Lo stretto legame fra ambiente e disuguaglianze sociali: “Serve consapevolezza”
Conversazione con Fabio Brandoni (Legambiente): crisi climatica e degrado ambientale si intersecano con conflitti e instabilità politica, determinando disparità sociali sempre più marcate. Dal globale al locale, una riflessione sulla giustizia climatica
Il tema ambientale è diventato negli ultimi decenni sempre più importante nell'agenda pubblica, a dimostrazione di un cambio di mentalità particolarmente diffuso soprattutto nella popolazione giovanile. Ma la crisi climatica e il degrado ambientale si intersecano in modo evidente con i conflitti, le situazioni di instabilità politica e le migrazioni, determinando disuguaglianze sociali sempre più marcate. Anche la guerra in Ucraina, oltre che una catastrofe umanitaria, rappresenta un dramma ambientale, dove i terreni, i fiumi, l'aria, la biodiversità sono “vittime collaterali” del conflitto e le conseguenze sul piano energetico mettono globalmente a rischio la transizione ecologica.
Fabio Brandoni, 36 anni, lavora per Legambiente e segue attentamente le dinamiche di queste settimane, con ricadute sia globali sia locali. E’ anche un volontario, oltre che il presidente del circolo locale del V municipio di Roma, quello che ingloba i quartieri di Centocelle, Villa Gordiani e Tor Pignattara. A lui abbiamo chiesto una riflessione a tutto campo sulla percezione dei temi ambientali, con un focus specifico proprio sul livello globale e sull'attività locale svolta nel territorio della capitale d’Italia.
Ritiene effettivamente presente la tendenza ad una sempre maggiore attenzione al tema ambientale all’interno dell’agenda pubblica globale?
Si, questo è certamente vero. L’esempio più lampante è il fatto che oggi ci si occupi assai più che in passato del cambiamento climatico: il segretario generale dell'Onu al riguardo ha parlato di un vero e proprio “allarme rosso per l’umanità”, richiamando gli scenari previsti dal report Ipcc (Intergovernmental Panel of Climate Change) fra cui innalzamento delle temperature, perdita della biodiversità, scioglimento dei ghiacciai, eventi estremi come calore, piogge, inondazioni. Questi temi hanno ormai “sfondato” l’ambito dei ricercatori e degli specialisti, se ne parla sui giornali e non solo: certamente l’ambito globale si sta piano piano avvicinando alla sensibilità delle persone. E’ un passo ulteriore rispetto a ciò che era già successo negli ultimi decenni: se pensiamo al nostro quotidiano, appena pochi anni fa ciascuno di noi aveva un altro tipo di percezione rispetto, ad esempio, all'utilizzo della plastica monouso, o all'utilizzo di alcune fonti energetiche, o perfino rispetto al gesto banale di gettare per terra una sigaretta. Sono davvero tanti i messaggi che grazie anche agli attivisti sono passati in questi anni; certo, mi piacerebbe che ci fosse più consapevolezza a livello di scelte politiche, che fossero un po’ più coraggiose sul versante della transizione.
Non crede che si tratti di temi che dividono gli schieramenti politici?
Si, accade, ma credo sia un problema specifico del nostro paese: in realtà altrove il tema della cura del territorio è visto decisamente come politicamente più trasversale. Una cosa va sottolineata: sbaglia chi percepisce le istanze ambientaliste come di parte: esse in realtà parlano a tutti. La nostra azione, come associazione, è basata sull’ambientalismo scientifico: non è cioè una scelta puramente ideologica, ma si basa su dati e analisi compiuti da numerosi istituti e che svolgiamo anche noi autonomamente. E’ questa la base del nostro agire: le tematiche ambientali sono del resto fortemente sociali.
Quanto è forte il legame fra ambiente e società?
C’è una relazione fortissima fra il tema ambientale e le disuguaglianze sociali. La crisi climatica si interseca con esse, l’ambiente ha una correlazione stretta con i conflitti, con le situazioni di instabilità politica, con le persecuzioni, con le migrazioni: riguarda tutti, in particolare le persone più vulnerabili che, in ragione del loro tenore di vita, hanno minori possibilità di compiere delle scelte precise, ad iniziare da quella di vivere in un luogo in cui sia garantita la piena salubrità. Il legame fra ambiente e sociale è inscindibile, e il mondo delle associazioni, come anche quello della politica, deve esserne consapevole.
A proposito di conflitti, la guerra in Ucraina è una catastrofe umanitaria, ma avrà conseguenze anche ambientali…
La guerra in Ucraina è un dramma umanitario che ha già portato in poco più di un mese, secondo l’Unhcr, a più di 3,5 milioni di rifugiati e 6,5 milioni di sfollati interni. A essere sotto attacco però è anche la biodiversità, l'aria, i fiumi, i terreni del Paese come "vittime collaterali" dell'invasione. Le conseguenze ambientali del conflitto si ripercuotono anche a migliaia di chilometri, così come sottolinea il Conflict and Environment Observatory, causando danni ambientali e per la salute umana anche a distanza di anni. Basta pensare che gli eserciti, oltre a usare ingenti quantità di carburanti, usano armi che hanno un elevato costo ambientale per la produzione, lo stoccaggio, il trasporto e lo smaltimento. Inoltre, un conflitto armato in prossimità di obiettivi sensibili come le centrali nucleari, giacimenti fossili e altri impianti estrattivi e chimici, rappresenta sempre un potenziale rischio di catastrofe ambientale. Poi vi sono le ripercussioni sul piano energetico anche in Europa e nel nostro Paese. Bisogna fermare il prima possibile il "ricatto delle fossili": la guerra, infatti, non deve essere un pretesto per fermare la transizione ecologica, avviare una nuova e insensata corsa al carbone e ad approvvigionamenti di gas nazionali e da altri paesi o far tornare in auge lo spauracchio del nucleare. Le rinnovabili, invece, anche in tale prospettiva possono essere il volano per una vera “democrazia energetica” dove un sistema socialmente equo significa accesso universale all'energia, prezzi giusti e sicurezza per i lavoratori. Un sistema energetico che lavora nel pubblico interesse, dove i profitti sono investiti per il raggiungimento di obiettivi sociali e ambientali, per una progressiva riduzione dell’uso intensivo delle fonti fossili. Da qui la centralità e il profuso impegno di Legambiente nel diffondere le comunità energetiche rinnovabili e solidali come esempi virtuosi di “democrazia energetica”, ma anche di rigenerazione urbana. In una sola parola, giustizia climatica.
