In sala il vincitore dei Golden Globe “Emilia Pérez”, in Tv “M. Il figlio del secolo” e “Leopardi”

“Emilia Pérez” del regista francese Jacques Audiard, nella cerimonia dei Golden Globe ha conquistato quattro statuette di peso. Un titolo ambizioso che si posiziona al crocevia di più generi: thriller, noir, musical e dramma esistenziale. Su Sky e Now la serie “M. Il figlio del secolo” del britannico Joe Wright, interpretata con intensità da Luca Marinelli. Dal romanzo Premio Strega di Antonio Scurati, è il racconto in chiave pop e feroce dell’ascesa di Benito Mussolini, dal 1919 al 1925. Infine, in onda con successo su Rai Uno la miniserie “Leopardi. Il poeta dell’infinito” di Sergio Rubini, con Leonardo Maltese, Cristiano Caccamo e Giusy Buscemi.

In sala il vincitore dei Golden Globe “Emilia Pérez”, in Tv “M. Il figlio del secolo” e “Leopardi”

Ai Golden Globe ha battuto il nostro “Vermiglio”. È “Emilia Pérez” del regista francese Jacques Audiard, che nella cerimonia dei premi hollywoodiani, nota anticamera degli Oscar, ha conquistato quattro statuette di peso. L’opera di Audiard è un titolo ambizioso che si posiziona al crocevia di più generi: thriller, noir, musical e dramma esistenziale. Il viaggio di un narcotrafficante messicano nei tornanti del male e della propria fragilità, riscoprendo se stesso nel corpo di una donna; un film sul desiderio di cambiamento, nel tentativo di allontanarsi dai sentieri della malavita. Opera sorprendente per stile, ma sfidante a livello tematico. Su Sky e Now la serie “M. Il figlio del secolo” del britannico Joe Wright, interpretata con intensità da Luca Marinelli. Dal romanzo Premio Strega di Antonio Scurati, è il racconto in chiave pop e feroce dell’ascesa di Benito Mussolini, dal 1919 al 1925. Infine, in onda con successo su Rai Uno la miniserie “Leopardi. Il poeta dell’infinito” di Sergio Rubini, con Leonardo Maltese, Cristiano Caccamo e Giusy Buscemi. Una rilettura della figura e dell’arte del geniale poeta di Recanati con uno sguardo più fresco e attuale, rischiando però qualche sbandamento.

“Emilia Pérez” (09.01, Cinema)
All’82a cerimonia dei Golden Globe a Hollywood correva con 10 candidature, aggiudicandosene poi quattro di peso: miglior film commedia-musicale, film internazionale, attrice non protagonista Zoe Saldana e canzone “El mal”. Parliamo di “Emilia Pérez”, diretto dal geniale regista Jacques Audiard, già incoronato al 77° Festival di Cannes con il Premio della Giuria e il riconoscimento per la miglior interpretazione femminile a tutto il cast.

“Emilia Pérez” è una storia fosca e trascinante, che accosta thriller, mélo e musical,

con le ottime Zoe Saldaña, Karla Sofía Gascón, Selena Gomez e Adriana Paz. Tra i produttori i fratelli Dardenne e Anthony Vaccarello per Saint Laurent.

La storia. Città del Messico, Rita è un’avvocata che fatica a muoversi nei meccanismi della giustizia. Un giorno riceve una proposta da un potente boss del narcotraffico, Manitas: l’uomo chiede il suo aiuto per trovare, in maniera riservata, un chirurgo che lo possa far diventare donna. Cresciuto in un ambiente criminale virile e spietato, con una moglie e due figli, Manitas desidera assecondare il bisogno che avverte da molto tempo. Cambia sesso, costruisce una nuova identità e diventa Emilia Pérez, provando a passare dalla criminalità all’impegno sociale…

Con uno stile visivo incisivo e spiazzante, Audiard – suoi “Il profeta” (2009), “Un sapore di ruggine e ossa” (2012), “Dheepan” (2015, Palma d’oro) e “I fratelli Sisters” (2018) – confeziona un film che parla di donne coraggiose e imperfette, che provano a cambiare corso alla propria esistenza. Un film che abita i territori della malavita e della corruzione morale, muovendosi in un perimetro alla “Gomorra” e “Narcos”, che però prende anche una piega diversa proprio per lo sconfinamento di genere, sia narrativo-stilistico che del personaggio stesso. Manitas si spoglia di sé, prova a liberarsi dei suoi crimini diventando Emilia Pérez, convinto di poter di cambiare.

Ma il passato, soprattutto se non risolto, è sempre pronto a tornare in maniera ingombrante, a tratti irreparabile.

Tematicamente denso, complesso e sfidante, “Emilia Pérez” colpisce per lo stile di regia efficace e per le contaminazioni tra crime e musical, così come per interpreti che offrono una performance maiuscola, Zoe Saldaña in testa. Un’opera che scandaglia i sentieri della disperazione provando a portare qualche bagliore di possibilità; quasi il libretto di un’opera lirica su una partitura tragica. Film complesso, problematico.

