Csv Padova e Rovigo. Il coraggio è azioni quotidiane
Determinazione, empatia e cambiamento: il volontariato di chi non resta indifferente

Tra gli artisti contemporanei che più hanno mostrato cos’è il coraggio, rappresentando la propria visione del mondo, c’è Keith Haring. Mescolando la sua vita alla sua arte con i suoi radiant boys, gli omini stilizzati protagonisti dei suoi graffiti, ha affrontato temi sociali, politici e umanitari. Non ha avuto paura di osare e usare tutti gli spazi possibili – muri, tele, magliette, cartelloni – perché convinto che l’arte deve essere accessibile a tutti. Nel 1989 sulla parete della chiesa di Sant’Antonio, a Pisa, ha dipinto la sua ultima opera “Tuttomondo”, un murale, o meglio, un inno alla vita, alla felicità e alla pace. Una sintesi della sua visione del mondo che crede nella comunione delle anime. Haring è il coraggio di mostrarsi per ciò che si è e in ciò che si crede, praticando la libertà e il riscatto dall’emarginazione.
I figli della speranza: sdegno e coraggio
Che cos’è il coraggio? Forza? Speranza? Capacità di osare, di reagire, di lottare? Se ascoltiamo sant’Agostino affermare che «la speranza ha due bellissimi figli: lo sdegno e il coraggio. Lo sdegno per la realtà delle cose, il coraggio per cambiarle» e Nelson Mandela spiegare che «l’uomo coraggioso non è colui che non prova paura, ma colui che riesce a superarla», capiamo perché il mondo del volontariato pensa che il coraggio non sia eroismo, ma espressione della voglia di cambiamento. «Il coraggio è alimentato dalla speranza e, se condiviso, diventa un’energia vitale che trasforma le comunità. Le rende migliori» ci ricorda Chiara Tommasini, presidente di CsvNet. «La prima e più importante definizione del coraggio risale ad Aristotele, filosofo greco vissuto nel quarto secolo avanti Cristo e autore di alcuni trattati destinati a lasciare il segno in tutta la cultura occidentale successiva – spiega Umberto Curi, filosofo e professore emerito dell’Università di Padova – Aristotele afferma un criterio generale, come guida del comportamento umano: la virtù è una disposizione che consiste nel giusto mezzo fra due estremi, e cioè fra l’eccesso e il difetto. Secondo questa impostazione generale, il coraggio è intermedio fra la viltà e la temerarietà. Da notare che il giusto mezzo non può essere stabilito astrattamente come per tutti identico, ma deve essere adeguato al soggetto che lo ricerca e alle circostanze nelle quali avviene un dato comportamento. Altri esempi di virtù definite attraverso la medietà sono la generosità, giusto mezzo fra avarizia e prodigalità, la magnifcenza, giusto mezzo fra volgarità e grettezza d’animo, la sincerità, giusto mezzo tra l’ironia e la vanità. Ci aiuta a capire meglio lo statuto della virtù del coraggio, il caso della mitezza, attitudine che è certamente lontana dall’iracondia, come eccesso, ma che non ha un corrispettivo chiaro in un difetto. Aristotele sembra ammonirci a non considerare un difetto l’inclinazione alla mitezza. In un mondo troppo spesso dominato dalla violenza, la mitezza non è mai superflua. Data l’importanza predominante della guerra in tutto il mondo antico, nel quale la condizione di gran lunga prevalente è costituita dalla frequenza dei conflitti armati fra città e stati, si può comprendere per quali ragioni il riferimento al coraggio riguardi soprattutto il comportamento sul campo di battaglia».
