Al Giubileo un nuovo modello per la disabilità: inclusione, diritti e tecnologia

Dal convegno promosso dalla Cei emerge una nuova visione della disabilità: inclusione come regola, diritti come fondamento, tecnologia come strumento di partecipazione. Attraversare la Porta Santa diventa il simbolo di un impegno concreto per comunità più aperte e accoglienti

Al Giubileo un nuovo modello per la disabilità: inclusione, diritti e tecnologia

“Stavamo organizzando il Giubileo e avevamo come simbolo un Papa in carrozzina: un’immagine che ci ha costretto a ripensare tutto su misura di chi vive una fragilità”. Così Agostino Miozzo, coordinatore coordinatore dei servizi di accoglienza e assistenza del Giubileo, ha aperto ieri il convegno nazionale promosso dal Servizio per la pastorale delle persone con disabilità della Cei, raccontando le difficoltà e le sfide nell’adattare percorsi, accessi e servizi. “La disabilità non è più un tema marginale: è diventata parte strutturale del nostro lavoro”, ha sottolineato, ricordando come la presenza stessa del Papa abbia ispirato un cambio culturale profondo: “Questo ci ha aiutato a far sì che ogni evento fosse costruito su misura per chiunque viva un momento di fragilità”.

Spiritualità e progetto di vita. A sottolineare la dimensione spirituale del Giubileo è stato mons. Giuseppe Baturi, segretario generale della Cei: “La speranza è desiderio di felicità che va oltre i traguardi raggiunti. Non siamo pellegrini di felicità costruita con le nostre mani, ma di una speranza che si fonda sulla misericordia di Dio”.

Baturi ha invitato a vivere il Giubileo come “soglia verso una nuova familiarità con Dio e con gli altri”.

Dal piano spirituale a quello della progettualità concreta: Alessandra Locatelli, ministro per le disabilità, ha evidenziato che “il progetto di vita è la vera sfida del futuro, perché garantisce il diritto a una vita piena, relazionale, formativa e lavorativa”. “Non bastano leggi e risorse, occorre un cambio di mentalità: siamo tutti persone, con gli stessi diritti e opportunità”, ha aggiunto, richiamando l’urgenza di superare le barriere fisiche e culturali.

Diritto e innovazione. Sul tema del “progetto di vita” si è soffermato anche Paolo Bandiera, rappresentante di Aism: “Non basta evocare la centralità della persona: bisogna concretizzarla nei servizi, nei sostegni, nelle scelte quotidiane”. “Ogni progetto deve partire dalla storia, dai desideri e dai valori della persona: è un cammino che richiede coraggio, metodo e capacità di innovare”, ha spiegato, sottolineando che

“il progetto di vita deve superare la logica assistenziale, diventando un diritto esigibile, capace di intrecciare etica e organizzazione, sogni e realtà concreta”.

Tecnologia e futuro. Di futuro e tecnologia ha parlato don Andrea Ciucci, segretario generale della Fondazione vaticana Renaissance: “La tecnologia è il modo con cui abitiamo il mondo: non è qualcosa di esterno all’uomo, è parte della nostra natura”. “Non dobbiamo avere paura della tecnologia, ma dobbiamo indirizzarla verso il bene comune, per custodire la dignità umana e non alimentare nuove forme di solitudine”, ha aggiunto.

“Parlare di tecnologia significa parlare di futuro, e il futuro deve essere costruito insieme, senza escludere nessuno. L’intelligenza artificiale può essere una risorsa straordinaria se usata per abbattere barriere e creare nuove opportunità di inclusione”.

In contemporanea al convegno, via della Conciliazione si è animata con “Le Vie della Speranza”: 35 stand raccontano storie di inclusione, dignità lavorativa e partecipazione. Tra le iniziative, anche cabine fotografiche accessibili Dedem, pensate per garantire autonomia e piena accessibilità a chi desidera “fermare” un momento speciale o aggiornare il proprio documento di identità.

Camminare insieme. A tirare le fila della giornata è stato don Gianluca Marchetti, sottosegretario della Cei: “Siamo pellegrini che avanzano insieme, passo dopo passo, perché nessuno si salva da solo e ogni traguardo raggiunto è sempre frutto di un cammino condiviso”. In conclusione, suor Veronica Donatello, responsabile del Servizio Cei, ha ringraziato i partecipanti e rilanciato il significato del gesto finale: “Attraversare la Porta Santa è il gesto simbolico di chi accetta di camminare insieme, riconoscendo che nessuno si salva da solo”. “Questo giubileo è un invito a costruire comunità realmente inclusive, dove la diversità è vissuta come ricchezza e dono”, ha spiegato: “Non è solo un evento, ma una semina di speranza che continuerà a dare frutto”. Il convegno si è così concluso con il pellegrinaggio alla Porta Santa, cuore simbolico dell’Anno giubilare: “Quella porta rappresenta le mille porte che ciascuno di noi è chiamato ad attraversare: paure, pregiudizi, barriere visibili e invisibili. Ma insieme è possibile”, ha concluso suor Veronica.

Copyright Difesa del popolo (Tutti i diritti riservati)
Fonte: Sir