Padova verso il voto. Matteo Mascia: «Sulla sostenibilità ci giochiamo il futuro. Del mondo»
«Quello della sostenibilità non è un tema a se stante, ma collegato con lo sviluppo economico e lo sviluppo sociale ed è la sfida della futura amministrazione comunale di Padova» dice Matteo Mascia, coordinatore del progetto “Etica e Politiche ambientali” della Fondazione Lanza, che su questo tema riflette da molti anni. Ma cosa dovremmo aspettarci dalla prossima amministrazione?
La sostenibilità è la principale sfida del nostro futuro
O riusciamo a dare una sterzata ai consumi – tutti, da quelli materiali a quelli morali – oppure siamo persi. La vera sfida della prossima amministrazione patavina secondo Matteo Mascia, coordinatore del progetto “Etica e politiche ambientali” della fondazione Lanza, si gioca proprio su questo tema. Un tema sensibile, legato allo sviluppo e alla gestione delle risorse del pianeta, ai diritti e doveri dell’umanità e che non interessa solo l’agire dell’amministrazione pubblica, ma l’intero sistema del nostro vivere quotidiano.
Padova è una città sostenibile?
«Padova è una città concretamente impegnata nella promozione di politiche sostenibili. Una dozzina di anni fa l’amministrazione comunale ha fatto la scelta di operare in modo strutturato sul proprio patrimonio edilizio, intervenendo in particolare sugli edifici scolastici e sugli impianti sportivi. L’azione è stata indirizzata principalmente allo sviluppo delle energie rinnovabili, fotovoltaico e solare termico, e alla metanizzazione delle caldaie, scelte che hanno permesso di agire nella direzione della sostenibilità in un periodo in cui la scarsità di risorse ha condizionato l’azione di tutti gli enti locali».
«Manca però una strategia di cui il comune si faccia promotore: ci sono piuttosto “pezzi di comune” che da anni hanno assunto le problematiche della sostenibilità come linee guida».
La mobilità può essere considerata un elemento critico?
«Purtroppo sulla mobilità negli ultimi anni si sono fatti passi indietro: rinunciare al tram è una scelta che ha comportato un cambio di rotta non solo rispetto alle amministrazioni precedenti, ma anche rispetto alle politiche europee e alle grandi politiche globali sulla sostenibilità: non possiamo pensare di ripristinare la mobilità privata.
Rispetto alla mobilità negli ultimi anni c’è stata scarsa visione: stiamo aspettando i bus elettrici, le biciclette sono state escluse e poi riammesse nelle piazze centrali, la ztl è stata modificata, ma il “fagiolo” alla Stanga funziona.
Il problema è che se non abbiamo mezzi pubblici efficienti l’automobile resta l’unico mezzo di trasporto: ci sono allora scelte da potenziare, come le piste ciclabili e il bike sharing in tutti i quartieri. Se le previsioni sulle condizioni ambientali sono reali, non ci potremo più spostare in macchina perché anche se noi fossimo fermi, stanno crescendo Brasile, Cina, India, Sudafrica con tutti gli effetti che questo comporta».
«Le risposte sono mobilità e trasporto pubblico e solo su questo possiamo puntare. Il car sharing non funziona? Se ci sono dieci automobili nel centro storico, non può funzionare: il servizio va aperto ai quartieri e pensato oltre i confini della città. Certo, serve un investimento iniziale importante. Ma ci siamo mai chiesti qual è il costo sanitario, ambientale, sociale dell’uso della mobilità privata che facciamo da 50 anni?».
E per quanto riguarda l’urbanistica?
«Lo sviluppo della sostenibilità in questa città non passa per l’urbanistica perché da sempre si è continuato a costruire. Ci sono stati ragionamenti e azioni sulla mobilità, sull’energia, sul verde e i parchi, ma l’urbanistica a Padova è indietro. Non c’è strategia.
Lo stesso Pat lo conferma: se prevedi un aumento di popolazione e di cubature stai consumando suolo; si dovrebbe abbattere e ricostruire, e sarebbe anche un volano economico. Il comune deve svolgere un ruolo guida, oppure valuta i progetti dei privati man mano che vengono presentati?
Certo questo è corretto dal punto di vista normativo, ma in realtà così ti limiti a “dirigere il traffico”, mentre a noi serve una linea di indirizzo, un’amministrazione che governi i processi. La sostenibilità è sempre stata gestita dall’assessore all’ambiente ma in questo modo l’azione del sindaco e un maggior coordinamento tra assessorati sono un po’ venuti a mancare».
