La maestra e Onlyfans. Quale coerenza può/deve esserci tra ruolo pubblico e comportamenti personali?

Il caso non è il primo che pone la questione del rapporto tra profilo e professione pubblica e comportamenti e scelte personali che vengono contestati come contrari

La maestra e Onlyfans. Quale coerenza può/deve esserci tra ruolo pubblico e comportamenti personali?

Se ne è parlato un po’ su tutti i media: una insegnante di una scuola materna cattolica in provincia di Treviso è stata travolta dalle polemiche dopo la scoperta di un suo profilo su OnlyFans, dove verrebbero caricati video e foto hot. Risultato: la maestra è stata sospesa, ma il caso resta in discussione.

Only fans – spiega diligentemente Wikipedia – “è un servizio, sotto forma di sito web, con sede a Londra, Regno Unito, che offre un servizio di intrattenimento tramite abbonamento. I creatori di contenuti possono guadagnare denaro dagli utenti che si iscrivono ai loro contenuti, i fan, appunto. OnlyFans è popolare nel settore dell’intrattenimento per adulti, ma ospita anche contenuti di altri generi come esperti di fitness e altri tipi di creatori che pubblicano regolarmente online. Consente ai creatori di contenuti di ricevere finanziamenti direttamente dai loro fan su base mensile”.

Il caso non è il primo che pone la questione del rapporto tra profilo e professione pubblica e comportamenti e scelte personali che vengono contestati come contrari, ad esempio, a quanto richiesto in un ambito educativo. Questa volta il problema sarebbe stato sollevato da una mamma che avrebbe intercettato il profilo della maestra e di conseguenza ha allertato i responsabili della scuola che hanno poi chiesto all’insegnante di cancellare la sua presenza su Only Fans per evitare danni alla reputazione dell’istituto.

La polemica è subito scoppiata, con la maestra da una parte convinta di non fare alcunché di male e, dall’altra, le “accuse” di comportamento inopportuno, fino al paventato rischio di licenziamento.

Ci sono di mezzo gli avvocati. Quello della maestra sotto accusa precisa che la donna “non ha mai prodotto foto o video a contenuto pornografico, come invece riportato dalla stampa” e l’attività esercitata sul web “non si riflette in alcun modo sulla prestazione lavorativa, e, di conseguenza, non vi può essere alcun potere sanzionatorio di tipo meramente morale nei suoi confronti”. Una presa di posizione sull’argomento viene anche dal mondo sindacale. Alvise Sponza, segretario generale della Cgil Flc (Federazione lavoratori della conoscenza) di Treviso, spiega: “Chi intende licenziarla non ha la legge dalla sua parte. Nel contratto non c’è alcun punto che vieti di fare qualsiasi cosa nel tempo libero dagli impegni, e se questa cosa è legale nessuno può contestare”. E aggiunge: “In assenza di un codice etico fatto proprio dal contratto della scuola e sottoscritto dall’interessata al momento dell’assunzione non ci sono rilievi da muovere alla lavoratrice”.

E proprio a un “codice etico” fa cenno la Fism, Federazione delle scuole materne cattoliche. Il presidente Luca Iemmi spiega che la Federazione è già da tempo al lavoro per un Codice rivolto a tutti i dipendenti. “Al di là del caso specifico – ha dichiarato – ci sono altre problematiche che riguardano social, dichiarazioni o comportamenti che a volte possono essere in contrasto con il patto educativo che le nostre scuole hanno sottoscritto con i genitori”.

E qui torniamo all’inizio: quale coerenza può/deve esserci tra ruolo pubblico e comportamenti personali? E’ evidente che in particolare in ambito educativo la questione scotta.

Anche il Ministero sta pensando a un Codice e certo le regole scritte possono aiutare. Tuttavia vale la pena di alzare la mira e guardare con cura anzitutto alla formazione degli insegnanti, alla consapevolezza e alla valorizzazione di un ruolo decisivo per la società.

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Fonte: Sir