Terra terra… Il prossimo Natale, per regalo, chiediamo un po’ d’aria buona
“Polvere siamo e polvere torniamo”. Ricordate: “cenere siamo e torniamo”. Inquinanti insomma, stando agli ultimi divieti: dalle auto fino alle stufe a legna o pellet. La guerra è scoppiata ai primi di dicembre, quando le colonnine di rilevamento sembravano essersi bloccate sui livelli di polveri sottili anche trenta volte superiori ai limiti europei. Un effetto domino da paura, con città assediate dallo smog una dopo l’altra, e primati che hanno portato la pianura padana ai vertici europei delle aree più inquinate.
Così, se da una parte eravamo intenti a scambiarci gli auguri di buon Natale e anno nuovo, dall’altra sentivamo il fiato sul collo di chi giorno dopo giorno parlava di smog ad oltranza.
Due-tre anni fa. Un anno fa. Ora, a scrivere la stessa cosa, con un distinguo: oggi tutti ne parlano perché la situazione è seria e grave.
Ogni anno sempre peggio, ma con il medesimo rimpallo di responsabilità. Medesimi (inutili) rimedi tampone. Medesime facce politiche che recitano esorcismi contro lo smog.
Tutto uguale a sempre, con la realtà che sembra ormai fuori controllo: 70 mila decessi l’anno per cause ambientali.
È sufficiente chiedere a un medico qualsiasi, per sentirsi rispondere che sono in forte aumento le malattie respiratorie. Taluni tumori.
Il bene comune chiamato “salute” è minato e noi ci respiriamo le nostre patologie.
Basti dire che Padova e Vicenza sono tra le città più inquinate del Vecchio Continente, con sforamenti anche di mesi dai parametri di sicurezza internazionali. Così se i dati dello “smog” sembrano ridursi stando alle emissioni delle auto negli ultimi cinque anni, a innalzare e annullare i pochi effetti benefici nell’aria sembrano ora concorrere camini e stufe domestiche.
Così il caos regna sovrano, con il cittadino disorientato che in attesa di s-chiarimenti (soprattutto meteo), stenta a prendere decisioni per contribuire a migliorare la situazione. La mitologica Befana stessa quest’anno ha dovuto in molti casi rinunciare al suo falò, per via dell’inquinamento: chissà cosa penserà di noi, lei abituata a muoversi su una scopa di saggina?
Le targhe alterne in città durante le festività, sono entrate di diritto nel novero delle “favole metropolitane”.
Noi che siamo quelli delle “domeniche ecologiche” utili solo a metterci l’anima in pace. Il tempo però ci sta remato contro. È mancato solo che facessimo la “danza della pioggia” per farci respirare meglio.
Un cielo che non è mai stato così nebbioso o sereno e caldo come in questo strano inverno. Alla fine un po’ di pioggia e ricambio d’aria è arrivato, ma l’indomani siamo tornati a respirare quello che produciamo.
Il ciclo dell’aria è come quello della catena alimentare: tutto ci finisce dentro.
Solo che qui è molto più “sottile” di un pezzo di carne o una verza. «Che il cielo ci aiuti», verrebbe da pensare, solo che intanto i segnali che si vedono in terra non sono incoraggianti.
A partire dai quei minuti in cui lasciamo il motore acceso perché vogliamo trovare tiepida la macchina, o entriamo dal tabaccaio o supermercato (l’ho visto di persona) dicendoci: «Facciamo presto!».
Se sommati, sono anche quei minuti di spreco che pesano sulla nostra salute. Ma, evidentemente, molti continuano a ignorare che un grado in meno in casa (e un maglione in più), così come spegnere il motore quando non si è in macchina, è un gesto d’intelligenza oltre che di sensibilità.
Se così non fosse, l’anno prossimo a Natale, chiediamo che ci regalino una bomboletta d’aria fresca. Se non c’è neppure più il pane buono di un tempo, l’aria che tira è davvero pessima.