Abbiamo detto che ogni territorio ha le sue peculiarità. Quali problemi ambientali vive la città di Roma?
Roma è una città estremamente complessa. In termini generali, le criticità sono legate soprattutto alla mobilità, al problema dei rifiuti e al tema delle aree verdi. Mi soffermo sul terzo punto: questa è una città ricca di verde pubblico con tanti parchi e ville storiche, eppure non sempre questi spazi sono valorizzati come dovrebbero. Specialmente nelle zone non centrali. Come presidente del circolo del V Municipio, conosco bene la situazione del Parco di Centocelle, che presenta annosi problemi di sversamento di rifiuti, o quello del Parco Lineare Est, che neppure si trova sulla cartografia ufficiale, e che è un’ampia area verde interessata dai lavori della realizzazione dell’Alta velocità ferroviaria e che si trova lungo il tratto di congiunzione dell’A24 con la Tangenziale Est. Ebbene, quella è una zona densamente abitata e un bene pubblico come quel Parco, se fosse valorizzato e reso fruibile, sarebbe un fondamentale ruolo di incontro per la popolazione che vive là vicino. Il verde migliora la qualità di vita delle persone.
Come si fa attività a carattere ambientale sul territorio?
Una cosa importante per riuscirci è cercare di costruire delle alleanze con altre realtà che fanno attivismo civico: guardare insieme all'ambiente e alle persone che lo vivono, conoscere le realtà che sono più specializzate sul sociale, collaborare insieme per aiutare e sensibilizzare la cittadinanza. Mettere l’accento sull'importanza dei beni comuni significa coinvolgere le altre associazioni, avere un rapporto collaborativo con le istituzioni, compiere azioni in rete con altri soggetti per capire e valorizzare la ricchezza comune di un territorio. Certo, noi come Legambiente portiamo dei contenuti specifici perché siamo appassionati, studiamo e lavoriamo sul tema dell’ambientalismo, ma credo che la parte più bella dell’impegno sul territorio sia proprio quella di confrontarsi con chi ha conoscenze e punti di vista diversi, per capire insieme le priorità reali dei luoghi che abitiamo.
Che tipo di sensibilità vedete nella cittadinanza?
Tante persone si fanno coinvolgere a partire da attività molto pratiche: ad esempio, quella che per Legambiente è ormai una storica campagna, “Puliamo il mondo”, cioè l’occasione data alla cittadinanza di riunirsi fisicamente in un determinato luogo e agire nel concreto ripulendo, scope e pale alla mano, i luoghi del nostro abitare. Quella è sempre un’occasione di socialità straordinariamente ricca. Naturalmente, e specialmente negli ultimi due anni con la pandemia da Covid-19, non sempre è stato ed è facile incontrarsi, ma con le dovute misure siamo comunque riusciti a mantenere il contatto con i volontari e con i cittadini, impegnandoci anche in attività di assistenza più ampia, come accaduto con la distribuzione dei pacchi alimentari durante il lockdown del 2020. In generale, comunque, si ha un discreto riscontro anche da attività meno pratiche ma capaci di portare contenuti importanti, come i progetti che parlano di biodiversità, di economia circolare e di inclusione.
Che interesse avete notato fra i più giovani?
Molto alto. Noi siamo molto attenti a coinvolgere i giovani, che senza dubbio sentono molto l’importanza della causa ambientale: non lo vediamo solo con i grandi movimenti che hanno dato vita all'esperienza dei Fridays for Future, ma appunto ne siamo testimoni diretti in ambito territoriale. Anche la collaborazione con le scuole (nel V Municipio la facciamo con l’Istituto comprensivo Simonetta Salacone e l’Istituto superiore Lattanzio di Vittorio) dimostra nei ragazzi una sensibilità che si rivela spiccata proprio con riferimento al territorio in cui essi stessi vivono. Il coinvolgimento personale favorisce cioè la conoscenza del proprio territorio e stimola l’inventiva e la voglia di fare: ad esempio, quando abbiamo approfondito con ragazzi e ragazze il valore storico e paesaggistico di Villa Gordiani, è sorto in loro un sentimento di attaccamento e di orgoglio verso quel luogo, con una voglia di mettersi in gioco e di impegnarsi concretamente per migliorarlo, il che rende chiaro come vi siano nelle nuove generazioni delle potenzialità che vanno sempre necessariamente ascoltate.
Cosa direbbe agli abitanti di Roma?
Dico che siamo cittadini di una città meravigliosa e che è molto importante prendercene cura realmente, e non voltarci dall'altra parte. Provare ad essere attivi, provare ad essere inclusivi: tutta la ricchezza di questo luogo, il suo patrimonio, la natura, anche la diversità culturale della gente che la abita, tutto merita di essere conservato e valorizzato.