Parole violente. In questa società sempre più violenta sono soprattutto i più giovani a farne le spese

Una parte dei ragazzi ha una difficoltà a gestire le emozioni, come la rabbia o il rancore, maggiore rispetto agli adulti

Parole violente. In questa società sempre più violenta sono soprattutto i più giovani a farne le spese

Tutti ci rendiamo conto che siamo di fronte a una società dove la violenza esplode con sempre maggiore frequenza e a diversi livelli.

Le guerre che sono sempre più vicine danno immediatamente la percezione di questo mondo nel quale sembra essersi perduta la dimensione della mediazione e soprattutto della condivisione di interessi comuni, la capacità di cercare ciò che unisce piuttosto che ciò che divide, ricordando le parole di un grande Papa.

Ma non ci sono solo le guerre. Piccole e grandi violenze quotidiane emergono di continuo. I femminicidi prendono l’attenzione dei media, con episodi sconcertanti e terribili. Le violenze tra ragazzini, con le scuole spesso teatro di situazioni che si fatica a comprendere. Non da ultimo – e forse addirittura con maggiore responsabilità – le parole violente che animano il dibattito pubblico, che vengono da politici e capi di Stato.

Non è violenza, ad esempio, quella del presidente americano Trump che di fronte al crollo delle borse e a cavallo di una politica arrogante grida “E’ il tempo di arricchirsi”? Come non pensare a una società dove c’è chi schiaccia e chi è schiacciato? Una società dove vince il più forte e dove il potere in particolare si misura sulla ricchezza, da conquistare ad ogni costo. Anche comprando a suon di milioni qualche magica card.

Come si fa a pensare che i nostri giovani escano indenni da un contesto del genere? Li vediamo spesso protagonisti loro stessi di fenomeni di violenza e insieme vittime sempre più fragili. Una psichiatra attenta come Emi Bondi, Direttore dell’Unità di Psichiatria dell’Ospedale di Bergamo spiega in una intervista, legata a fenomeni di violenza tra ragazzi, che “c’è un aumento dell’aggressività in tutta la società. Una parte dei ragazzi ha una difficoltà a gestire le emozioni, come la rabbia o il rancore, maggiore rispetto agli adulti. Soprattutto nei maschi il cervello finisce di maturare intorno ai 24-25 anni e c’è una mancanza di connessione fra la sfera della razionalità e quella delle emozioni. Ma la violenza spesso è una forma di difesa. Insicurezze, bassa autostima, temere una reazione degli altri può far diventare aggressivi, quando in realtà ci si sente fragili. Basti pensare al bullismo, un dramma molto più diffuso di ciò che si crede”.

Insomma, in questa società sempre più violenta sono soprattutto i più giovani a farne le spese. E cosa si può fare? “Stare attenti, promuovere ambienti positivi”, suggerisce sempre Bondi, portando anche l’esempio della “competizione sana” nel mondo dello sport. Soprattutto, insiste, “gli adulti devono essere presenti, parlare con i ragazzi e intervenire. Non è possibile lasciarli crescere pensando che troveranno da soli la loro strada”.

E qui torna il tema forte della scuola. Occorre un sussulto di cura. Il Ministero ha appena annunciato, ad esempio, una particolare attenzione, nelle linee guida per l’Educazione civica, al tema del rispetto verso le donne, vista l’emergenza dei femminicidi. Ma è chiaro che il problema è ben più ampio. Si tratta di invertire la tendenza, cioè di promuovere ambienti e parole che facilitino atteggiamenti pacifici e non di violenza. Relazioni sane – che la scuola può instaurare e monitorare grazie alle competenze che le appartengono – capacità critica, rinforzo delle consapevolezze di sé che possono avere i più giovani. Certo, non solo la scuola. Ci sono anche i genitori, per quanto anche loro sempre più fragili.

Solo così possiamo immaginare di riuscire a navigare su un mare in burrasca tenendo una rotta salda, sia pure con fatica.

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Fonte: Sir