Una virtù mediata tra viltà e temerarietà
Chi lotta ogni giorno per affermare il diritto di esistere considera che «per fare attivismo come persona Lgbt devi avere quel pizzico di coraggio che serve, che va messo in conto quando in ogni riunione, iniziativa o evento in cui ti presenti sei sia rappresentante di un’associazione che l’incarnazione di quella associazione: tu sei il soggetto discriminato, la persona vittima di discriminazioni e violenze, il soggetto altro rispetto alla norma – racconta Mattia Galdiolo attivista di Arcigay che ha contribuito a rendere Padova una città più inclusiva e solidale per tutte le differenze – Rappresenti lo spirito dell’associazione anche nell’accezione più problematica perché non nascondiamoci: rispetto ad altre situazioni di discriminazione le questioni Lgbt non sono fra le più comunemente accettate. Sappiamo che i diritti della nostra comunità non sono dati per scontati da una gran fetta della popolazione per cui devi essere pronto a reagire al fatto che tu incarnerai delle persone controverse e questo è un elemento che ti vincola a una certa dose di coraggio e il coraggio ti serve. Io credo che in generale fare volontariato in una società iper-competitiva come la nostra, sia un atto d’amore e come tutti gli atti d’amore richiede una grande dose di coraggio». Non è il coraggio del guerriero, ma quello della libertà, quello vissuto dal mondo del volontariato anche se «da Achille fino al soldato che reca l’annuncio della vittoria a Maratona, la virtù per antonomasia del guerriero è il coraggio nell’affrontare il nemico – sottolinea il prof. Curi – Da notare che l’accentuata valorizzazione della virtù del coraggio nella cultura antica non implica la cancellazione di quello che potrebbe essere considerato il termine correlativo, vale a dire la paura. Al contrario, un grande filosofo dell’età moderna come Immanuel Kant, sosteneva che “la paura è la voce di Dio alla quale tutti gli animali (e quindi anche gli uomini) devono obbedire”. Da ciò risulta una convinzione che ricorre nel pensiero moderno, secondo la quale veramente coraggioso non è l’uomo che non percepisce lo stimolo della paura, ma piuttosto colui che riesce a dominarla e a non lasciare che essa si imponga».
Nel volume Il coraggio e la paura il filosofo Vito Mancuso scrive: «Il coraggio è l’antidoto della paura, ed è con il coraggio che riusciremo a essere migliori» un pensiero che è proprio di molti volontari. «Se hai coraggio è perché devi affrontare la paura, ma il coraggio è speranza, voglia di far andare bene le cose per stare sereni, per trovare la felicità, perché il coraggio deve sempre portare a qualcosa di buono e ci serve per affrontare le cose per quello che sono, per fare cose anche faticose sapendo i rischi che corri» racconta Marina Grigolon presidente di Alice per i D.A., associazione che si occupa di chi soffre di disturbi del comportamento alimentare. «Il coraggio centra con il volontariato perché se non stanno bene gli altri non stai bene nemmeno tu: si è felici tutti insieme – aggiunge Marina – Per stare bene occorre che tutti abbiano un po’ di bene. Don Lorenzo Milani ci ha insegnato che qualche volta bisogna disobbedire, avere il coraggio di accettare che se una persona fa una cosa che ti sembra sbagliata, forse tu puoi cercare di capire le sue regole, conoscerle. Fare volontariato è sempre un dare e avere: ti esponi ma conosci molte cose nuove e il coraggio è una gran voglia di vivere». Un mondo che chiede di vincere la paura con il coraggio di volere la felicità. «Nel mondo contemporaneo si afferma un modo nuovo e più problematico di concepire il coraggio, che non coincide più con le virtù belliche o con la semplice resistenza alla paura – continua Curi – Prevale un’impostazione che è riassumibile nell’espressione “coraggio di pensare”: soprattutto in alcuni esponenti della filosofia francese del Novecento si sostiene la necessità di superare la contrapposizione fra ragione e passione, fra la logica astratta della filosofia, e la sfera dell’affettività. Veramente coraggioso sarà dunque non il guerriero che scende sul campo di battaglia, né colui che sa domare la paura, ma chi abbia la forza d’animo e la coerenza di motivare le proprie scelte sul piano dei comportamenti». Questo è anche per Cristina Rigon, presidente nazionale di Telefono amico, associazione che si mette all’ascolto e soccorre chi chiede aiuto: «Il coraggio per il volontario vuol dire uscire dalla zona di comfort ed entrare in contatto con persone in difficoltà, significa sfidare il sentire comune e credere che si possono percorrere delle strade che non sono ancora state percorse. Ci vuole il coraggio di guardare oltre e accettare che non sempre i risultati si ottengono subito, ma occorre restare in attesa e non arrendersi agli ostacoli. Per noi di Telefono amico il coraggio è mettersi nei panni degli altri, ascoltare le storie, i disagi, le sofferenze senza giudicare l’altro; è credere che esista un mondo più giusto e battersi per questo mondo. Il mio desiderio è poter raggiungere più persone possibili perché non restino inascoltate e credo nel fatto che ognuno di noi, tutti i giorni, può fare un piccolo sforzo per fare di più ed essere disponibile ad ascoltare». Il coraggio dei piccoli gesti che messi tutti insieme consento la rivoluzione del bene.