Riforme per il futuro. Nota politica
L'importanza della riforma dell'ordinamento giudiziario e del Consiglio superiore della magistratura.
Dopo una sorta di prefinanziamento da 25 miliardi, la Ue ha autorizzato il versamento all’Italia della prima vera e propria tranche del piano straordinario europeo di cui il nostro Paese è il principale beneficiario. Altri 21 miliardi sbloccati dopo la verifica del raggiungimento degli obiettivi fissati per il 2021. I soldi, dunque, stanno arrivando, ma di qui al 2026 la strada è ancora lunga e per l’anno in corso il percorso si è fatto particolarmente accidentato. Le riforme che ci siamo impegnati a realizzare con il Pnrr stentano ad andare avanti. I motivi sono vari, a cominciare dalla febbre elettorale che ha investito i partiti nell’ultimo anno della legislatura. Ma queste riforme sono necessarie non soltanto per ottenere i fondi europei, lo sono anche e soprattutto per il futuro del Paese in quanto tale. Prendiamo una delle riforme oggi al centro del dibattito politico e parlamentare, quella dell’ordinamento giudiziario e del Consiglio superiore della magistratura. Assicurare processi più veloci e smaltire l’ingente arretrato è ormai un’esigenza ineludibile. Per non parlare dell’urgenza di riportare chiarezza ed equilibrio nei rapporti tra giustizia e politica e di introdurre meccanismi che evitino per il futuro certe degenerazioni correntizie che hanno danneggiato – si spera non irreparabilmente – l’immagine pubblica dell’intera magistratura, la cui autonomia e indipendenza è un pilastro essenziale della democrazia.
Materia delicatissima che forse anche più di altre avrebbe meritato una moratoria degli scontri ideologici tra i partiti e che invece è diventata un campo di battaglia, con accordi che vengono fatti e disfatti nonostante l’autorevolezza, la caparbietà e l’attitudine al dialogo del ministro competente, l’ex-presidente della Corte costituzionale Marta Cartabia. L’ultima intesa raggiunta nella maggioranza di governo è all’esame del Parlamento e il suo iter si preannuncia non facile soprattutto nel passaggio in Senato, dove i numeri spesso sono in bilico. Sarebbe di grande importanza che la riforma fosse approvata entro il mese di maggio per consentire di applicare all’imminente rinnovo del Csm le nuove norme per l’elezione dei consiglieri “togati” (cioè magistrati). Il 12 giugno, poi, si terranno i cinque referendum in materia di giustizia promossi da Lega e radicali e se la legge andasse in porto alcuni dei quesiti potrebbero risultare superati. Il che dovrebbe essere uno stimolo a legiferare e invece diventa un ulteriore fattore divisivo.
Ferma restando l’importanza cruciale della riforma, occorre però essere consapevoli che al punto in cui si è giunti lo scatto di cui il pianeta giustizia ha bisogno non può dipendere soltanto da nuove norme. Lo ha ricordato lo stesso Papa Francesco ricevendo in udienza i membri del Csm, l’8 aprile scorso: “Nessuna riforma politica della giustizia può cambiare la vita di chi la amministra, se prima non si sceglie davanti alla propria coscienza ‘per chi’, ‘come’ e ‘perché’ fare giustizia. È una decisione della propria coscienza. Così insegnava Santa Caterina da Siena, quando sosteneva che per riformare occorre prima riformare sé stessi”.