RomaFF15: applausi per l’inglese “The Courier” di Dominic Cooke con un Benedict Cumberbatch da premio
Al settimo giorno di proiezioni, mercoledì 21 ottobre, in cartellone troviamo uno dei film tra i più attesi. È “The Courier” (“L’ombra delle spie”) del britannico Dominc Cook, avvincente spy story da una vicenda vera, quella del venditore Greville Wynne, finito al centro di una contesa tra blocco occidentale e sovietico negli anni ’60. Protagonista è un eccellente Benedict Cumberbatch, che ipoteca una nomination ai prossimi Oscar. Secondo film della giornata è il francese “Seize Printemps” (“Spring Blossom”), opera prima della ventenne Suzanne Lindon
Giro di boa alla 15ª Festa del Cinema di Roma. Al settimo giorno di proiezioni, mercoledì 21 ottobre, in cartellone troviamo uno dei film tra i più attesi. È “The Courier” (“L’ombra delle spie”) del britannico Dominc Cook, avvincente spy story da una vicenda vera, quella del venditore Greville Wynne, finito al centro di una contesa tra blocco occidentale e sovietico negli anni ’60. Protagonista è un eccellente Benedict Cumberbatch, che ipoteca una nomination ai prossimi Oscar. Secondo film della giornata è il francese “Seize Printemps” (“Spring Blossom”), opera prima della ventenne Suzanne Lindon. Il punto del giorno con la Commissione nazionale valutazione film Cei e l’agenzia Sir.
“The Courier”
Ha tutte la carte in regola per essere uno dei film protagonisti della stagione dei premi internazionali 2021, tra Golden Globe, Bafta e Oscar. Parliamo di “The Courier” – in Italia è previsto con il titolo “L’ombra delle spie” –, film che rientra nel binario narrativo delle spy story a sfondo storico-bellico, come “Il ponte delle spie” (2015) di Steven Spielberg o “The Imitation Game” (2014) di Morten Tyldum, film quest’ultimo che aveva portato Benedict Cumberbatch vicino all’Oscar come miglior interprete. E possiamo dire che il noto attore britannico, memorabile volto di personaggi come Sherlock Holmes, Alan Turing o Doctor Strange, questa volta è forse pronto a conquistare la statuetta proprio con “The Courier”. Il film si muove sulla storia vera di Greville Wynne, uomo d’affari inglese nella Londra del 1960. Il suo profilo viene ritenuto perfetto dal governo britannico per fare da corriere in un’operazione di alto spionaggio tra Londra e Mosca, operazione che vede in campo da un lato l’intelligence occidentale, tra CIA e MI-6, e dall’altro quella sovietica, il KGB. Greville è chiamato a recuperare i piani missilistici dell’Unione sovietica in piena Guerra fredda, grazie al coraggio di un alto dirigente del Partito comunista, Oleg Penkovsky (Merab Ninidze), che infrange i segreti di Stato avvertendo sempre più la pericolosità della corsa agli armamenti nucleari. Siamo ovviamente a un passo dalla crisi missilistica di Cuba, che di fatto diventa l’evento nodale del film.
Il regista Cooke, al suo secondo lungometraggio dopo “Chesil Beach” (2017), mette a segno un’opera compatta e riuscita, un racconto storico a sfondo bellico puntellato dall’immancabile tocco di British humor. Nella prima parte della narrazione “The Courier” gira come una perfetta storia di spionaggio, con tutti gli elementi propri del genere. Gli inglesi nella messa in scena sono sempre puntuali e raffinati, persino un filo patinati. Procedendo, però, la narrazione entra in un dramma carcerario duro e sofferto, che la performance di Cumberbatch rende particolarmente incisivo e realistico. L’opera però non è solo un “divertissement” di genere, perché mette a tema valori universali come lo spirito di fratellanza e di sacrificio per il prossimo, come pure il coraggio del perdono. Un film, insomma, che coniuga suspense, ironia e commozione, rendendo il racconto al tempo godibile ed educativo. Come afferma Massimo Giraldi, presidente della Commissione nazionale valutazione film Cei: “È una storia talmente limpida da suscitare immediata empatia. Greville è un uomo buono e tranquillo, un inglese esemplare, accanto a lui Oleg, il sovietico che tradisce la Patria con i migliori intenti. Cooke dirige un film dove vittime e carnefici si danno il cambio e dove infine il ‘bene’ trionfa e il ‘male’ soccombe… Ma non è un lieto fine. Per nessuno. Pulito, girato con sapiente dosaggio della suspense, il film si avvale della magnifica interpretazione di Benedict Cumberbatch. Film di ‘genere’ ma di alto livello”. Dal punto di vista pastorale il film è consigliabile, problematico e adatto di certo per dibattiti.
“Seize Printemps”
Ha solo vent’anni Suzanne Lindon, ma ha le idee chiare su cosa vuole fare nella vita. Ha infatti scritto, diretto e interpretato il suo primo film “Seize Printemps” (“Spring Blossom”), finito direttamente nella selezione del Festival di Cannes 2020. Nel suo DNA c’è molto cinema, a cominciare dal padre Vincent Lindon, uno degli attori francesi più intensi e in prima linea nel cinema di impegno civile (“Welcome” del 2009 e “La legge del mercato” 2015). Susanne Lindon, seguendo sì le orme paterne, per ora manifesta un altro orizzonte di interesse. Con “Seize Printemps”, infatti, ci racconta con originalità e delicatezza l’animo di una giovane sedicenne, Suzanne, che conduce una vita serena, ma senza troppi sussulti. Suzanne ha una bella famiglia, vive in un bel quartiere e non ci sono preoccupazioni all’orizzonte. La giovane, però, è annoiata, non si ritrova nelle sue amicizie e in generale nella mentalità dei suoi coetanei. Un giorno conosce Raphael (Arnaud Valois), attore trentenne, e tra i due nasce una tenera amicizia, sul confine del primo amore. Come sottolinea Eliana Ariola, membro della Commissione film Cei: “La giovane regista racconta un amore tra due età diverse che cresce piano piano, con grande delicatezza e rispetto, a metà tra il desiderio e il sogno. Non ci sono sguardi problematici, tensioni negative, ma solo suggestioni fatte di gesti gentili e di piccole scoperte quotidiane. Il racconto si rivela pertanto bello e avvolgente, anche se scivola un po’ troppo bruscamente sul finale. La Lindon ci ricorda che dai sogni ci si sveglia sempre, ma che anche questi aiutano a crescere”. Dal punto di vista pastorale il film è da valutare come consigliabile, problematico e adatto per dibattiti sul rapporto genitori-figli, sul dialogo in famiglia.