La scarsa natalità è una questione sociale. Una riflessione sulle difficoltà delle famiglie e le potenzialità del family act
Nel Family act si prevede un’architettura delle politiche sociali, perché serve integrare elementi diversi.
Uno dei temi cruciali per la società italiana è il crollo della natalità. Da anni continuiamo a leccarci le ferite quando osserviamo i dati Istat che segnano il nuovo record negativo. Le previsioni sostengono che questo 2022 sarà un po’ diverso e ci sarà una leggera sospensione del declino, perché le coppie che avevano rimandato la decisione di diventare genitori a causa della pandemia potrebbero mettere in pratica la loro scelta. Tuttavia sarebbe esclusivamente un contraccolpo che non invertirebbe la tendenza.
Diventare genitori è una scelta e se le coppie – e in particolare le donne – hanno la percezione – purtroppo confermata dall’esperienza – di essere abbandonate a se stesse, per cambiare rotta bisognerà convincere che le condizioni sociali sono cambiate rispetto al passato. Questa è la sfida sociale più grande.
Circa un mese fa il Family Act è stato approvato in via definitiva dal Parlamento. Questo è un primo passo, importante, per iniziare a impostare una nuova visione di politiche per contrastare la decrescita demografica. Per ora l’unico effetto concreto che i cittadini percepiscono è l’assegno unico per i figli a carico, una misura universale che ha anticipato in verità l’intero pacchetto previsto dalla Legge delega appena votata.
Nel Family act si prevede un’architettura delle politiche sociali, perché serve integrare elementi diversi. Il contributo al reddito delle famiglie è solo un tassello. Ci sono due temi decisivi dietro la scelta di diventare genitori: sostenere pari opportunità e combattere la precarietà lavorativa.
Le politiche di pari opportunità passano per due grandi percorsi quando si intrecciano con quelle familiari: il primo è la riforma dei congedi parentali che tocca le dinamiche di cura. La nostra legislazione è sbilanciata rispetto ai congedi parentali che finiscono per essere utilizzati poco e soprattutto dalla componente femminile. Finché non si introdurranno dinamiche per riequilibrare le forme di congedo perché i padri ne usufruiscano, l’idea della cura rimarrà a responsabilità femminile e questo scaricherà il carico e la fatica sulle donne. Inoltre – secondo punto – la maternità è considerata una debolezza per il mercato del lavoro, che tende a espellere le mamme senza incentivi alla promozione del lavoro femminile, ma soprattutto senza una nuova cultura aziendale le donne continueranno a essere sfavorite. Il secondo tema ci porta alla scarsa attenzione verso l’inserimento lavorativo dei giovani. Dover farsi le ossa non può diventare la scusante per precarietà, deroghe ai diritti e sfruttamento. Così non si fa solo un grave danno ai singoli ragazzi che spesso rimangono imprigionati nelle trappole dei “lavoretti”, stiamo imparando che finiamo per distruggere il futuro della nostra popolazione.
Investire su lavoro femminile, riforma dei congedi, interventi sul lavoro giovanile sono interventi previsti nel Family Act, sarebbe allora effettivamente un primo passo (a questi andrebbero aggiunte altre politiche ad esempio quelle per promuovere asili nido) speriamo non rimangano lettera morta.