Incontro parenti ostaggi israeliani con Papa Francesco. Appello al mondo: “Liberateli il prima possibile. Ora!”
Dopo l’incontro questa mattina con Papa Francesco, la piccola delegazione dei familiari degli ostaggi israeliani detenuti a Gaza, hanno parlato alla stampa. Si sono presentati portando nelle loro mani le foto dei loro figli, nipoti, sorelle, che si trovano ancora nelle mani di Hamas. Al Papa hanno espresso la loro preoccupazione ma soprattutto l’appello affinché siano “liberati, il prima possibile. Ora”
20 minuti a colloquio con Papa Francesco. Sono stati ricevuti questa mattina prima dell’udienza generale 12 familiari degli ostaggi israeliani rapiti sabato 7 ottobre durante l’attacco terroristico di Hamas e tuttora tenuti prigionieri a Gaza. Sebbene alcuni avrebbero voluto avere più tempo, 7/8 di loro hanno potuto prendere la parola e raccontare al Papa le loro storie. Incontrando subito dopo i giornalisti al Centro “Il Pitigliani” di Roma, i familiari esprimono parole di gratitudine. Alexandra Ariev ha tra gli ostaggi di Hamas sua sorella. ”Volevo ringraziare il Papa – dice – per il tempo, anche breve, che ci ha dedicato. Volevo ringraziarlo per averci incontrato e ascoltato”. La piccola delegazione ha portato al Santo Padre la preoccupazione di tutti i familiari delle persone rapite e soprattutto l’appello affinché siano “liberati, il prima possibile. Ora”. “Siamo sicuri – aggiunge Alexandra – che il Papa sta facendo tutto il possibile per aiutare noi e le nostre famiglie”. Prende la parola anche Rachel Goldberg, mamma di un ragazzo di 23 anni preso anche lui in ostaggio. “Il Papa – dice – ha influenza e gode di rispetto anche nel mondo ebraico e in quello musulmano. Quando parla è ascoltato”. “Questa mattina ho sentito il suo amore e il suo supporto e sono sicura che farà il possibile per aiutarci”. Tra i familiari c’è anche chi ritiene che il Papa non abbia chiaramente definito Hamas come “una organizzazione terroristica”. “Non ci può essere nessuna equivalenza – è stato detto – tra Hamas che è un’organizzazione terroristica e sta usando i civili come scudi umani e Israele che sta proteggendo i civili”. Ma c’è chi ha preso la parola per dire di “non essere d’accordo” con la delusione espressa, affermando che l’incontro con il Papa è stato “molto efficace”. “Non tutti abbiamo avuto la possibilità di prendere la parola ma abbiamo potuto raccontare le nostre storie e il Papa ha ascoltato”. C’è chi ha parlato di “compassione”. “Il Papa ha capito il nostro dolore. Ha detto che si sta lavorando per il loro ritorno”.
Le famiglie erano accompagnate dall’ambasciatore di Israele presso la Santa Sede Raphael Schutz, che nel prendere la parola ha voluto anche lui fare una precisazione sulla “distinzione” tra Hamas e Israele. Da una parte – ha detto – “c’è chi sta uccidendo i civili e dall’altra c’è Israele che è impegnato in una guerra di difesa e sta proteggendo i civili”. “Da sabato 7 ottobre – ha detto Schutz ai giornalisti – Israele non è più lo stesso Paese. Siamo di fronte ad una tragedia che si sta svolgendo in termini biblici”. Ora la questione “cruciale” per Israele “è la preoccupazione per il ritorno in sicurezza degli ostaggi che si trovano ancora a Gaza”. L’incontro questa mattina con Papa Francesco è “parte dello sforzo di mantenere la crisi nella coscienza e all’attenzione del mondo e dei media”.
I familiari si sono presentati all’incontro con la stampa portando nelle loro mani le foto dei familiari che sono in ostaggio a Gaza. Volti di giovani donne e uomini, bambini, anche un orsacchiotto. “Le nostre mani non bastano per tenere in mano le foto di tutte le persone prese in ostaggio. Tra loro ci sono anche bambini, neonati”. C’è la storia di un “nipote” di 11 anni che domani avrebbe compiuto gli anni. Fratelli, figli e sorelle che erano andati al Festival della musica quel sabato dell’attacco. Chi invece era a casa. Chi, malato, ha necessità di ricevere cure mediche. “E’ l’unica sorella che ho”, dice Alexandra Ariev. “E’ una ragazza pura, innocente”. Da lei ha ricevuto un messaggio. Le scriveva: “sii felice, prenditi cura di mamma e papà”. “Sappiamo che questo è un tempo cruciale per loro. Ogni minuto, ogni ora che passa può essere quello decisivo. Devono tornare a casa, raccontare cosa hanno vissuto”. Toccante anche la storia di Rachel Goldberg. Tra gli ostaggi, c’è il figlio di 23 anni. Anche lui era la Festival della musica quella sera. Due i messaggi ricevuti da lui. Nel primo diceva: “I love you”. Nel secondo, “I’m sorry”. “Il mio cuore è sepolto a Gaza”, ha la forza di dire oggi Rachel.