Perché tutto rimane asfittico?
«Perché c’è tanta frammentazione tra centri di potere e c’è poca comunicazione tra di loro. Questo si traduce in scarsa capacità di trovare risorse, in scarsità di competenze. Università e comune quanto lavorano insieme? A Padova ci sono 60 mila studenti che sono pezzi estranei alla città: si potrebbe fare meglio? E la città in termini di servizio per gli studenti cosa fa? Abbiamo due istituzioni che si parlano poco e non sono disposte a pensare un’idea comune, manca una visione e invece si dovrebbero immaginare anche idee visionarie».
Un esempio?
«L’Università ha la possibilità di rigenerare la caserma Piave in riviera San Benedetto ed esiste una realtà unica e preziosa come il Centro diritti umani: perché non valorizzarlo e usare l’ex caserma per farne un polo d’eccellenza? Il limite che ha la politica ce l’hanno anche l’università e la classe imprenditoriale: pensano ancora che il mondo sia quello del secolo scorso. Non riescono a pensare il rilancio dell’attività imprenditoriale in termini nuovi, di prodotto, di economia circolare.
Sono stati intrapresi percorsi di sostenibilità in maniera settoriale e senza una visione complessiva, senza la cultura della sostenibilità nell’amministrazione e nell’impresa. Ne parliamo tanto, ma non viene ancora tradotta in azione.
Eppure un diverso rapporto con l’ambiente è un volano per migliorare le politiche sociali, per risolvere problemi. Papa Francesco parla della cultura dello scarto: mettiamo mano agli “scarti urbani”, alle aree che potrebbero essere rivitalizzate per offrire qualità sociale, lavoro, benessere».
Cosa serve quindi a Padova per essere sostenibile?
«Ci vorrebbe un progetto che abbia la capacità di rompere degli schemi. Serve una visione che vada oltre il provinciale. Padova non ha senso senza la città metropolitana, bisogna elaborare una visione di ambiente in area vasta: abbiamo costruito in modo disorganico, abbiamo tanti pezzi di campagna che con un lavoro di ricucitura, di significati, potrebbero diventare opportunità.
Il tram doveva arrivare a Cadoneghe: con 3 chilometri di rotaia in più e un grande parcheggio scambiatore, avremmo risolto un sacco di problemi e lo stesso vale a sud. Inoltre, manca una cultura del cittadino sulla sostenibilità: è il padovano per primo che vuole arrivare in centro in macchina, che vuole costruire la casa per il figlio in giardino. E quando gli interessi personali prevalgono su quelli generale, la politica rischia di seguire queste pulsioni perché chi amministra vuole essere rieletto.
La politica non viene da Marte, ma è un modo nostro di rapportarci con le persone: ci vogliono regole etiche. Molte cose sono state fatte sul fronte educativo, ma dobbiamo lavorare di più su questo versante».
Perché è centrale questo tema?
«Va compreso da tutti che quello della sostenibilità non è un tema a se stante, ma collegato con lo sviluppo economico e lo sviluppo sociale. Anche i “Cantieri di carità e giustizia” promossi dalla diocesi dovrebbero assumere il tema della sostenibilità.
Ci sono aree verdi non utilizzate che potrebbero essere messe a disposizione dei giovani attraverso la banca della terra, offrendo opportunità di lavoro attraverso la valorizzazione di spazi attualmente non utilizzati e ridando significato a un’area.
La sostenibilità rappresenta una leva formidabile e invece a Padova ci fermiamo all’economia circolare percepita solo come economia dei rifiuti, ma non è questo.
Abbiamo tante esperienze in molte imprese del territorio, ma non c’è collegamento tra loro, né una valorizzazione di quello che producono e rappresentano: l’amministrazione con la Camera di commercio potrebbe impegnarsi per aiutare e rilanciare queste esperienze. La sostenibilità a Padova si presenta come una partita giocata quasi esclusivamente nel pubblico locale e nei prossimi anni si vedrà se il comune avrà davvero la volontà politica di attuare percorsi integrati di riqualificazione urbana.
Perché la sostenibilità ha bisogno di una visione e la politica, per il ruolo che ha, deve saper dire: “questa è la strada che dobbiamo percorrere”.
Non tanto per necessità ma per scelta, perché i processi di cambiamento si devono governare vedendoli prima e affrontandoli con scelte condivise, attraverso la partecipazione. E questo non solo a Padova».