Rivoluzione nella neurotecnologia. Una nuova interfaccia neuronale, in grado di tradure i pensieri in parole in tempo (quasi) reale

Perché questo esperimento, permettendo di superare la latenza “pensiero-parola”, rappresenta un vero progresso?

Rivoluzione nella neurotecnologia. Una nuova interfaccia neuronale, in grado di tradure i pensieri in parole in tempo (quasi) reale

Un significativo passo avanti nella neurotecnologia è stato recentemente documentato in uno studio pubblicato su “Nature Neuroscience”. Ricercatori delle Università della California di Berkeley e San Francisco hanno sviluppato un sistema all’avanguardia capace di tradurre i pensieri in parole con una rapidità senza precedenti, riducendo notevolmente il divario temporale tra intenzione comunicativa ed espressione verbale.

Chi è la protagonista di questa innovazione? Si tratta di Ann, una donna di 47 anni che nel 2005 ha subito un ictus al tronco encefalico che l’ha privata della capacità di parlare. Nel 2023, Ann si è sottoposta a un intervento chirurgico, durante il quale le è stato impiantato un sottile chip dotato di 253 elettrodi sulla superficie della corteccia cerebrale, precisamente nell’area deputata al linguaggio. Nonostante Ann non possa più controllare i muscoli dell’apparato vocale, questo dispositivo è in grado di rilevare l’attività combinata di migliaia di neuroni coinvolti nella formulazione del linguaggio.

Perché questo esperimento, permettendo di superare la latenza “pensiero-parola”, rappresenta un vero progresso? La comunicazione in tempo reale è un aspetto fondamentale dell’interazione umana che spesso diamo per scontato. Solo in circostanze particolari, come quando sentiamo un’eco della nostra voce o un ritardo in una chiamata telefonica, percepiamo quanto possa essere disorientante un gap temporale tra il pensiero e la sua espressione verbale. Fino ad oggi, le interfacce cervello-computer (BCI) per il linguaggio presentavano una significativa limitazione: richiedevano che venisse completata la lettura mentale di interi blocchi di testo prima che il software potesse elaborarli e convertirli in linguaggio parlato. Inoltre, l’addestramento di questi sistemi dipendeva spesso da tentativi di movimento vocale da parte di persone con gravi difficoltà motorie, rallentando ulteriormente il processo comunicativo.

Ebbene, il team interdisciplinare ha superato queste difficoltà addestrando una rete neurale basata sull’apprendimento profondo (deep learning) sull’attività della corteccia sensorimotoria di Ann. L’addestramento è avvenuto mentre la paziente pronunciava silenziosamente, solo con il pensiero, circa cento frasi selezionate da un vocabolario di poco più di mille parole, oltre a cinquanta frasi più semplici visualizzate su uno schermo.

La caratteristica rivoluzionaria di questo approccio è che non ha richiesto alla donna di tentare attivamente di articolare le parole, ma semplicemente di pensarle. Il risultato è stato un sistema di decodifica notevolmente più efficace, capace di tradurre un numero medio di parole al minuto doppio rispetto ai metodi precedenti.

In pratica, l’interfaccia cervello-computer cattura continuamente i segnali neurali della paziente ogni 80 millisecondi, consentendo una traduzione in linguaggio quasi naturale che produce tra le 47 e le 90 parole al minuto. Per contestualizzare questo risultato, una conversazione naturale avviene a circa 160 parole al minuto, mentre i precedenti sistemi BCI operavano a un ritmo paragonabile a quello di un dialogo scritto tramite messaggistica istantanea, con attese di diversi secondi. Il sistema di comunicazione assistita utilizzato da Ann prima di questo sviluppo impiegava oltre 20 secondi per esprimere una singola frase pensata.

I ricercatori hanno poi ulteriormente perfezionato il sistema facendo in modo che la voce sintetica generata somigliasse a quella originale di Ann prima dell’ictus. Per ottenere questo risultato, hanno addestrato l’intelligenza artificiale utilizzando un video del matrimonio della donna.

Nonostante questi notevoli progressi, gli scienziati riconoscono che esiste ancora un ampio margine di miglioramento. Con l’implementazione di un maggior numero di sensori e tecniche più sofisticate per la decodifica dei segnali neurali, si prevede un graduale avvicinamento di questi sistemi al ritmo e alla naturalezza del linguaggio umano.

Questa tecnologia rappresenta non solo un avanzamento scientifico, ma anche una concreta speranza per migliorare significativamente la qualità della vita delle persone che hanno perso la capacità di comunicare verbalmente a causa di patologie neurologiche o traumi.

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Fonte: Sir