“M. Il figlio del secolo” (10.01, Sky-Now)
Ringhia e seduce la serie “M. Il figlio del secolo” firmata dal britannico Joe Wright e scritta da Stefano Bises con Davide Serino e Antonio Scurati, autore dell’omonimo romanzo Premio Strega. Prodotta da una cordata internazionale di cui sono capofila Sky Studios e The Apartment, la serie è stata presentata in anteprima all’81a Mostra del Cinema della Biennale di Venezia e sbarca dal 10 gennaio su Sky e sulla sua piattaforma Now con due episodi a settimana (otto in tutto). Protagonista Luca Marinelli, comprimari Francesco Russo, Barbara Chichiarelli, Lorenzo Zurzolo, Benedetta Cimatti e Paolo Pierobon.

La storia. Nell’Italia al termine della Grande Guerra è tempo di malcontento e moti di ribellione. A gridare il disappunto è il giornalista Benito Mussolini, che polarizza l’attenzione dei reazionari diventandone il portabandiera alla conquista del Parlamento e del Regno. È lo sguardo sull’Italia dall’ascesa del fascismo alla Marcia su Roma, sino all’omicidio di Giacomo Matteotti.

“Ho avuto il privilegio – ha spiegato il regista – di apportare un punto di vista esterno a questa storia, potendo guardare alla figura di Mussolini molto chiaramente, con un occhio non condizionato. Non spetta a me dare lezioni agli italiani sulla loro storia, non ho nulla da insegnare. Tutto ciò che posso fare è metterli davanti a uno specchio”.

Della serie “M. Il figlio del secolo” a conquistare e convincere è principalmente lo stile di regia di Joe Wright – tra i suoi titoli “Orgoglio e pregiudizio” (2005), “L’ora più buia” (2017) e “Cyrano” (2021) –, che ripercorre la Storia con un twist di generi che si muovono dal thriller politico alla commedia satirica, alternando tonalità fosche, onirico-allucinate e pop.

Wright ci porta dentro la mente di Benito Mussolini, squadernando il suo mondo interiore, tra lampi visionari, passioni, mutevolezze e non poche fragilità.

In più, porta il suo Mussolini a relazionarsi direttamente con il pubblico, con continue interpellazioni: sfonda la quarta parete e confida progetti, furbizie e fantasie a chi guarda, in un gioco di seduzione e complicità.La regia beneficia inoltre dell’ottima interpretazione di Marinelli, in una performance fisica ed espressiva di rara bravura,

e del lavoro di messa in scena che regala realismo e atmosfera, non lesinando anche sfumature claustrofobiche. “M. Il figlio del secolo” è una serie potente e provocatoria, che oscilla tra denuncia e grottesco, puntellata da ironia graffiante e lampi di violenza a briglia sciolta. Complessa, problematica, per dibattiti.

“Leopardi. Il poeta dell’infinito” (RaiPlay)
“Piuttosto che lo studioso curvo perennemente sui libri, il nostro Leopardi [ha] il piglio di un esuberante enfant prodige che desidera divorare il mondo e viverne appieno ogni sfaccettatura. Al posto di una figura grigia, rischiosamente polverosa e respingente, preferiamo tratteggiarne un’altra più brillante, variopinta, trasgressiva e soprattutto piena di fascino”. Dalle parole del regista Sergio Rubini si coglie bene il taglio narrativo della miniserie Rai “Leopardi. Il poeta dell’infinito”, targata Rai Fiction, Ibc Movie e Oplon Film, un copione firmato dallo stesso Rubini insieme a Carla Cavalluzzi e Angelo Pasquini. Protagonisti Leonardo Maltese, Cristiano Caccamo e Giusy Buscemi; nel cast anche Alessio Boni, Valentina Cervi, Fausto Russo Alesi e Alessandro Preziosi.

L’autore chiarisce, dunque, il perimetro del suo racconto, desiderando tratteggiare un Leopardi più accessibile al pubblico giovane, un poeta acceso da fame di vita, gloria e amore.

Un tracciato di certo improntato alla divulgazione, che però si espone a qualche rischio narrativo,

polarizzando eccessivamente la storia sul triangolo amoroso con l’aristocratica Fanny Targioni Tozzetti e l’amico Antonio Ranieri. Se valida e godibile è la messa in scena, governata dalla regia elegante di Rubini (l’attore, sempre più spesso dietro alla macchina da presa, di recente si è fatto apprezzare per “I fratelli De Filippo” del 2021), più claudicante risulta l’andamento del copione, che sbilancia troppo la figura di Leopardi sui tormenti amorosi. Tra gli interpreti brilla Giusy Buscemi. Una miniserie nel complesso intrigante, acuta e un po’ ruffiana, che punta a suggestionare più che ad approfondire. Consigliabile, problematica, per dibattiti.

Copyright Difesa del popolo (Tutti i diritti riservati)
Fonte: Sir